domenica 21 gennaio 2024

Storia di un ministro pasticcione e di un manager mendicante

Si protrae da tempo questa storia, altrimenti si tratterrebbe di semplice episodio, e riguarda un ministro della Repubblica, Gennaro Sangiuliano - niente di miracolante, nonostante il nome, spesso storpiato in Giuliano Sangennaro, l'ha fatto una volta anche l'ANSA - ed un manager 'della cultura', come Carlo Fuortes.

 La storia, dicevamo, è antica e nasce al momento dell'insediamento del Governo Meloni - come abbiamo già altre volte raccontato. Nasce dalla famelica voglia di Meloni & C. di occupare, nel breve tempo, tutto l'occupabile, cominciando dalla Rai.  Che in  quel momento era governata da un manager di lungo corso, dai successi infiniti, Carlo Fuortes. Meloni lo convince a mollare la poltrona in Rai, promettendogliene un'altra in  qualche istituzione della Repubblica, magari un teatro lirico, da sempre nelle aspirazioni di Fuortes, che da lì era stato prelevato da Draghi e mandato a governare la Rai.

 Nel momento in cui Fuortes lascia la Rai, comincia questa storia,  miserabile, che vede protagonisti lui, il manager, nelle vesti del mendicante (come non si vergogna dopo tanti schiaffi) e il ministro che si sente obbligato ( tra loro c'era certamente stato un patto nemmeno tanto segreto: tu lasci la Rai e noi ti (ri)diamo un  teatro!) a trovare una poltrona per il manager, ma che combina pasticci uno dietro l'altro. 

 Comincia a Napoli, con Lissner, dove becca una sconfitta vergognosa. Nomina prestissimo Fuortes, dopo aver licenziato - cosi pensava - Lissner con un decreto legge 'truffa', ma deve rimangiarsi tutto quando il tribunale rimette in sella Lissner, e lui è costretto ad  annullare la nomina di Fuortes. Il quale dopo quella figuraccia avrebbe dovuto dire: andate al diavolo! certamente con una espressione più colorita di questa  e facilmente immaginabile. Ma lui si intigna e, nonostante la figura, vestito da mendicante, staziona davanti al portone di Palazzo Chigi per ricordare alla premier ed al suo ministro, che loro gli avevano promesso, al momento di lasciare la Rai, una poltrona.

 A questo momento della storia, anche nella sinistra che, di lontano sembra essere la casa politica di Fuortes (Bettini, Veltroni, ma anche Letta Gianni, manovratore in ogni giro di poltrone)  le azioni di Fuortes vanno giù, molto giù. La stima che lui credeva di essersi guadagnato con  la sana amministrazione delle istituzioni che aveva governato, va a farsi benedire. E giustamente  perchè il suo mendicare appare a tutti vergognoso, e privo di qualunque scusante.

 Fallita l'operazione napoletana Fuortes, tenta Firenze, dove  al Teatro del Maggio Fiorentino, le cose non vanno bene, anzi vanno male. Ma Sangiuliano - la storia sarebbe lunga da raccontare in tutti i particolari - manda un suo luogotenente come commissario, Cutaia. Il quale neppure attende la fine del suo mandato da commissario, che fa sapere che intende tornare a Roma, dove si è aperta una possibilità: la direzione del teatro di Roma ( Argentina, India, Torlonia,  e Valle quando sarà). Sangiuliano, il pasticcione, pensa allora di mandare Fuortes a Firenze. Ma fa nuovamente i conti senza l'oste e Fuortes ancora una volta dovrà restare  a mendicare al portone di Palazzo Chigi.

 Perchè il CdA del Teatro di Roma (da non confondere con  il Teatro dell'Opera di Roma), in seduta ridotta e truffaldina, nomina non Cutaia ma Luca De Fusco. Al  CdA non partecipa il presidente, Siciliano, e neppure la rappresentante del Comune, che è il maggior finanziatore del teatro ed è anche proprietario degli immobili.

 I 'destri' del Consiglio, capeggiati da Mollicone - l'intellettuale(!) prestato ai traffici politici -  e in contrasto con Sangiuliano ( che d'accordo con Gualtieri, caldeggiava la nomina di Cutaia) nominano De Fusco, che è anche sostenuto da Gianni Letta ( sempre lui, non te lo togli mai di torno!).

 Il sindaco e il presidente del CdA contestano la validità del consiglio e la nomina di De Fusco. Con la conseguenza che Sangiuliano ne esce per l'ennesima volta scornato e Fuortes, ancora una volta, resta senza poltrona.

 Segretamente Fuortes spera che  a queste due sconfitte possa seguire una vittoria: la sovrintendenza della Scala, che lui carezza da sempre. Nel cui CdI ( Consiglio di Indirizzo) siede una sua vecchia conoscenza, Maite Carpio-Bulgari, che potrebbe aiutarlo ( sempre che la signora si distragga dal badare ai fatti ed interessi suoi che sono quelli che, principalmente, l'hanno portata alla Scala, complice Franceschini) o almeno informarlo, per non fargli fare l'ennesima figura di m...

 Ma a Milano, Sangiuliano conta come il due a briscola; Sala non rinuncia all'autonomia, e Meyer non ha nessuna intenzione di andar via alla fine del mandato, e briga per il rinnovo.

 E allora? Fuortes si cerchi da solo qualcosa da fare, perchè la storia con Sangiuliano ( e Meloni) è nata male, male continua e malissimo potrebbe finire (per lui).  

 


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