Il
Centre Pompidou si prepara a chiudere le porte per cinque anni. Dal
2025 al 2030 sarà al centro di un monumentale progetto di recupero,
le cui grandi linee sono state esposte alla stampa il 10 maggio.
«Dalla
sua apertura, nel 1977, a oggi, il Centre Pompidou ha accolto più di
300 milioni di visitatori. E l’edificio costruito da Renzo Piano e
Richard Rogers non era pronto a far fronte ad un tale afflusso di
visitatori»,
ha osservato la ministra della Cultura, Rima
Abdul Malak.
Oggi
l’emblematico palazzo risente dell’«usura
del tempo»
e i lavori sono necessari per «garantirne
la sopravvivenza».
Il Centre Pompidou è già stato sottoposto a un restauro costato 87
milioni di euro tra il 1998 e il 2000. Ma nel frattempo sono
emerse nuove problematiche:
sarà effettuata la bonifica dall’amianto delle facciate, la messa
a norma dei dispositivi anti incendio, i lavori per l’accesso alle
persone disabili e l’ottimizzazione energetica
dell’edificio.
Lo Stato
francese è pronto a investire 262 milioni di euro.
Il cantiere, annunciato in un primo tempo per il 2023, è stato poi
rinviato per permettere al museo di restare aperto durante le
Olimpiadi dell’estate 2024, in cui la città aspetta milioni di
visitatori da tutto il mondo. È dunque nell’autunno 2024 che
inizierà il
trasloco delle opere del Musée d’art moderne, che ne espone circa
3mila e ne presta tra 8 e 10mila ogni anno, ma ne conta
140mila.
L’operazione
durerà 18 mesi. Molte, le più voluminose, 10mila tra sculture e
quadri, raggiungeranno le nuove riserve del Centre Pompidou
francilien-Fabrique de l’art, che aprirà nel 2026 a Massy, nella
periferia sud di Parigi. La BPI, la Bibliothèque Publique
d’Information, traslocherà nel quartiere di Bercy. La chiusura del
museo e degli altri spazi (tranne l’Ircam, l’Istituto di ricerche
acustiche e musicali, che resterà aperto) sarà progressiva tra
l’estate e il dicembre 2025.
Il cantiere si svolgerà con la
supervisione di Renzo Piano, che non desidera parteciparvi in
prima persona con la sua agenzia perché pensa che «sia
tempo di lasciare lo spazio ad altri».
Per questo motivo verrà
lanciato un concorso internazionale con
cui si selezioneranno sei progetti prima di annunciare il vincitore
nel 2024.
Laurent
Le Bon,
presidente del Centre Pompidou, ha messo a punto un programma
culturale affinchè il museo resti vivo e le opere continuino ad
essere esposte.
Sono già previste più di cento mostre in Francia e all’estero e
sono stati stretti partenariati con il Grand Palais, il Louvre, il
Quai Branly e il festival Lille 3000.
Il progetto culturale ha
un costo di 180 milioni di euro, ma, oltre ai 19 già stanziati,
secondo Le Bon l’istituzione
parigina potrà in parte finanziarsi con risorse proprie grazie
«alla
circolazione delle opere»
e a nuovi accordi internazionali. È recente, ad esempio, la firma
per una collaborazione con l’Arabia Saudita per il futuro museo
d’arte contemporanea del mondo arabo di Al-Ula. Ma Le Bon sta anche
cercando mecenati privati.
Nel Centre Pompidou del
2030, l’Atelier
Brancusi sarà trasferito nei locali dei museo:
«Così
anche noi avremo la nostra Gioconda»,
ha detto Le Bon. Nell’edificio della piazza, che ospita ancora lo
studio dell’artista rumeno, sarà installata la Bibliothèque
Stravinsky, mentre la BPI verrà ampliata. I nuovi spazi dell’Agora
(20mila metri quadrati), saranno ricavati nell’ex parcheggio di
pullman in disuso che si trova sotto la piazza. Infine, prenderà
vita anche un nuovo spazio dedicato ai giovani.
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