Il Maestro Salvatore Accardo, in un’intervista a La Repubblica, critica aspramente la classe politica per la sua ignoranza e insensibilità verso la musica, un elemento fondamentale nella formazione culturale. Sottolinea come l’esclusione della musica nelle decisioni amministrative sia un “delitto”, nonostante la sua mancanza di conoscenze specifiche in materia di finanza e leggi di bilancio.
Nonostante la generazione di insegnanti giovani e capaci, Accardo evidenzia un problema di fondo nei conservatori italiani: la rigidità del programma di studio che privilegia l’attività teorica a discapito della pratica. Sostiene che per eccellere in uno strumento, è essenziale dedicare diverse ore al giorno alla pratica.
Le accademie musicali italiane, nonostante attraggano studenti stranieri, vedono un ritardo nell’accesso degli italiani alla musica di alto livello. Accardo suggerisce che l’ingresso nei conservatori dovrebbe avvenire in età preadolescenziale, anziché a 19 anni, età in cui un musicista di talento dovrebbe già aver raggiunto traguardi significativi.
La Riforma Gelmini del 2008-2010, che prevedeva l’istituzione di licei musicali, non ha raggiunto il successo sperato, attraendo solo lo 0,7% degli studenti delle scuole superiori. Accardo critica la qualità dell’insegnamento medio in questi licei.
Confrontando l’Italia con Germania, Austria e paesi anglosassoni, Accardo nota una maggiore consapevolezza e impegno politico nel settore musicale in questi paesi. Sottolinea l’importanza dell’educazione musicale corale e da camera come esercizio di coesione sociale e crescita personale.
Infine, Accardo commenta la situazione del jazz e della musica popolare nelle scuole italiane. Citando Leonard Bernstein, afferma che la musica si divide solo in “bella” e “brutta”, sottolineando l’importanza di una formazione musicale variegata e di qualità.
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