Caterina Caselli - racconta Valerio Cappelli sul Corriere - è inciampata sui fili dell'albero di Natale in casa e si è fatta male, per fortuna non gravemente.
Stando al racconto che ne ha fatto Cappelli, sembrerebbe che quella caduta accidentale abbia prodotto in lei, capo azienda ( SZ Sugar), un radicale cambiamento di visione e prospettiva.
SZ Sugar sta per Suvini Zerboni- Sugar: la vecchia editrice musicale che ha conteso a Ricordi in passato, e forse ancora oggi ma in misura minore, i musicisti contemporanei, molti dei quali ha in catalogo.
Caterina Caselli, negli ultimi decenni, ha fatto i soldi, e tanti pensiamo, come editrice musicale e discografica di star che non ho mai particolarmente apprezzato, a partire da Bocelli, sempre e tuttora strapagato, lui ed ora anche la sua famiglia.
Adesso, dice a Cappelli: sono stanca di occuparmi solo del pop, che è tutto uguale ( ma che ha reso e rende) e voglio puntare sulla 'classica di oggi', musica che Lei ha in catalogo in gran quantità ed anche qualità, ma non rende. E dunque a che serve avere un catalogo ricco e variegato se poi non lo si promuove e non lo si sfrutta?
Intanto gli spazi per la cosiddetta musica 'contemporanea' di oggi, quella di qualità, si sono nel tempo molto ridotti, al punto che verrebbe da consigliare alla gran parte di musicisti del settore, di cercarsi un altro lavoro per sopravvivere. Che non sarebbe una novità. Accade in molti paesi da sempre.
Molti anni fa, era il 1986 e all'epoca dirigevo Piano Time, feci un lungo viaggio in Canada, nei luoghi di Glenn Gould, e incontrai, per l'occasione, anche molti compositori i quali tutti facevano per vivere un secondo lavoro, anche se nel medesimo campo: lavoravano nelle radio e tv, nel cinema ed altrove, perchè vivere di diritti d'autore per le esecuzioni di loro musiche in concerto o per commissioni delle stesse, li avrebbe affamati.
Oggi in Italia - che è poi la situazione che conosco meglio - sono pochissimi i compositori che vivono di diritti d'autore, perchè le commissioni, quelle pagate naturalmente, sono poche, anzi rare, e le esecuzioni ridottissime. E aggiungo che le esecuzioni trasmesse via radio (la tv è assente) per i musicisti più noti, sono ridotte al lumicino, ristrette a pochissimi nomi, e pagate anche male. Mi diceva un musicista che nel tempo, qualche decennio, i diritti di autore per esecuzioni radiofoniche, erano passati da qualche milione di lire - alcuni milioni per i big - a qualche centinaio se non addirittura decina di Euro oggi.
Questo accadeva in passato, quando la Rai - perchè della Rai parliamo - intendeva fungere anche da sostenitrice dell' arte contemporanea e, data la natura del mezzo, soprattutto della musica. E poi s'è fatta una editrice in casa ( Rai. Com) ed è chiaro che a quella tiene soprattutto e quindi spinge.
Ora non più, quanto meno non in quella misura, e con scelte dettate dalla sola qualità.
Un po' di anni fa per difendermi dall'accusa di diffamazione che mi rivolse, a seguito di un mio articolo su Music@, intitolato 'Compagnia della buona radio' Michele Dall'Ongaro, edito da Suvini Zerboni, mi presi la briga di spulciare nel catalogo della casa editrice, per venire a capo di tutte le commissioni ed esecuzione di sue musiche, negli anni, non pochi, in cui ebbe la responsabilità della musica per Radio Tre.
Che cosa scoprii? Che Michel Dall'Ongaro, proprio in coincidenza di quegli anni, ebbe il periodo di suo massimo fulgore come compositore, sebbene non sia mai stato fra i più quotati in Italia, perchè sfruttava la sua posizione di potere in Rai effettuando scambi, ma non di amorosi sensi, bensì di affari, che avvantaggiarono anche la Suvini Zerboni. Passato ad altro incarico, quel suo fulgore sparì in poco tempo.
Per dire che, dovendosi solo fidare dei pochi festival dedicati alla musica contemporanea ( sopra ogni altro la Biennale che in questi anni è stata guidata brillantemente da Lucia Ronchetti, Milano Musica che è un festival targato 'Ricordi', e Nuova Consonanza, a Roma, che somiglia più ad un mercatino dove i musicisti associati espongono le loro mercanzie), perchè manca oggi il sostegno fondamentale della radiofonia, non si capisce bene, stando al racconto di Cappelli, come la Caselli intenda promuovere il suo catalogo che, ripetiamo, è ricco ed anche di qualità. Registrando tutta la musica edita? Mi sembra operazione costosa; quanto redditizia? Perchè ricordiamoci che Caterina Caselli, pur impegnandosi a favore della musica 'contemporanea' non può fare beneficienza; deve anche produrre profitti per la sua azienda.
Sono convinto che l'unica notizia 'di promozione' che per la Caselli è rappresentata da Il Prigioniero di Dallapiccola (edito da Suvini Zeboni) annunciato al prossimo Festival di Salisburgo, sia come quella rondine che vola nel cielo sereno, ma che non fa da sola, primavera.
P.S.
Volevo precisare che io da quell'accusa di diffamazione mossami da Michele dall'Ongaro sono stato assolto del tutto dal Tribunale dell'Aquila che ha ritenuto avessi espresso con correttezza il mio diritto di critica.
Invece, rimando ad altra occasione, il racconto delle infinite vendette perpetrate da dall'Ongaro contro di me, anche dopo anni da quella sentenza, che di fatto aveva avallato le accuse che gli avevo mosso e che avevano messo in piazza i traffici operati a Radio Tre, a seguito dei quali, principalmente, ha fatto la carriera successiva fino alla sovrintendenza dell'Accademia di Santa Cecilia, patrocinata dal suo predecessore Bruno Cagli, che così l'aveva caldeggiata presso gli accademici ceciliani, piuttosto freddi nei suoi riguardi, per la sua ascesa professionale, senza meriti propri: dall'Ongaro ci può essere utile con la radio, anche economicamente, e per i suoi rapporti di parentela con Abbado.
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P.P.S. Sentenza del Tribunale dell'Aquila. A futura memoria
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