«Tra Nord e sud un abisso. Milano grande, Roma grande immondezzaio di Italia». «Al Sud sono contro le autonomie perché vogliono vivere sulle spalle degli altri». «I meridionali? In molti casi sono inferiori». sarà processato per istigazione all’odio razziale, dopo la denuncia presentata dall’ex senatore Saverio De Bonis, poi espulso dal M5S. Direttore, le viene contestata la medesima accusa rivolta al generale Roberto Vannacci. Ergo: si sente un po’ «Vannacci»? «È segno che siamo un po’ parenti (ride, ndr). Il generale ha scritto un libro, Il mondo al contrario, e ha fatto bene a scriverlo. È stato bravo e il successo di pubblico che sta ottenendo è consequenziale. Io quel libro l’ho letto, uno dei pochi che lo ha fatto davvero, non c’è scritto un c... di strano, tutte cose ovvie. Ma io non ho mai affrontato questi temi come ha fatto Vannacci». Perché ha scelto il rito abbreviato? «Eh, abbreviato un par di zeri: sono più di 7 anni che questa farsa va avanti... Il mio avvocato ha suggerito di fare questa scelta. Ma tanto sarò assolto, l’ennesima perdita di tempo per una giustizia ingolfata». E cosa pensa? «Che non si può più scrivere o dire niente. Ora ti incriminano subito. A parte il furto o la rapina a me hanno contestato di tutto». In questa fase storico-politica non può però dire che sia colpa della sinistra al potere... « Ma mi auguro che ci sia una giustizia avveduta». Si sente discriminato? «Mi chiamano “Polentone” da 100 anni, perché sono di Bergamo. Ma la verità è che la polenta è buonissima e tutto il resto sono stupidaggini». Ma lei riscriverebbe e ridirebbe davvero tutto quello che ha detto contro il Mezzogiorno? «Il Nord si è evoluto, mentre il Sud non riesce a farlo, perché c’è una disorganizzazione politica che non consente a nessuno di fare un passo avanti. Questo lo sanno tutti e lo dice lo stesso governatore della Campania: Vincenzo De Luca». Quindi al Sud non ci andrebbe mai a vivere? «Guardi, io al Sud ci sono cresciuto: a Guardialfiera, in Molise. Là c’è gente tosta. Mio padre è morto quando io avevo 6 anni e non sguazzavo affatto nell’oro. Mia madre, ogni estate, mi mandava in Molise da sua sorella, perché là c’era mio zio che amministrava un feudo e io ho pure imparato il dialetto». Cittadinanza molisana ad honorem, direttore? «Ci ho vissuto benissimo. Di recente mi hanno telefonato degli amici storici, dicendo che le campane di Guardialfiera si erano rotte. Così ho firmato un assegno da 15 mila euro e le abbiamo ricomprate. L’ho fatto perché, in un paese, le campane sono fondamentali: la gente vive in base al suono delle campane, che danno un senso di unione alla popolazione». Ma... «La mia città preferita in assoluto è Napoli. Ho sempre avuto amici napoletani. Parlo benissimo il napoletano»... E il direttore si lancia in una performance, in dialetto, niente male.
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