martedì 16 luglio 2019

'L'infinito' di Leopardi in mano a profanatori di ogni genere e paese

Noi quella lirica di Leopardi, scritta esattamente duecento anni fa, la imparavamo a memoria, anche senza comprenderne il senso profondo e la bellezza. Ora non la si impara più a memoria - in verità a scuola non si fa più esercitare la memoria ai ragazzi: male, malissimo! - e non si sa neppure che esiste.

 Le celebrazioni bicentenarie hanno risvegliato la memoria di quel testo poetico in noi e  nella maggior parte degli italiani, complice il Corriere della Sera, la voglia di buttarcisi sopra  e misurarsi con essa, da traduttori. 

Il Corriere per settimane ha riproposto dell'Infinito leopardiano   versioni in ogni lingua, dialettale, di ogni paese, accanto ad altre 'd'autore', diciamo così. 

A noi l'operazione non è piaciuta fin dall'inizio, chiunque ne abbia dato la sua versione. Perchè, in alcuni casi, quel testo,  misterioso e profondo, suonava quasi scioglilingua o barzelletta addirittura.

 In tutte le settimane in cui poeti da strapazzo, della domenica o improvvisati, ma anche firme note si sono esibiti con sfacciataggine, e prosopopea nessuno ha mai detto: basta!

Salvo un caso. L'altro ieri Il Fatto ha criticato Franceschini - ex ministro e scrittore - che si è aggiunto alla lista dei dissacratori di Leopardi, traducendolo in 'ferrarese'. Non per dire basta alla stupida, inutile operazione, semplicemente perchè Franceschini a quelli del Fatto  non è mai stato simpatico.

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