venerdì 1 marzo 2019

MUSICA. La Musa negletta e bistrattata da giornali ( Sette del Corriere, L'Espresso, Trovaroma di Repubblica) e tv ( Geo di Rai 3)

Alcuni fatti recentissimi, di varia natura e provenienza, ci hanno confermato nella convinzione che della musica (esclusa Sanremo) in Italia - l'Italia che conosciamo - non importa niente a nessuno. Gli esempi, recentissimi, che ci hanno confermato in questa nostra  radicata antica convinzione, ce li hanno offerti la carta stampata e la tv, di cui tutti pensano che chi non vi appare non esiste!

1. Proprio così. L'altro giorno  guardavamo in tv ( RAI 3) Geo, una bella trasmissione, che qualche volta attira la nostra attenzione nei pomeriggi in cui non ci va di fare altro e giacciamo in poltrona. L'altro ieri ci aveva convinti a guardare la tv un lungo servizio dedicato a Venosa, la storica cittadina della Basilicata, orgogliosa  assieme ad altre del suo castello federiciano. Giusto orgoglio. Della cittadina si raccontava la storia passata ed anche il suo presente. Un servizio ben fatto e molto ricco, non c'è che dire. Ma  nei quindici minuti e passa che ci siamo fermati a guardarlo, mai una volta che fosse venuto fuori il nome del grandissimo musicista, che gode oggi di grande notorietà -  soprattutto nel mondo della musica, s'intende, ma non solo - di grande casato, che proprio della cittadina della Basilicata, aveva ricevuto in eredità il titolo nobiliare: Carlo Gesualdo, principe di Venosa, dove egli nacque e che, insieme a Gesualdo (Avellino), rappresenta l'inizio e la fine della vita del principe musicista. A dirla tutta, nel lungo servizio, non abbiamo mai sentito pronunciare, neppure di sfuggita, il nome di un altro grande figlio di quella cittadina, il poeta romano Orazio.

2. La carta stampata non è da meno. Cominciamo dal settimanale  L'Espresso che, domenica scorsa, è uscito in una nuova veste, soprattutto contenutistica. Dal 'nuovo' Espresso è scomparsa la musica - come anche il teatro, a voler essere completi. Per lo spettacolo c'è rimasto solo il cinema; e la tv, naturalmente.
Non che ci manchino le acute recensioni (quasi sempre discografiche) di Riccardo Lenzi, cui il settimanale aveva  affidato da tempo, dopo Fedele D'Amico e Giovanni Carli Ballola, le rubriche musicali. No, dobbiamo confessarlo, non ci mancano perchè inutili - si può dire? Del resto molte volte in questo blog ne abbiamo scritto. Lenzi,  faceva anche qualche intervista ( spesso alle stesse persone che,  dopo la prima, alla seconda non potevano che ripetere buona parte delle cose già dette) e poi riprendeva quanto gli era capitato di leggere su una rivistina di musica che va tanto sui giornali perchè vi scrivono molti critici musicali dei quotidiani e che, per la serie:'una mano lava l'altra...', secondo l'antico detto,  rimbalzano notizie, vere o presunte, da un mezzo all'altro. Il direttore dell'Espresso ha ritenuto perciò utile  cancellare della povera musica ogni traccia. Come supponiamo abbia fatto - ma non abbiamo ancora avuto modo di verificarlo - Maurizio Belpietro con il nuovo Panorama.

3. Sul Sette del Corriere della Sera, nell'ultimo numero affidato alla sua direzione, Beppe Severgnini, ha pensato bene di fare un regalo ai suoi lettori, pubblicando per la prima ed unica volta nel corso della sua direzione, un pezzo dedicato alla musica, fallendo doppiamente l'obiettivo: con l'intervista ad un compositore americano di origine italiana, un prozio di Francis Ford Coppola, Anton Coppola, giunto alla veneranda età di 102 anni, della cui notorietà non era giunta eco nel mondo, sebbene attivissimo - dunque assolutamente inutile, se ci è permesso - e  la cui redazione, tanto è estraneo il gergo musicale ai giornali, è figlia di una sciatteria senza limiti, a cominciare dall'uso reiterato del verbo 'riprodotto'  al posto di 'rappresentato', parlando di un titolo del melodramma.
Se Severgnini, in procinto di lasciare il Sette, non ci avesse fatto quello che lui ha immaginato essere un regalo ai suoi lettori,  avrebbe evitato di fare  una 'marchetta' - come si dice in gergo - ed anche la brutta figura di non far riguardare l'intervista ad uno che di musica se ne intende e dunque sa che termini usare.
 Analoga figuraccia l'aveva fatta il Corriere quotidiano molti anni fa,  pubblicando un pezzo mal tradotto, o tradotto 'con i piedi',  come si usa dire, di Anthony Burgess,   noto soprattutto come scrittore, ma anche musicista e autore delle musiche di Arancia meccanica (il film è noto, l'autore della musica meno), per il quale anche noi protestammo con la direzione del quotidiano per l'offesa recata alla musica, a noi tanto cara. Venne eseguita una sua sinfonia, molto criticata, e il noto scrittore scrisse un pezzo per il Corriere, intitolato ' Non sono Beethoven', con il quale si era autoconfessato. Perchè tradurre 'con i piedi' quell' intelligente ed autoironico pezzo uscito dalla penna di un eccellente scrittore? Bastava che la redazione 'spettacoli' l'avesse fatto rileggere ad uno dei suoi critici musicali, per evitare i numerosi svarioni presenti nella traduzione. La qual cosa avrebbe dovuto fare anche Servergnini, il quale si è fidato del giornalista italiano, residente negli Usa, autore dell'intervista ed, evidentemente, ignaro del tutto di musica, come lui.

4. Infine, una appendice. Da mesi, forse  qualche anno, andiamo conducendo una personale battaglia contro la sciatteria e la sbadataggine con cui il Trovaroma, settimanale di Repubblica, titola puntualmente i pezzi sulla musica classica. Sappiamo  che questa battaglia è una battaglia persa, perchè il titolista del Trovaroma si ostina a scrivere sempre ciò che neppure su un foglio parrocchiale sarebbe tollerato. L'ha fatto anche ieri, per l'ennesima volta.
 I direttori o i musicisti  non eseguono mai 'la tale' sinfonia, secondo il Trovaroma; ma direttori e solisti vanno 'sulle note...' oppure - altra formula che fa il paio con la precedente - come ha titolato presentando la sinfonia detta 'Leningrado' di Sciostakovic, in programma a santa Cecilia questi giorni: 'Novecento, le Arie e la Storia'. Evidentemente l'aria, anzi le arie stanno molto a cuore al titolista del settimanale. Solo che neanche una volta ha spiegato  a quale 'aria' o a quali 'arie' egli si riferisca, di cui, è ormai assodato, non riesce a fare a meno. 

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