lunedì 4 dicembre 2023

Premierato secondo la riforma Casellati/Meloni. Gianni Letta critico ( da Corriere della Sera, di Fracnesco Verderami)

 Quella sera Antonio Tajani cercava insistentemente Gianni Letta. Il leader di Forza Italia doveva gestire il malumore dei «fratellini» di FdI, l’ira della ministra per le Riforme Elisabetta Casellati, i sorrisini dei leghisti e un certo disorientamento nelle file del partito. Ma Letta non rispondeva: era impegnato al convegno di Firenze dove stava bocciando il progetto del premierato che «fatalmente» ridurrebbe i poteri del capo dello Stato, mentre — a suo giudizio — quei poteri «andrebbero tenuti così come sono». Quando il Gran Ciambellano di Silvio Berlusconi ha finalmente richiamato, come prima cosa si è complimentato con Tajani: «Avete fatto bene a intervenire sulla questione del mercato tutelato per l’energia». Per un attimo il titolare degli Esteri è rimasto spiazzato: «Veramente ti ho cercato per le tue dichiarazioni sulle riforme». «Parlavo a una platea di giovani. Ma non c’è problema. Se volete, smentitemi pure».

Smentire Letta? Con Letta non si può: come il famoso canarino in una vecchia pubblicità di Carosello, il braccio destro del Cavaliere è intoccabile nel centrodestra. Giorgia Meloni infatti si è limitata a dire di essere «in parte d’accordo e in parte no», Casellati è stata costretta a sfogarsi riservatamente con i forzisti che avevano condiviso le parole di «Gianni», mentre l’ex sottosegretario alla Presidenza incassava olimpico i complimenti pubblici delle opposizioni e quelli privati delle istituzioni. Perché lui, come dice un dirigente azzurro, «ha accesso alle Sacre scritture», cioè al soglio più alto, «e incontra spesso anche un altro grande vecchio: Giuliano Amato». A sentire un’autorità di FdI, Letta è «l’espressione di un mondo dove la mediazione è l’essenza della politica. E con un’elezione diretta la mediazione inciderebbe molto meno».

La tesi che la sua sortita sia stata occasionale «fatalmente» non convince il Palazzo. Dove non a caso si sono mossi Dario Franceschini e Matteo Renzi, che all’apparenza hanno idee contrapposte. Il primo scommette che Meloni riuscirà a realizzare la riforma costituzionale e invita il Pd a entrare nel gioco «per sabotare o quantomeno contenere il danno». Il secondo scommette che Meloni non ce la farà «perché al suo interno il centrodestra non è d’accordo» e vigila in attesa di «bloccarla o essere determinante». In un modo o nell’altro i due contano di contare. E hanno accolto le parole di Letta come un’importante sponda per i loro disegni.

Chissà in quanti hanno cercato «Gianni» in questi giorni: lui parla con tutti, anche se non dice (quasi) niente. A volte si limita a constatare certe cose. Per esempio: «Constato che quando il centrodestra è al governo, accadono sempre gravi situazioni internazionali». Con il Cavaliere a Palazzo Chigi ci furono l’11 settembre, il crack di Lehman Brothers e la crisi dei fondi sovrani. Oggi la guerra in Ucraina, il conflitto in Medio Oriente e l’inflazione a doppia cifra.

Impenetrabile, Letta è tornato alla ribalta contraddicendo Meloni, come per decenni aveva a volte fatto con Berlusconi. C’è chi ritiene sia uscito allo scoperto «perché con Giorgia i rapporti sono poco più che formali e per nulla incisivi», sulla politica e sulle nomine. C’è chi sostiene volesse avvisare Forza Italia, «perché con il premierato non conterebbe più nulla». E chi mette insieme le cose e aggiunge che «Palazzo Chigi non può pensare di limitare i rapporti con il Quirinale a qualche telefonata tra il sottosegretario Alfredo Mantovano Ugo Zampetti», potente segretario generale della presidenza della Repubblica. Chissà qual è la verità. Per saperne di più, ieri Tajani ha invitato a cena Letta.

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