Il consigliere della Banca Popolare di Spoleto aveva querelato il giornalista Carlo Ceraso. La querela era stata archiviata
Il 26 marzo 2019 il GIP di Spoleto, Margherita Amodeo, ha rinviato a giudizio Leodino Gallo per calunnia (reato punito con la reclusione da due a sei anni) per avere querelato per diffamazione il giornalista Carlo Ceraso, pur “sapendolo innocente”. L’udienza è stata fissata il 17 gennaio 2010 presso il Tribunale di Spoleto
Leodino Gallo è consigliere di amministrazione della Banca Popolare di Spoleto. Ha querelato il giornalista il 14 mar 2017 contestando le affermazioni sul suo conto contenute nell’ articolo che Carlo Ceraso aveva pubblicato due giorni prima sul notiziario Tuttoggi.info. In particolare, Gallo aveva definito false, frutto di “una svista” l’affermazione secondo la quale lui aveva presentato alla banca un cittadino serbo che voleva depositare un titolo di 100 milioni di euro poi rivelatosi “una patacca”.
Il giudice ha accertato che invece la circostanza era vera e ha archiviato la querela contro il giornalista, difeso dall’avv. Iolanda Caponecchi.
Il pubblico ministero, avendo riscontrato che Leodino Gallo aveva incolpato il giornalista pur “sapendolo innocente”, ha riscontrato nella decisione di querelare il reato di calunnia previsto art. 368 del codice penale, in cui incorre “chiunque, con denuncia [333 c.p.p.], querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’Autorità giudiziaria o ad un’altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato”.
Pertanto il pm ha chiesto di contestare a Leodino Gallo il reato e il Gip lo ha rinviato a giudizio.
IL COMMENTO DI OSSIGENO – “Il rinvio a giudizio per calunnia di un consigliere di amministrazione della Banca Popolare di Spoleto per aver querelato per diffamazione il giornalista Carlo Ceraso pur sapendolo innocente – ha commentato il direttore di Ossigeno, Alberto Spampinato – mostra ancora una volta che la magistratura ha uno strumento per contrastare l’abuso delle querele motivaste falsamente, che sono numerose. La vicenda, al di là del caso specifico,offre l’occasione per osservare che di fronte alle querele pretestuose come questa spesso la magistratura rimane inerte, mentre invece sarebbe opportuno che le contrastasse sistematicamente al fine di scoraggiare chi pretende di abusarne impunemente, di usare questo legittimo strumento, nato al fine di invocare la giustizia, per intimidire e imbavagliare giornalisti che fanno semplicemente il loro dovere, nell’interesse pubblico”. ASP
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