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Disinvoltura e abilità di autopromozione abbinate ad accuse rivolte a sovrintendenti e direttori artistici che la osteggerebbero per il suo essere giovane e donna (intervista a Vanity Fair dell’ottobre 2019). E perché mai dovrebbero esserle ostili, se tengono invece in grande considerazione emergenti come la hongkonghese Elim Chan, la neozelandese di origini cinesi Tianyi Lu, la francese Marie Jacquot, la tedesca Johanna Mallwitz e altre promesse?
Ecco, professionalità e talento: il punto è proprio questo. Qual è il curriculum di Beatrice Venezi? Ha senso annoverarla tra i punti di riferimento del podio di ultima generazione? Come pianista (si è diplomata al Conservatorio di Milano) non ha lasciato grandi tracce – segnala Le Salon Musical – vincendo qualche piccolo concorso tra il 2005 e il 2006, quando era adolescente. Come direttore, sorvolando sul fatto che lei stessa ha raccontato di non essere stata ammessa al biennio di specializzazione in direzione d’orchestra al Conservatorio di Milano dove si è diplomata (una battuta d’arresto può capitare anche ai migliori), va detto che fuori dall’Italia non è così conosciuta né richiesta.
Per ora la sua carriera è priva di ingaggi di peso, e non può vantare collaborazioni con enti e orchestre di alto livello. L’Olimpo della direzione d’orchestra, insomma, non la contempla...
E intanto si allunga la lista delle direttrici d’orchestra, giovani o meno giovani, affermate a livello internazionale: per fare qualche esempio, oltre alle musiciste già citate, la lituana Mirga Garzinyte-Tila, la statunitense Marin Alsop, la canadese Keri-Lynn Wilson, l’australiana Simone Young, la messicana Alondra de la Parra, la finlandese Eva Ollikainen, Oksana Lyniv, la nostra Speranza Scappucci, che di gavetta ne ha fatta eccome. Oltre alla decana Claire Gibault (classe 1945), che ha debuttato ad alti livelli nel 1976.
Vero che in carriera oggi sono 600 i direttori uomini contro 21 donne e che in Italia le bacchette rosa sono ancora delle eccezioni, ma ciò non spiega la continua e idolatrante esposizione di Venezi. E non basta come punto di merito il fatto di essere la più giovane bacchetta d’Europa (tra l’altro qualcuno fa notare che l’affermazione è facilmente smentibile, basta citare la sua collega all’Orchestra della Toscana, Nil Venditti, che a 20 anni era già impegnatissima in concerti e concorsi).
Le orchestre che ha diretto in Italia, dove ha terreno più facile, sono tutte istituzioni che svolgono un prezioso lavoro a livello locale, ma che non possono essere definite di spicco assoluto nel panorama nazionale, e tantomeno internazionale: Orchestra della Toscana, Orchestra da camera Milano Classica di Milano, Pomeriggi Musicali di Milano (caso a parte per la sua storia prestigiosa che continua), Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste, Orchestra Filarmonica Campana, Orchestra da Camera Fiorentina, Orchestra della Magna Grecia, Filarmonica di Lucca, Filarmonica di Benevento, Orchestra Nuova Scarlatti Young.
E, se ha lavorato coi Pomeriggi, con l’Orchestra di Padova e del Veneto, della Filarmonica del Teatro Regio di Torino, dell’Orchestra della Fenice di Venezia, è accaduto per progetti secondari, concerti di Natale o eventi privati finanziati da sponsor.
Nel 2017 è stata nominata dall’allora presidente Alberto Veronesi Direttore Principale Ospite del Festival Pucciniano, ma negli anni successivi Beatrice Venezi non è più apparsa e il progetto a lei assegnato “Pacini Renaissance” non è mai stato realizzato.
Per amor di completezza, va detto che nel dicembre 2021 ha inciso per l’autorevole casa discografica Warner, con cui ha un contratto, e con l’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, il suo secondo album Heroins, che raccoglie Preludi, Sinfonie, Intermezzi e Suite tratte da opere con figure femminili come protagoniste. Ma non è un caso che i pezzi usciti su quotidiani e riviste siano stati tutti firmati da giornalisti della musica pop o di costume, mentre i critici della classica abbiano snobbato la pubblicazione.
E all’estero? Come fa notare ancora Le Salon Musical, nel suo curriculum si legge che è “affermata a livello internazionale” e che “si esibisce nei teatri di tutto il mondo”. Ma quel prestigio tanto strombazzato non trova conferme nelle ricerche sul web, così come sono assenti le recensioni di autorevoli critici musicali.
È stata assistente direttore dell’Armenian State Youth Symphony Orchestra, un progetto nato da giovani nel 2005, ammirevole ma non certo di valore eccelso. È salita sul podio dell’Orchestra della Fondazione Bulgaria Classic, dell’Orchestra Filarmonica Nazionale di Odessa, dell’Orchestra e coro del Teatro Bolshoij (non quello di Mosca bensì quello di Minsk).
Ultimo incarico, la direzione di Madama Butterfly all’Opéra-Théâtre de Metz, in Francia (tre recite sino al 6 ottobre). Le grandi formazioni, saranno tutti d’accordo, mancano all’appello.
Ultimo capitolo: il valore artistico. Gli addetti ai lavori hanno seguito Venezi all’inizio della carriera con una certa curiosità, ma poi l’hanno progressivamente ignorata.
Il critico musicale di Repubblica, Angelo Foletto, non usa giri di parole: «Difficile valutare consapevolmente il direttore Beatrice Venezi dovendosi fidare di qualche video preso a strascico su internet e di un paio di occasioni pubbliche con orchestre milanesi di consistenza media (o in formazione rimediata, perché non impegnate in concerti ufficiali di stagione)».
Ed entrando più nel merito aggiunge: «Certo, già il gesto con cui chiude l’accordo nella pubblicità “tricologica”, e che in esecuzione non sarebbe tecnicamente utile, può dare un’idea. Il braccio crea un disegno e la musica ne “suona” un altro, non insieme. Ma se non altro, rispetto ad altri spot che scomodano la figura del direttore d’orchestra – e in fiction tv recenti ambientate in Conservatorio s’è visto di peggio – il portamento nello spazio è fisicamente attinente».
Il problema è semmai che l’orchestra di fronte al direttore lucchese dia sempre l’impressione di procedere per conto suo. «Dalle (poche ripetiamo) occasioni dal vivo, e sempre tenendo conto che il lavoro vero del direttore è in prova, si ricava la sensazione che il direttore Venezi non abbia del tutto in mano l’esecuzione. Ma si limiti ad assecondare le geometrie e le linee principali della partitura – i cantabili o il ritmo – senza orientarle. Da cui il movimento della bacchetta che non distingue con chiarezza i punti di riferimento obbligati come il battere/levare mentre fraseologia e accentazione del discorso musicale, affidati quasi solo al braccio destro, sembrano non anticipare intenzioni e suono degli strumentisti».
Una immaturità che può forse essere imputata alla giovane età, in una professione che richiede anni e anni di studio e approfondimento.
Ma, allora, perché non lavorare sodo a testa bassa e senza clamore, invece di dar vita alla narrazione del grande direttore donna in carriera che non corrisponde all’evidenza dei fatti?
Foto © Marco Borrelli
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