A chi serve realmente la scuola italiana? Agli studenti o agli insegnanti? E’ quanto si chiede in una ampia analisi sul Corriere della Sera Sabino Cassese, il principe dei giuristi italiani, la cui risposta è scontata. Spendiamo molto ma così com’è la scuola italiana non va. “Nonostante l’alto numero di docenti (Ndr. 700 mila di ruolo, 170 mila supplenti annuali e un numero ignoto di precari), il sistema scolastico italiano ha un basso rendimento ed è un fattore della bassa produttività del Paese. Metà degli studenti esce dalla scuola impreparato e gli abbandoni sono molto alti”.
Cassese va al cuore dei problemi e sostiene che “il ministero e l’intera scuola sono troppo impegnati a gestire personale piuttosto che a istruire” perché vedono la scuola come “strumento per risolvere problemi occupazionali” anziché domandarsi quale sia l’istruzione che serve ai ragazzi in un mondo che cambia. Ecco perché, osserva acutamente Cassese, nella scuola “si parte sempre dalla coda” e cioè dalla stabilizzazione dei precari anziché chiedersi “quale interesse viene prima, quello dell’istruzione degli italiani o quella della sistemazione in ruolo degli insegnanti?”. Incalzante anche la domande finale che Cassese pone: “Perché si continua ad assumere tanto personale mentre diminuiscono gli studenti e le scuole?” . Bisognerebbe chiederlo alle tante lobbies e corporazioni sindacali che circondano la scuola e alla propensione della maggior parte delle forze politiche ad assecondarle per evidenti interessi elettorali anziché pensare a una seria riforma della scuola come ha cominciato a fare la Francia. Per fortuna il professor Cassese ci costringe ad aprire gli occhi.
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