mercoledì 24 luglio 2019

Insomma il Maggio Musicale Fiorentino rischia di arenarsi nelle secche dell'insensatezza nardelliana

Nardella l'ha fatta grossa, credendosi Renzi,  quando ha sfasciato in un un attimo ciò che faticosamente Chiarot e Luisi erano riusciti a costruire - niente di miracoloso, beninteso - in due anni di lavoro assieme.

Chiamando Nastasi come salvatore della situazione finanziaria pregressa del Maggio al momento in cui l'ex 'grande&grosso' direttore generale del MIBAC conta come il due a briscola, e non amministra più i soldi che ha sempre dato ai suoi amici e lesinato ai suoi nemici, o a quelli che riteneva tali. Ora Nastasi può fare solo danni, con la differenza non irrilevante che un tempo poteva coprirli con la sua attività di elemosiniere pubblico.

Si pensi soltanto a quel pateracchio che fece a Napoli, quando era commissario della fondazione lirica: la creazione da zero del Museo  del Teatro San Carlo, per metterci a capo sua moglie, Giulia Minoli, in cerca di lavoro ( una fava, giulia minoli, ha accontentato i due piccioni rapprsentati da padre e marito; poi il lavoro con l'aiuto di paparino e del  potente maritino l'ha trovato!, profittando delle crisi: ha creato una società che si chiama proprio così: Opportunità della crisi. E, almeno per Lei, è stato così, a cominciare dal terremoto aquilano che fece conoscere la ragazza e Nastasi).

 Leggendo solo oggi l'articolo di una settimana fa di Tomaso Montanari sul Fatto e, ieri quello di Merlo su Repubblica, apprendiamo altri particolari. Montanari sostiene che, a questo punto anche Nastasi, per  non finire travolto, pare non voglia più accettare l'incarico; e da Merlo apprendiamo che Nastasi voglia portarsi la Purchia, in scadenza a Napoli, sua protetta, ma invisa al sindaco De Magistris.

Ma avanza anche l'ipotesi che Muti addirittura, negli ultimi tempi non più a suo agio a Chicago, possa ristabilirsi a Firenze, da dove cominciò la sua carriera molti anni fa. 

 Può anche essere che Nastasi, se resta, si porti appresso la Purchia, ma lo sbarco di Muti a Firenze è cosa assai difficile. 

Da quando ha lasciato la Scala, in Italia le cose non gli sono andate in nessuna circostanza per il verso giusto. Alla Scala ci è ritornato ma solo a capo della sua orchestra americana; a Roma, dopo tante promesse, ha abbandonato il campo con una lettera a Fuortes ( e fu la ragione per cui si ruppe il rapporto ultra decennale con Paolo Isotta che credeva  di dover essere avvertito direttamente dal direttore, suo amico carissimo, e non attraverso il sovrintendente romano ( che, a detta di Isotta - ma questa è cronaca recente - si tinge anche i capelli!).

 A proposito, infine, di Isotta - che anche noi conosciamo ed apprezziamo per la sua fedeltà!- ci ha meravigliato la durezza delle accuse rivolte all'operato di Chiarot, con il quale credevamo avesse un rapporto di stima ed amicizia reciproca. Tanto più che nel suo libro ' La virtù dell'elefante' ad un certo punto, scrivendo del ritorno di un'opera di Meyerbeer alla Fenice, ne attribuiva il merito al 'sovrintendente Chiarot, mio amico carissimo- testualmente.

 Evidentemente anche Chiarot  ( il quale, comunque, alla stregua di Nardella, si crede Francesco Siciliani, mentre non lo è, nè potrebbe mai esserlo) deve averla fatta grossa, se Isotta non l'ha lasciato passare. 

 Ora però il vero unico, grande problema è cosa potrebbe accadere al Maggio Musicale Fiorentino che sembrava risalire lentissimamente la china.

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