“È la musica che mi ha salvato la vita. Ho dovuto lasciare il mio paese perché era l'unico modo per poter ancora suonare e salvarmi", ci racconta Shogufa Safi, percussionista e studentessa di composizione e conduzione d'orchestra. Era il 13 dicembre 2021 quando è atterrata in Portogallo, dove ha ricevuto asilo politico con altri 272 giovani compagni musicisti i e loro familiari, tutti in fuga dall'oppressione talebana in Afghanistan. “Non potrò continuare a studiare musica, ho pensato - ricorda Shogufa - dopo il ritorno al potere dei talebani”, nell'agosto di quello stesso anno. Ma proprio dalla musica è arrivata la salvezza.
A Braga, nel nord del Portogallo, molti esuli hanno rifondato la Afghan Youth Orchestra, tornando a suonare nei grandi teatri. Tra le recenti collaborazioni quella con le musiciste dell'Orchestra Olimpia di Pesaro, la prima orchestra sinfonica interamente al femminile. Le sue fondatrici, Francesca Perrotta e Roberta Pandolfi, da tempo avevano preso contatto, già da prima del ritorno dei talebani. “È meraviglioso vedere nei loro occhi la gioia di fare musica”.
Intanto, in Portogallo, altri 380 tra musicisti e loro familiari riceveranno asilo politico in quella che è la più grande operazione di salvataggio di una singola comunità afghana da quando il Paese è ancora una volta caduto nelle mani dei talebani. “La musica nel mio paese è assolutamente proibita. Gli afgani non hanno diritto di ascoltarla, di studiarla e di guadagnarcisi da vivere”, spiega Ahmad Sarmast, che per aver fondato l'Afghanistan National Institute of Music, vincitore nel 2018 del Polar Price, di fatto il Nobel della musica, ha subito un attentato dai talebani. C'era anche lui a Pesaro. La Afghan Youth Orchestra fa parte dell'istituto da lui creato.
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