giovedì 28 marzo 2024

'Giacomo Puccini, Sonatore del Regno' di Pietro Acquafredda, Edizioni Clichy 2016. Apres une lecture ( di Grazia Stella Elia)

La biografia di un grande musicista efficacemente raccontata in

 Giacomo Puccini - Sonatore del Regno, Edizioni Clichy, Firenze

Scoprire chi fu Giacomo Puccini, dalla nascita in poi, è cosa che incuriosisce ed affascina, oltre che un fatto culturale.

Giacomo da bambino è uno scolaro indisciplinato, che però a dieci anni è iscritto all’Istituto musicale Pacini nelle classi di Violino, Pianoforte e Vocalizzo.

Ammesso al Conservatorio di Milano, corrisponde dalla città lombarda con la mamma (alla quale dà del lei) con lettere spesso di richieste pecuniarie. Si comporta in maniera bizzarra, però stupisce per la bravura musicale.

Procediamo intanto per gradi. Il titolo del libro di Pietro Acquafredda è: Giacomo Puccini – Sonatore del Regno e si apre, a pagina 7, così: Giacomo Puccini, figlio di Michele e Albina Magi, nacque a Lucca il 28 dicembre 1858, alle 2 del mattino. Sesto di nove figli, primo maschio, gli diedero tutti i nomi dei suoi antenati musicisti. Si rivelò ben presto uno scolaro riottoso e indisciplinato, ma brillante nella musica.


A 27 anni, a Lucca, dà lezioni di canto anche ad una signora, Elisa Bonturi, moglie di un agiato commerciante. Lei ha 25 anni. E’ bella, affascinante, elegante e fra i due scoppia il grande amore. Elvira ha due figli e, con la figlia Fosca, lascia il marito e segue Puccini, dal quale ben presto ha un figlio, Antonio.

Va sottolineato che la vita del Maestro viene descritta e raccontata attraverso un epistolario tra Puccini e congiunti, parenti, amici. Una maniera originale per una biografia. La fama del Maestro non tarda a diffondersi e si parla di puccinianismo.

I contratti gli fruttano cifre enormi di denaro, ma è tanto geniale quanto bizzarro e ogni tanto ne combina una delle sue. I suoi idoli sono la musica e la caccia e non va dimenticata la vena poetica, che di tanto in tanto lo porta a scrivere versi.

La messa in scena della Bohème è un successo clamoroso con riconoscimenti e doni di valore. Dopo la Bohème nasce la Tosca. Puccini vive a Milano, ma è fortemente nostalgico di Torre del Lago. Intanto muore il marito di Elvira, da lei lasciato vent’anni prima. Da un incidente automobilistico il Maestro esce con la tibia rotta e deve restare immobile; passa per varie traversie e a sorpresa, il 3 gennaio 1904, sposa Elvira nella chiesetta parrocchiale di Torre del Lago.

Il matrimonio, purtroppo, non frenerà la voglia sfrenata di donne nell’uomo Puccini, il quale non cesserà di avere amanti, giovanissime e mature, che sono in tante e spasimano per lui.

Sempre in viaggio, sempre sulla cresta dell’onda, con il piglio del dongiovanni. Donnine belle, ben fatte, attraenti nella sua vita, nonostante la forte gelosia della moglie Elvira, che una volta fu condannata per le violente ingiurie rivolte a Doria, la cameriera di casa Puccini, spinta proprio dalla gelosia. La giovane offesa in quel modo si avvelenò e morì. Alla signora Elvira toccò una condanna e il Maestro dovette rimediare a suon di denaro.

Giacomo Puccini aveva una malinconia, una tristezza di fondo e proprio quando era triste scriveva le pagine più belle della sua musica.

Con le sue tre opere più famose (Bohème, Tosca e Butterfly) era alle stelle: fama e soldi non gli mancavano e, in verità, faceva anche beneficenza. Era un uomo complesso. Nell’estate del 1922, con il figlio Antonio e gli amici Magrini, partì per una vacanza in Svizzera e nella Foresta Nera. Mentre erano a pranzo in un noto ristorante a divorare una colossale oca arrosto, un piccolo osso si fermò nella gola di Puccini ed iniziò così una dolorosa odissea. Intanto in Italia si insediava Mussolini, di cui il Maestro condivideva le idee, ma era anche monarchico, tanto che alla regina Elena dedicò la Butterfly.

Nel gennaio 1923 approntò il testamento olografo, perché la vecchiaia gli faceva paura. Desiderava trovare un medico che lo aiutasse a ringiovanire. Si rivolse al fisiologo Serge Volonoff del College de France, il quale pensava di risolvere il problema con l’impianto di testicoli di scimmia.

Si recò a Salsomaggiore, dove rimase quindici giorni per una cura che non sortì nessun effetto. La gola gli faceva sempre male, anche perché continuava a fumare.

Altri specialisti vennero consultati sia a Firenze che all’estero. Il professor Toti a Firenze disse al figlio che si trattava di un cancro. Un consulto di medici decise che era opportuno trasferirlo a Bruxelles per una cura intensa di radio. La moglie non stava bene e Puccini partì per il Belgio con il figlio Antonio, lasciando incompiuta la Turandot. A Bruxelles il Prof. Ledoux diede inizio ad una cura simile ad una tortura, con l’applicazione alla gola di compresse contenenti radio. Tra alti e bassi arriva un triste peggioramento e il 29 novembre del 1824 Mussolini annuncia alla Camera dei deputati la morte del grande Maestro. Immenso il cordoglio.

La salma viene trasportata a Milano, dove gli vengono tributati i dovuti onori. Sulla bara un cuscino di violette con la scritta “La tua Elvira”. La cerimonia funebre nel Duomo, dove l’orchestra della Scala, diretta da Toscanini, esegue il requiem del terzo atto di Edgar. Poi, sotto una pioggia torrenziale, il corteo funebre si dirige verso il Cimitero monumentale. A seguire il feretro, oltre la famiglia, quaranta carri con le tante corone di fiori. La salma viene momentaneamente deposta nella tomba della famiglia Toscanini. Quattro mesi dopo, alla Scala, viene presentata la Turandot, resa completa da Franco Alfano.

Dopo la morte di Liù, in un profondo silenzio, Toscanini si rivolge al pubblico e dice: “Qui finisce l’opera lasciata incompiuta dal Maestro, perché a questo punto il Maestro è morto”.

L’opera con la conclusione di Alfano fu eseguita soltanto a partire dalla recita successiva. Intanto la bara da Milano fu trasferita a Torre del Lago, in un mausoleo, dove ancora riposa, accanto alla moglie Elvira e al figlio Antonio,

Alla fine della lettura emerge ben chiara la figura di un grande Maestro: un genio della Musica che, come tanti personaggi geniali, era piuttosto stravagante, bizzarro, imprevedibile. Era in fondo un uomo timido, con le sue manchevolezze, i suoi limiti, le sue fragilità, ma con un’assoluta potenzialità nell’Arte magica della MUSICA.

                                                                                                   


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