Quando il mercato invia segnali di tempesta, il partito della responsabilità ripropone la propria leadership. In questi giorni di turbolenza dello spread è stato il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, a suonare il campanello d'allarme nei confronti di una classe politica che pare ignorare i pericoli ai quali sta esponendo il sistema-Paese.
"L'Italia deve fare la sua parte lavorando duramente e con costanza per migliorare l'ambiente economico e per un impegno credibile verso una graduale ma significativa riduzione del debito", ha dichiarato Visco nel corso di un intervento all'Aaron Institute di Herzliya in Israele. "La speranza - ha aggiunto - è che, dopo le elezioni europee, verranno ristabilite le condizioni per riprendere l'agenda delle riforme e per portarle avanti con rinnovato vigore altrimenti la strada lunga e tortuosa non scomparirà mai". La citazione beatlesiana (The long and winding road will never disappear), volutamente pop, è un messaggio al vicepremier Salvini che con le sue parole sulla necessità di sforare il tetto del 3% del deficit/Pil per garantire gli obiettivi politici del governo è lampante.
E forse non è un caso che l'intervento di Visco abbia prodotto un leggero arretramento dello spread tra Btp e Bund tedeschi che dai 285 punti di mercoledì si è attestato a quota 278. Proprio all'alto livello del differenziale di rendimento, causato anche dai rischi di un'Italexit, il numero uno di Palazzo Koch si è riferito per sollecitare maggiore sobrietà. Lo spread italiano "è sopra 270 punti base, più del doppio del livello di inizio 2018, prima delle elezioni politiche" e l'alto livello del debito "espone l'Italia alla volatilità del mercato finanziario", ha ricordato sottolineando che "se l'aumento degli interessi persiste, peserà inevitabilmente sul costo del debito", cioè sulla spesa pubblica. E anche sulla vita dei singoli cittadini.
L'effetto dell'aumento dello spread sul costo dei prestiti bancari a famiglie e imprese "è stato finora limitato", ha chiosato puntualizzando che "segnali di tensione stanno iniziando ad emergere: le condizioni di credito si sono irrigidite, specialmente per le piccole imprese, in seguito all'aumento dei costi di raccolta bancaria e al peggioramento delle previsioni economiche". Nel lungo periodo, ha concluso questo "colpirà l'economia reale".
Ovviamente, le parole del governatore non sono solo un atto d'accusa verso l'inisipienza della classe di governo, ma anche un richiamo alle istituzioni europee che stanno segando il ramo su cui siedono. Le riforme strutturai, infatti, sono l'unico strumento percorribile in assenza di strumenti reali di coordinamento delle politiche economiche e di un sistema comunitario di garanzie bancarie. Mai approvato perché i Paesi del Nord non vogliono pagare per il Sud.
E così ieri il ministro d elle Finanze austriaco, Hartwig Löger, all'Eurogruppo di Bruxelles ha ribadito che "non siamo pronti a pagare per i debiti dell'Italia: spingendo in modo deliberato la spirale del debito italiano, non si può più escludere che l'Italia diventi una seconda Grecia". I sovranisti austriaci non vogliono fare sconti e il nostro Paese, come al solito, s'è trovato sul banco degli imputati alla riunione dei ministri finanziari dell'area euro. "C'è un Def approvato da governo e Parlamento" e "stiamo lavorando per attuare quello che c'è scritto nel Def", s'è schermito il titolare del Tesoro, Giovanni Tria. Smentendo, di fatto, Matteo Salvini.
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