martedì 30 luglio 2019
Enrica Laterza (madre di Salvo Nastasi) eletta presidente aggiunto della Corte dei Conti
Enrica Laterza, Presidente della Sezione di controllo sugli enti della Corte dei conti, è stata designata nuovo Presidente aggiunto dell’Istituto. E’ la prima donna nella storia ai vertici della magistratura contabile. Laureata con lode in giurisprudenza all’Università di Bari, è Consigliere della Corte dei conti dal 1986. E’ Presidente di Sezione dall’1 febbraio 2011. Magistrato di lungo corso, la Presidente Laterza ha svolto numerose funzioni alla Corte dei conti: alla Procura, alla Giurisdizione, al Controllo sulle Amministrazioni dello Stato, sulle Autonomie territoriali, sugli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Nel suo lungo curriculum, figurano diverse pubblicazioni scientifiche, docenze in diritto amministrativo e contabilità di stato, anche presso Università e la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. “A nome mio personale, di tutti i magistrati e i dipendenti dell’Istituto, esprimo le più vive congratulazioni e formulo i migliori auguri di buon lavoro alla Presidente Laterza. Sono certo che la sua notevole esperienza conferirà maggior lustro alle nostre attività istituzionali”, dichiara il Presidente della Corte dei conti, Angelo Buscema.
FNSI. Presentati a Roma i due accordi con la Rai: 'Giusto contratto' e '90 nuove assunzioni giornalistiche' nelle sedi regionali
Alla presenza degli 'stati maggiori' e dei vertici di FNSI, INPGI, USIGRAI, Ordine dei Giornalisti e del vasto gruppo di persone e tecnici che per conto delle organizzazioni sindacali hanno condotto la lunga e difficile trattativa con la Rai, sono stati presenttai i due accordi , definiti 'storici' raggiunti. Ecco i particolari, a cominciare dal secondo: le 90 nuove assunzioni nelle sedi regionali Rai.
A breve il bando per l'uno e l'altro accordo.
Coloro i quali intendono partecipare al concorso per i 90 nuovi posti da giornalisti nelle varie sedi regionali possono fare una sola domanda, per regione (indipendentemente dal numero delle sedi per ogni regione). Il concorso si articolerà in diverse prove, una delle quali volta a saggiare la conoscenza delle lingue (inglese soprattutto). I vincitori dovranno poi risiedere nella regione per la quale hanno concorso, e saranno assegnati alle diverse mansioni dove c'è bisogno di coprire ruoli vacanti.
Più articolata la 'selezione' per arrivare al 'giusto contratto' per 250 giornalisti professionisti che già lavorano in Rai, nelle reti e nelle testate giornalistiche, ma con contratti che non riflettono la loro reale qualifica. Il bando e l'adesione ad esso servirà anche a quantificare con esattezza il numero di coloro che, sulla carta, avrebbero diritto al 'giusto contratto', ma il cui numero esatto ad oggi non si conosce.
Innanzitutto i 250 sono stati divisi in due scaglioni, di 125 ciascuno, che dopo la prevista selezione, saranno immessi negli organici Rai rispettivamente negli esercizi 2020-2021 e 2021-2022. Avranno un anno di contratto, il primo, a tempo determinato, e dal secondo in avanti a tempo indeterminato.
Possono partecipare a tale selezione, che sarà illustrata dal bando prossimo in lungo e largo, coloro che negli ultimi tre anni hanno lavorato continuativamente per 21 mesi, o negli ultimi cinque per 29; il cui costo per l'azienda non abbia superato gli 80.000 Euro a stagione.
Nella determinazione dei due gruppi incideranno diversi fattori, non ultima la anzianità di servizio.
La selezione si articolerà in tre prove.
1. stesura di un pezzo giornalistico;
2. accertamento di conoscenza dei nuovi media e piattaforme;
3. colloquio con la commissione per l'esame e la valutazione del curriculum .
I vincitori che lavorano già nelle testate continueranno lì il loro lavoro, per gli altri vi potrà essere una ridistribuzioni nelle reti, tenendo conto delle esigenze dei programmi.
La selezione avverrà entro la prossima (2020) estate, ed il bando dovrebbe uscire a giorni.
Nel corso della presentazione dello storico accordo, tutti hanno tenuto a sottolineare che esso concede e riconosce diritti a chi lavora da giornalista in Rai senza averne il rispettivo contratto, ma gli impone dei doveri che sono quelli di tutti i giornalisti, primo fra tutti informare correttamente.
A breve il bando per l'uno e l'altro accordo.
Coloro i quali intendono partecipare al concorso per i 90 nuovi posti da giornalisti nelle varie sedi regionali possono fare una sola domanda, per regione (indipendentemente dal numero delle sedi per ogni regione). Il concorso si articolerà in diverse prove, una delle quali volta a saggiare la conoscenza delle lingue (inglese soprattutto). I vincitori dovranno poi risiedere nella regione per la quale hanno concorso, e saranno assegnati alle diverse mansioni dove c'è bisogno di coprire ruoli vacanti.
Più articolata la 'selezione' per arrivare al 'giusto contratto' per 250 giornalisti professionisti che già lavorano in Rai, nelle reti e nelle testate giornalistiche, ma con contratti che non riflettono la loro reale qualifica. Il bando e l'adesione ad esso servirà anche a quantificare con esattezza il numero di coloro che, sulla carta, avrebbero diritto al 'giusto contratto', ma il cui numero esatto ad oggi non si conosce.
Innanzitutto i 250 sono stati divisi in due scaglioni, di 125 ciascuno, che dopo la prevista selezione, saranno immessi negli organici Rai rispettivamente negli esercizi 2020-2021 e 2021-2022. Avranno un anno di contratto, il primo, a tempo determinato, e dal secondo in avanti a tempo indeterminato.
Possono partecipare a tale selezione, che sarà illustrata dal bando prossimo in lungo e largo, coloro che negli ultimi tre anni hanno lavorato continuativamente per 21 mesi, o negli ultimi cinque per 29; il cui costo per l'azienda non abbia superato gli 80.000 Euro a stagione.
Nella determinazione dei due gruppi incideranno diversi fattori, non ultima la anzianità di servizio.
La selezione si articolerà in tre prove.
1. stesura di un pezzo giornalistico;
2. accertamento di conoscenza dei nuovi media e piattaforme;
3. colloquio con la commissione per l'esame e la valutazione del curriculum .
I vincitori che lavorano già nelle testate continueranno lì il loro lavoro, per gli altri vi potrà essere una ridistribuzioni nelle reti, tenendo conto delle esigenze dei programmi.
La selezione avverrà entro la prossima (2020) estate, ed il bando dovrebbe uscire a giorni.
Nel corso della presentazione dello storico accordo, tutti hanno tenuto a sottolineare che esso concede e riconosce diritti a chi lavora da giornalista in Rai senza averne il rispettivo contratto, ma gli impone dei doveri che sono quelli di tutti i giornalisti, primo fra tutti informare correttamente.
domenica 28 luglio 2019
DUX. o della vergogna!
Una incisione nel costone roccioso che sovrasta il centro abitato di Villa Santa Maria - in provincia di Chieti - fa scoppiare una polemica sul fascismo in Abruzzo. La scritta 'Dux', che risale agli anni Quaranta, è tornata alla luce dopo un intervento del Comune, guidato dal riconfermato sindaco Giuseppe Finamore (che si definisce un moderato di centro). Lavori portati avanti dal 2015 con fondi dell'amministrazione e una spesa complessiva di 50mila euro per realizzare proprio su quel costone, percorsi di arrampicata. Un paese noto anche perché ospita un famoso Istituto alberghiero che prepara chef internazionali.
Il caso è finito in una interrogazione presentata dal deputato abruzzese del Pd Camillo D'Alessandro che accusa l'amministrazione comunale di aver riesumato quella vecchia scritta. E si rivolge a Salvini chiedendo di intervenire per rimuovere "uno dei simboli fascisti inneggianti a Benito Mussolini, quale scelta consapevole di un paese democratico che non ammette il riemergere di simboli appartenenti ad un passato che non hanno nulla di storico, né meritano di essere rievocati, da giustificare la scelta dell'amministrazione comunale di Villa Santa Maria".
Il sindaco si oppone: "Quell'incisione - dice - è sempre stata lì. A fine anni '90 era sta coperta dalla polvere dei lavori di messa in sicurezza del costone, costati 3 miliardi e mezzo di lire, ma le piogge acide l'avevano già in parte ripulita. Noi abbiamo un progetto di valorizzazione turistica per realizzare 52 vie di risalita per arrampicata su quella parete: dovevano essere ripuliti i cespugli, i rami ed è stata ripulita anche la scritta". E aggiunge: "Se serve da attrattiva per far venire gente nel mio paese va benissimo". Una posizione che sembra ignorare legge Scelba e la memoria storica: "Il fascismo non è un'opinione, è un crimine. E come tale va trattato!", replica D'Alessandro.
Il caso è finito in una interrogazione presentata dal deputato abruzzese del Pd Camillo D'Alessandro che accusa l'amministrazione comunale di aver riesumato quella vecchia scritta. E si rivolge a Salvini chiedendo di intervenire per rimuovere "uno dei simboli fascisti inneggianti a Benito Mussolini, quale scelta consapevole di un paese democratico che non ammette il riemergere di simboli appartenenti ad un passato che non hanno nulla di storico, né meritano di essere rievocati, da giustificare la scelta dell'amministrazione comunale di Villa Santa Maria".
Il sindaco si oppone: "Quell'incisione - dice - è sempre stata lì. A fine anni '90 era sta coperta dalla polvere dei lavori di messa in sicurezza del costone, costati 3 miliardi e mezzo di lire, ma le piogge acide l'avevano già in parte ripulita. Noi abbiamo un progetto di valorizzazione turistica per realizzare 52 vie di risalita per arrampicata su quella parete: dovevano essere ripuliti i cespugli, i rami ed è stata ripulita anche la scritta". E aggiunge: "Se serve da attrattiva per far venire gente nel mio paese va benissimo". Una posizione che sembra ignorare legge Scelba e la memoria storica: "Il fascismo non è un'opinione, è un crimine. E come tale va trattato!", replica D'Alessandro.
L'Ordine dei giornalisti è LEGITTIMO. Capito Cimi e soci?
La sentenza 11/1968 della Corte costituzionale sulla professione di giornalista. L’Ordine dei Giornalisti è legittimo
A) perché “lascia integro il diritto di tutti di esprimere il proprio pensiero attraverso il giornale”.
B) perché l’Albo è obbligatorio soltanto per coloro che “manifestano
il pensiero” per professione.
C) perché tutela, con la deontologia, “la libertà degli iscritti nei confronti
del contrapposto potere economico del datori di lavoro”.
D) perché “i poteri disciplinari conferiti ai Consigli non sono tali da compromettere la libertà degli iscritti”.
A) perché “lascia integro il diritto di tutti di esprimere il proprio pensiero attraverso il giornale”.
B) perché l’Albo è obbligatorio soltanto per coloro che “manifestano
il pensiero” per professione.
C) perché tutela, con la deontologia, “la libertà degli iscritti nei confronti
del contrapposto potere economico del datori di lavoro”.
D) perché “i poteri disciplinari conferiti ai Consigli non sono tali da compromettere la libertà degli iscritti”.
Premio FRANCESCO SICILIANI . Quinta edizione
Dopo il successo delle prime quattro edizioni che si sono svolte con scadenza biennale a partire dal 2012, con oltre 650 partiture arrivate da tutto il mondo, prende il via la quinta edizione del Concorso internazionale di composizione per un’opera di musica sacra PREMIO «FRANCESCO SICILIANI». L’iniziativa nasce dalla collaborazione tra la Fondazione Perugia Musica Classica Onlus, la Sagra Musicale Umbra e il Pontificio Consiglio della Cultura, presieduto dal Cardinale Gianfranco Ravasi. Il tema del Concorso è una composizione per coro, con o senza organo, su testo obbligato, della durata compresa tra i cinque (5) e i quindici (15) minuti. In questa edizione il candidato dovrà utilizzare interamente il testo del Santcus. Il Concorso è aperto a compositori di qualsiasi nazionalità e senza limiti di età. La data di scadenza del bando è il 1° giugno 2020. Secondo la consuetudine del Concorso le partiture, oltre a essere spedite secondo le modalità previste dal bando, dal 20 dicembre 2019 potranno anche essere caricate direttamente sul sito della Fondazione seguendo una procedura appositamente messa a punto per favorire la più ampia partecipazione e l’abbattimento dei costi di spedizione.
Questo concorso lo avrebbe inventato MARCELLO FILOTEI.
In sussidiario.net si legge il suo curriculum
Marcello Filotei gode di sbalzi d’umore. È giornalista e compositore. Sfruttando i momenti di ottimismo si è diplomato in pianoforte, composizione e musica elettronica al Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Nei frequenti stati di malinconia ha messo in musica quello che non riesce a esprimere altrimenti. In attesa che un archeologo musicale del XXIII secolo ne riconosca il fondamentale ruolo giocato nella cultura del suo tempo, il Nostro vede le sue opere eseguite in festival italiani e stranieri, riceve commissioni da istituzioni attive nella musica contemporanea (Biennale Musica di Venezia, Accademia Filarmonica Romana, Teatro La Fenice di Venezia, Cantiere internazionale d’arte di Montepulciano, Orchestra della Radio Di Sofia, Orchestra della Toscana, Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, Orchestra di Roma e del Lazio, Musica Verticale, Tiroler Festspiele Erl, festival PlayIt, festival Evenings of actual music in Yekaterinburg, Ensemble del Sud, Ensemble Orchestral Contemporain), si diletta a fondare e dirigere concorsi internazionali di composizione (Strumenti di Pace, Francesco Siciliani presso la Sagra Musicale Umbra) e a organizzare stagioni concertistiche in collaborazione con l’Accademia Musicale Chigiana e la Radio Vaticana. Fa parte del Direttivo di Nuova Consonanza e grazie alla alla Rai pubblica le sue partiture. Non rinuncia però a esercitare il suo inconfessabile sadismo come critico musicale de L’Osservatore Romano, attività che lo mette continuamente a confronto con la produzione artistica più recente. Vecchio dalla nascita è attualmente un uomo di mezza età che garantisce la sua presenza al mondo dal 1966.
Marcello, siamo seri! ( P.A.)
Questo concorso lo avrebbe inventato MARCELLO FILOTEI.
In sussidiario.net si legge il suo curriculum
Marcello Filotei gode di sbalzi d’umore. È giornalista e compositore. Sfruttando i momenti di ottimismo si è diplomato in pianoforte, composizione e musica elettronica al Conservatorio Santa Cecilia di Roma. Nei frequenti stati di malinconia ha messo in musica quello che non riesce a esprimere altrimenti. In attesa che un archeologo musicale del XXIII secolo ne riconosca il fondamentale ruolo giocato nella cultura del suo tempo, il Nostro vede le sue opere eseguite in festival italiani e stranieri, riceve commissioni da istituzioni attive nella musica contemporanea (Biennale Musica di Venezia, Accademia Filarmonica Romana, Teatro La Fenice di Venezia, Cantiere internazionale d’arte di Montepulciano, Orchestra della Radio Di Sofia, Orchestra della Toscana, Orchestra Haydn di Trento e Bolzano, Orchestra di Roma e del Lazio, Musica Verticale, Tiroler Festspiele Erl, festival PlayIt, festival Evenings of actual music in Yekaterinburg, Ensemble del Sud, Ensemble Orchestral Contemporain), si diletta a fondare e dirigere concorsi internazionali di composizione (Strumenti di Pace, Francesco Siciliani presso la Sagra Musicale Umbra) e a organizzare stagioni concertistiche in collaborazione con l’Accademia Musicale Chigiana e la Radio Vaticana. Fa parte del Direttivo di Nuova Consonanza e grazie alla alla Rai pubblica le sue partiture. Non rinuncia però a esercitare il suo inconfessabile sadismo come critico musicale de L’Osservatore Romano, attività che lo mette continuamente a confronto con la produzione artistica più recente. Vecchio dalla nascita è attualmente un uomo di mezza età che garantisce la sua presenza al mondo dal 1966.
Marcello, siamo seri! ( P.A.)
sabato 27 luglio 2019
Quattro esempi di giornalismo musicale di portata storica
Tutte nello stesso giorno, tutte nello stesso giornale: Corriere della Sera
Cominciamo da quella più importante.
L'Aida areniana, impersonata da un'americana di pelle candida si rifiuta di farsi fare la faccia nera; la sovrintendente, Cecilia Gasdia, è di opposto parere; alla fine si trova un compromesso: l'americana si farà fare la faccia 'mulatta' e non 'nera'. Da domani inizia una nuova storia anche per il celebre capolavoro di Verdi. Il quale, già in un altro caso, aveva dovuto mandar giù ciò che mai avrebbe immaginato, e cioè che ad impersonare Violetta fosse una cantante nera. La storia dell'opera ne uscirà traumatizzata.
Alla fine la cantante si è data malata per non tingersi neanche un pò la faccia; e perciò non ha partecipato alla recita di domenica scorsa.
Si torna a parlare di Ivo Pogorelich che racconta per la prima volta la sua vita: vinse il Concorso Casagrande appena diciottenne, due anni dopo sposò la sua insegnante, vent'anni più grande di Lei - ma ne dimostrava anche di più - la morte di sua moglie dopo una ventina d'anni di matrimonio, la svolta religiosa del pianista, la sua attività didattica e umanitaria. Una vita non certo banale e neppure normale. Fra qualche settimana - ed è questa la ragione fondamentale per farlo decidere a raccontare per la prima volta pubblicamente la storia della sua vita - esce un suo disco per la Sony ( Rachmaninov). Certamente, anche questo secondo fatto, cambierà il corso della storia.
In Montagna si canta e suona meglio, specie se all'aperto e nelle ore più inusitate come all'alba, perché quando l'uomo incontra la montagna ne nasce un miracolo.
E' il principio cui si ispira il festival 'suoni delle Dolomiti' animato dal violoncellista Brunello, il quale annuncia per questa edizione, la venticinquesima, una grande novità: sulle Dolomiti quest'anno sbarca l''opera. Il barbiere di Rossini. Chissà se d'ora in avanti non ci si orienterà ad eseguirlo all'aperto, facendolo uscire dal chiuso dei vecchi polverosi teatri.
Ricordate la protesa , per ragioni di solidarietà verso Alexander Pereira, messa in atto da Cecilia Bartoli, che ad alcuni sembrò come minare la Sala e stravolgere la programmazione? Beh, la Sala non è crollata, il cartellone resta immutato, solo che al suo posto nel Giulio Cesare canterà la De Niese.
Potrà continuare ad essere La Scala, anche ora che è orfana di Cecilia Bartoli?
Cominciamo da quella più importante.
L'Aida areniana, impersonata da un'americana di pelle candida si rifiuta di farsi fare la faccia nera; la sovrintendente, Cecilia Gasdia, è di opposto parere; alla fine si trova un compromesso: l'americana si farà fare la faccia 'mulatta' e non 'nera'. Da domani inizia una nuova storia anche per il celebre capolavoro di Verdi. Il quale, già in un altro caso, aveva dovuto mandar giù ciò che mai avrebbe immaginato, e cioè che ad impersonare Violetta fosse una cantante nera. La storia dell'opera ne uscirà traumatizzata.
Alla fine la cantante si è data malata per non tingersi neanche un pò la faccia; e perciò non ha partecipato alla recita di domenica scorsa.
Si torna a parlare di Ivo Pogorelich che racconta per la prima volta la sua vita: vinse il Concorso Casagrande appena diciottenne, due anni dopo sposò la sua insegnante, vent'anni più grande di Lei - ma ne dimostrava anche di più - la morte di sua moglie dopo una ventina d'anni di matrimonio, la svolta religiosa del pianista, la sua attività didattica e umanitaria. Una vita non certo banale e neppure normale. Fra qualche settimana - ed è questa la ragione fondamentale per farlo decidere a raccontare per la prima volta pubblicamente la storia della sua vita - esce un suo disco per la Sony ( Rachmaninov). Certamente, anche questo secondo fatto, cambierà il corso della storia.
In Montagna si canta e suona meglio, specie se all'aperto e nelle ore più inusitate come all'alba, perché quando l'uomo incontra la montagna ne nasce un miracolo.
E' il principio cui si ispira il festival 'suoni delle Dolomiti' animato dal violoncellista Brunello, il quale annuncia per questa edizione, la venticinquesima, una grande novità: sulle Dolomiti quest'anno sbarca l''opera. Il barbiere di Rossini. Chissà se d'ora in avanti non ci si orienterà ad eseguirlo all'aperto, facendolo uscire dal chiuso dei vecchi polverosi teatri.
Ricordate la protesa , per ragioni di solidarietà verso Alexander Pereira, messa in atto da Cecilia Bartoli, che ad alcuni sembrò come minare la Sala e stravolgere la programmazione? Beh, la Sala non è crollata, il cartellone resta immutato, solo che al suo posto nel Giulio Cesare canterà la De Niese.
Potrà continuare ad essere La Scala, anche ora che è orfana di Cecilia Bartoli?
Chi svolge da anni lavoro giornalistico in Rai ed è giornalista professionsta finalmente avrà un contratto da giornalista
Rai e Usigrai, accordi storici per merito e trasparenza giornalisti
Diritti, merito e trasparenza sono alla base dei 2 accordi storici firmati dalla Rai con l’Ad Fabrizio Salini e dall’Usigrai insieme alla Fnsi. Con il nuovo accordo finalmente arriva il “giusto contratto” per 250 professionisti che fanno lavoro giornalistico in Rai e contemporanemente parte la nuova selezione pubblica su base territoriale per 90 giornalisti. Le intese, siglate dalla Rai, l’Usigrai insieme alla Fnsi, guardano allo sviluppo della Rai Servizio Pubblico, in un’ottica di trasformazione multimediale. In sintesi l’accordo per la selezione di personale giornalistico prevede il bando con graduatorie regionali per complessive 90 unità. L’accordo per il cosiddetto giornalismo nelle Reti si sostanzia in un’iniziativa di accertamento professionale mirata ai lavoratori autonomi e subordinati in possesso dell’iscrizione all’albo dei giornalisti professionisti e che hanno svolto attività giornalistica nei programmi informativi delle reti e nelle testate.
venerdì 26 luglio 2019
Istat esulta. Speriamo sia vero. Perchè Salvini al suo 'uomo' dell'ISTAT e Di Maio al suo 'uomo' dell'INPS possono ORDINARE di dire qualunque cosa. E loro ubbidirebbero
In forte rialzo a luglio un aumento dell’indice del clima di fiducia dei consumatori da 109,8 a 113,4; anche per l’indice del clima di fiducia delle imprese si registra una dinamica positiva (da 99,3 a 101,2). Lo rende noto l'Istat. Per quanto riguarda le imprese, il miglioramento è generalizzato a tutti i settori con l’eccezione della manifattura dove l’indice continua a diminuire, seppure lievemente. Si evidenzia un aumento delle attese su ordini e produzione diffuso a tutti i settori.
Con riferimento ai consumatori, l’indice di fiducia torna ad aumentare, riportandosi sui livelli di inizio anno. Il recupero della fiducia è condizionato positivamente dalle opinioni sulla situazione economica dell’Italia. Il recupero è determinato soprattutto dalla componente economica (il rispettivo clima passa da 121,4 a 129,7) e da quella futura (l’indice passa da 112,6 a 117,4); peraltro, anche il clima personale e quello corrente migliorano passando, rispettivamente, da 105,6 a 108,0 e da 107,6 a 111,1.
Con riferimento alle imprese, l’indice di fiducia registra una lieve flessione nel comparto manifatturiero (da 100,7 a 100,1) ed è in risalita in tutti gli altri settori.
Con riferimento ai consumatori, l’indice di fiducia torna ad aumentare, riportandosi sui livelli di inizio anno. Il recupero della fiducia è condizionato positivamente dalle opinioni sulla situazione economica dell’Italia. Il recupero è determinato soprattutto dalla componente economica (il rispettivo clima passa da 121,4 a 129,7) e da quella futura (l’indice passa da 112,6 a 117,4); peraltro, anche il clima personale e quello corrente migliorano passando, rispettivamente, da 105,6 a 108,0 e da 107,6 a 111,1.
Con riferimento alle imprese, l’indice di fiducia registra una lieve flessione nel comparto manifatturiero (da 100,7 a 100,1) ed è in risalita in tutti gli altri settori.
La Corte costituzionale sui fondi pubblici all'editoria ( dal blog di Franco Abruzzo)
La Corte Costituzionale, pur respingendo oggi le eccezioni sollevate dal tribunale di Catania in merito alle disposizioni di legge del 2008 e del 2012, ha comunque auspicato un intervento del Parlamento in tema di risorse per il sostegno all’editoria al fine di colmare una serie di gravi lacune di fondo, evidenziate, in particolare, dalla loro mancata armonizzazione con le disposizioni normative, anch’esse primarie, che fissano i requisiti per accedere ai contributi (nella specie quelli diretti per le imprese editrici ammesse), procedendo anche alla loro quantificazione. Infatti le imprese editrici, da un lato, sono destinatarie di norme che le vedono come titolari di diritti rispetto all’allocazione delle risorse in questione, mentre, dall’altro, sono esposte al rischio di un parziale o addirittura totale taglio delle risorse stesse. Il sistema è dunque affetto da una incoerenza interna, dovuta a scelte normative che prima creano aspettative e poi autorizzano a negarle. È allora evidente - sostiene la Corte - "che in un settore come quello in esame, caratterizzato dalla presenza di un diritto fondamentale, vi è l’esigenza che il quadro normativo sia ricondotto a trasparenza e chiarezza, e in particolare che l’attribuzione delle risorse risponda a criteri certi e obiettivi."
Nell'odierna sentenza n. 206 sui fondi statali all'editoria (cliccare suhttps://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2019&numero=206 ) i giudici della Consulta hanno tenuto a riaffermare una serie di importanti affermazioni di principio in tema di libertà di stampa, ribadendo che:
1) la libertà di manifestazione del pensiero, di cui è espressione la libertà di stampa, costituisce un valore centrale del nostro sistema costituzionale, come è stato riconosciuto non solo dalla stessa Assemblea costituente, che significativamente ha ritenuto di dover adottare la legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa), a tutela di tale libertà; ma successivamente anche da questa Corte, che ha evidenziato da tempo il rapporto tra libertà di manifestazione del pensiero e regime democratico, affermando che la prima è «“coessenziale al regime di libertà” garantito dalla Costituzione», «pietra angolare dell’ordine democratico», «cardine di democrazia nell’ordinamento generale»;
2) il diritto dell’informazione «è tra le libertà fondamentali proclamate e protette dalla nostra Costituzione, una di quelle anzi che meglio caratterizzano il regime vigente nello Stato, condizione com’è del modo di essere e dello sviluppo della vita del Paese in ogni suo aspetto culturale, politico, sociale».
In mancanza di una specifica disciplina costituzionale dell’informazione, la giurisprudenza costituzionale ha poi sempre ricondotto il relativo diritto nell’àmbito di tutela della libertà costituzionale di manifestazione del pensiero, atteso che l’art. 21 della Costituzione «solennemente proclama uno tra i princìpi caratterizzanti del vigente ordinamento democratico, garantendo a “tutti” il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero “con ogni mezzo di diffusione” e detta per di più ulteriori e specifiche norme a tutela della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell’informazione dei cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita e consapevole»;
3) Il “diritto all’informazione” va determinato e qualificato in riferimento ai princìpi fondanti della forma di Stato delineata dalla Costituzione, i quali esigono che la nostra democrazia sia basata su una libera opinione pubblica e sia in grado di svilupparsi attraverso la pari concorrenza di tutti alla formazione della volontà generale. Di qui deriva l’imperativo costituzionale che il “diritto all’informazione” garantito dall’art. 21 della Costituzione sia qualificato e caratterizzato dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie - che comporta, fra l’altro, il vincolo al legislatore di impedire la formazione di posizioni dominanti e di favorire l’accesso del massimo numero possibile di voci diverse - in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti. È tuttora attuale affermare che l’informazione esprime «non tanto una materia, quanto “una condizione preliminare” per l’attuazione dei princìpi propri dello Stato democratico».
Tali affermazioni di principio hanno avuto ricadute sostanziali in ordine al pluralismo dell’informazione, comportando il riconoscimento del «valore centrale del pluralismo in un ordinamento democratico» fino al punto da giustificare e anzi imporre al legislatore interventi idonei a garantirne il rispetto.
giovedì 25 luglio 2019
Chi ancora gli crede a questi tre, e massimamente ai due giovanotti, non è 'figlio di Maria'
È durato un'ora circa il colloquio tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. I due vicepremier non si vedevano dallo scorso 11 luglio e, a quanto riferiscono fonti di M5S e Lega, hanno fatto il punto della situazione politica alla luce degli avvenimenti dell'ultima settimana.
Conte: "Nessun incarico di governo per Savoini, era a Mosca con Salvini"
Conte: "Dobbiamo lavorare, non chiacchiere"
"Che io possa andare in Parlamento a cercare una maggioranza alternativa è assolutamente fantasioso". Così il premier Giuseppe Conte risponde ai giornalisti che gli chiedono di commentare le frasi pronunciate ieri da Matteo Salvini dopo l'informativa del premier in Senato. E a proposito dell'incontro tra i due vicepremier dice: "Cosa buona e giusta". Poco prima il premier, uscendo da Palazzo Chigi aveva dichiarato secco: ''Dobbiamo lavorare, non chiacchierare''.
Salvini: "Conte dice di lavorare? Perfetto, sono d'accordo"
A chi gli ha chiesto se dopo l'incontro con il collega pentastellato avesse visto anche il premier, Matteo Salvini ha risposto: "No, non l'ho visto". E ai cronisti che gli hanno chiesto cosa rispondesse al presidente del Consiglio sul fatto che bisogna lavorare e non far polemiche, Salvini ha risposto: "Bene, perfetto, sono d'accordo".
Quanto all'incontro con Di Maio, "è andato bene" ha detto il vicepremier. Poi però ha aggiunto: "Siamo una forza libera, che è al governo per il bene del Paese.Finché abbiamo certezza che il Paese si può cambiare dal punto di vista del taglio delle tasse, della riforma della giustizia e del lavoro andiamo avanti. Nessuno ci costringe a stare al governo, altri partiti e parlamentari evidentemente hanno il terrore di andare a elezioni, noi no. Finché si può sbloccare il Paese noi rimaniamo qua''.
Affermazioni più pacate e concilianti di quelle che in mattinata avevano contribuito ad alzare ancora una volta la tensione nel governo, quando il vicepremier leghista aveva dichiarato: "Le parole di Conte mi interessano meno di zero".
Conte: "Nessun incarico di governo per Savoini, era a Mosca con Salvini"
Conte: "Dobbiamo lavorare, non chiacchiere"
"Che io possa andare in Parlamento a cercare una maggioranza alternativa è assolutamente fantasioso". Così il premier Giuseppe Conte risponde ai giornalisti che gli chiedono di commentare le frasi pronunciate ieri da Matteo Salvini dopo l'informativa del premier in Senato. E a proposito dell'incontro tra i due vicepremier dice: "Cosa buona e giusta". Poco prima il premier, uscendo da Palazzo Chigi aveva dichiarato secco: ''Dobbiamo lavorare, non chiacchierare''.
Salvini: "Conte dice di lavorare? Perfetto, sono d'accordo"
A chi gli ha chiesto se dopo l'incontro con il collega pentastellato avesse visto anche il premier, Matteo Salvini ha risposto: "No, non l'ho visto". E ai cronisti che gli hanno chiesto cosa rispondesse al presidente del Consiglio sul fatto che bisogna lavorare e non far polemiche, Salvini ha risposto: "Bene, perfetto, sono d'accordo".
Quanto all'incontro con Di Maio, "è andato bene" ha detto il vicepremier. Poi però ha aggiunto: "Siamo una forza libera, che è al governo per il bene del Paese.Finché abbiamo certezza che il Paese si può cambiare dal punto di vista del taglio delle tasse, della riforma della giustizia e del lavoro andiamo avanti. Nessuno ci costringe a stare al governo, altri partiti e parlamentari evidentemente hanno il terrore di andare a elezioni, noi no. Finché si può sbloccare il Paese noi rimaniamo qua''.
Affermazioni più pacate e concilianti di quelle che in mattinata avevano contribuito ad alzare ancora una volta la tensione nel governo, quando il vicepremier leghista aveva dichiarato: "Le parole di Conte mi interessano meno di zero".
Torino. Via un altro sovrintendente, William Graziosi, che era arrivato con la benedizione di Grillo, addirittura - così si disse allora
Al Teatro Regio di Torino, dopo poco più di dodici mesi, cade la testa del sovrintendente William Graziosi che veniva dalle Marche, dove era stato a capo di un festivalino d'elite, ma senza aver prima maturato l'esperienza della direzione di un grande teatro come il Regio di Torino che ha complessivamente 400 dipendenti, a differenza di Jesi, dove di dipendenti ce n'erano a malapena 10.
Quanto fu eletto Graziosi, noi pubblicammo il suo curriculum, sinceramente ridicolo: pagine e pagine per raccontare tutti i titoli andati in scena a Jesi sotto la sua gestione, ai quali si sarebbe dovuto credere che egli avesse partecipato attivamente.
Ma si sa che quando un politico vuole qualcosa, anche se è una testa vuota, come in questi giorni anche in un'altra capitale del nostro paese è accaduto, la si fa. Se poi ne discendono disastri da tutti immaginati, non conta, perchè il sindaco comanda 'ed è suo diritto nominare i vertici delle istituzioni della sua città'.
La Appendino fa il paio con il sindaco Nardella: nel caso della Appendino perchè il nome di Graziosi glielo suggerì ( impose) Grillo; Nardella, perchè si crede Renzi e manda a puttane il lavoro svolto al Maggio Fiorentino da Chiarot e Luisi, per insediarvi Nastasi che di danni ne ha fatti così tanti che non si capisce perchè insistere.
Il caso della Scala è diverso. Pereira stava sul gozzo a una parte del CdI ( alcuni di stretta osservanza salviniana, altri ex franceschiniana) che non gli voleva rinnovare l'incarico, quando sarebbe stato opportuno, magari non per l'intera durata prevista; ma certo non vi sono contro di lui esposti in procura come nei confronti di Graziosi per la sua amministrazione contestata, perfino dal direttore artistico che egli stesso si era scelto.
Ora la Appendino ha mandato via Graziosi, dopo che proprio lei aveva fatto l'errore tragico di mandar via i precedenti vertici, e soprattutto il direttore musicale cui il Regio doveva una certa rimonta nelle quotazioni internazionali.
Appena insediatasi, la sindaca aveva promesso che avrebbe smantellato una struttura che vedeva al vertice la moglie del precedente sovrintendente, da troppi anni al Regio. Poi non l'ha fatto. Mentre ora ha dovuto agire, perchè il teatro è in subbuglio per via di William Graziosi.
Al contrario di Nardella che ha cambiato i vertici del Maggio quando in teatro sembrava essere tornata la pace e la voglia di lavorare, dopo le precedenti negative esperienze amministrative compreso il commissariamento di Nastasi.
A Roma, invece, dove nel disastro generale dell'amministrazione comunale, raro caso di buona stampa e corretta amministrazione è quello del Teatro dell'Opera, il sovrintendente Fuortes, ha giocato abilmente e d'anticipo, sfilandosi dalla rosa dei papabili milanesi, senza che nessuno facesse il suo nome come prescelto, dichiarando il suo attaccamento a Roma. E la sindaca intende premiarlo, rinnovandogli l'incarico.
Quanto fu eletto Graziosi, noi pubblicammo il suo curriculum, sinceramente ridicolo: pagine e pagine per raccontare tutti i titoli andati in scena a Jesi sotto la sua gestione, ai quali si sarebbe dovuto credere che egli avesse partecipato attivamente.
Ma si sa che quando un politico vuole qualcosa, anche se è una testa vuota, come in questi giorni anche in un'altra capitale del nostro paese è accaduto, la si fa. Se poi ne discendono disastri da tutti immaginati, non conta, perchè il sindaco comanda 'ed è suo diritto nominare i vertici delle istituzioni della sua città'.
La Appendino fa il paio con il sindaco Nardella: nel caso della Appendino perchè il nome di Graziosi glielo suggerì ( impose) Grillo; Nardella, perchè si crede Renzi e manda a puttane il lavoro svolto al Maggio Fiorentino da Chiarot e Luisi, per insediarvi Nastasi che di danni ne ha fatti così tanti che non si capisce perchè insistere.
Il caso della Scala è diverso. Pereira stava sul gozzo a una parte del CdI ( alcuni di stretta osservanza salviniana, altri ex franceschiniana) che non gli voleva rinnovare l'incarico, quando sarebbe stato opportuno, magari non per l'intera durata prevista; ma certo non vi sono contro di lui esposti in procura come nei confronti di Graziosi per la sua amministrazione contestata, perfino dal direttore artistico che egli stesso si era scelto.
Ora la Appendino ha mandato via Graziosi, dopo che proprio lei aveva fatto l'errore tragico di mandar via i precedenti vertici, e soprattutto il direttore musicale cui il Regio doveva una certa rimonta nelle quotazioni internazionali.
Appena insediatasi, la sindaca aveva promesso che avrebbe smantellato una struttura che vedeva al vertice la moglie del precedente sovrintendente, da troppi anni al Regio. Poi non l'ha fatto. Mentre ora ha dovuto agire, perchè il teatro è in subbuglio per via di William Graziosi.
Al contrario di Nardella che ha cambiato i vertici del Maggio quando in teatro sembrava essere tornata la pace e la voglia di lavorare, dopo le precedenti negative esperienze amministrative compreso il commissariamento di Nastasi.
A Roma, invece, dove nel disastro generale dell'amministrazione comunale, raro caso di buona stampa e corretta amministrazione è quello del Teatro dell'Opera, il sovrintendente Fuortes, ha giocato abilmente e d'anticipo, sfilandosi dalla rosa dei papabili milanesi, senza che nessuno facesse il suo nome come prescelto, dichiarando il suo attaccamento a Roma. E la sindaca intende premiarlo, rinnovandogli l'incarico.
Salvini, pallone gonfiato: quello che ha detto Conte al Senato MI INTERESSA MENO DI ZERO
"Mi interessano meno di zero". Così il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha commentato le parole del premier Giuseppe Conte mercoledì in Senato durante l'informativa sul caso Russia-Lega. "Mi alzo ogni mattina per andare al Viminale per lavorare - ha aggiunto parlando a Radio anch'io -. Io finché posso far le cose sto al governo, se dovessi accorgermi che sto al governo per non fare le cose...".
Il vicepremier ha sminuito il caso parlando di un "fantasy di spionaggio in Russia", "una storia dell'estate". "Ci pagano per far lavorare le persone, per sistemare strade e autostrade", ha sottolineato Salvini, aggiungendo che "Conte al Senato ha detto quello che dico io da settimane. Non ho mai preso un rublo, vado all'estero per far politica non per far accordi commerciali. Incontrare ministri è il mio lavoro, per l'interesse nazionale italiano".
No Tav, "non tollereremo atti di violenza" - Il ministro ha poi avvertito i No Tav in vista delle manifestazioni indette per sabato a Torino. "Speriamo non ci siano episodi di violenza, ma nel caso ci fossero verranno perseguiti come prevede la legge. Non tollereremo violenza contro le forze dell'ordine, niente resterà impunito". Quanto alla richiesta dei Cinquestelle di far votare alle Camere la questione Alta velocità, ha sottolineato: "Benissimo siamo in democrazia, vorrà dire che la Tav passerà con l'80% dei voti a favore".
Il vicepremier ha sminuito il caso parlando di un "fantasy di spionaggio in Russia", "una storia dell'estate". "Ci pagano per far lavorare le persone, per sistemare strade e autostrade", ha sottolineato Salvini, aggiungendo che "Conte al Senato ha detto quello che dico io da settimane. Non ho mai preso un rublo, vado all'estero per far politica non per far accordi commerciali. Incontrare ministri è il mio lavoro, per l'interesse nazionale italiano".
No Tav, "non tollereremo atti di violenza" - Il ministro ha poi avvertito i No Tav in vista delle manifestazioni indette per sabato a Torino. "Speriamo non ci siano episodi di violenza, ma nel caso ci fossero verranno perseguiti come prevede la legge. Non tollereremo violenza contro le forze dell'ordine, niente resterà impunito". Quanto alla richiesta dei Cinquestelle di far votare alle Camere la questione Alta velocità, ha sottolineato: "Benissimo siamo in democrazia, vorrà dire che la Tav passerà con l'80% dei voti a favore".
Crimi preferisce una comunicazione diretta elettronica sui social, senza la mediazione dei giornalisti
Gli Odg regionali: «Gli Stati generali finiscono qui». Crimi: «L'Ordine ormai è una scatola vuota»
Duro botta e risposta tra i vertici territoriali e il sottosegretario all'Editoria. «Solo sgombrando il campo dall'ipotesi di abrogazione, ci si può confrontare sulla urgente necessità di una riforma», scrivono i primi. «Non è accettabile che il confronto sia valido solo quando lo dicono loro», ribatte il secondo.
La cerimonia di inaugurazione degli Stati generali dell'editoria il 25 marzo 2019
Duro botta e risposta tra i vertici degli Ordini regionali dei giornalisti e il sottosegretario all'Editoria, Vito Crimi. «Il sottosegretario non ha perso occasione in questi mesi, ripetendolo quasi ad ogni appuntamento degli Stati generali dell'editoria, per rimarcare la necessità di abolire l'Ordine, bollandolo come anacronistico e delegittimando un organismo democraticamente eletto. Per questo motivo il Cnog e tutti gli Ordini regionali non hanno partecipato agli Stati generali», si legge in un documento approvato all'unanimità dalla Consulta dei presidenti e dei vicepresidenti regionali, riunita a Roma con il presidente del Cnog Carlo Verna.
«Solo sgombrando definitivamente il campo dall'ipotesi di abrogazione, ci si può confrontare sulla urgente necessità di una riforma. Non è istituzionalmente corretto fare contemporaneamente istruttoria ed emettere verdetti di condanna mentre si assumono elementi. Pertanto, senza un ravvedimento rispetto ad un modo di agire inaccettabile, per noi gli Stati generali finiscono qui: un fallimento decretato da chi li ha indetti», prosegue il documento.
«Nell'attuale panorama dell'informazione, affidata sempre di più alle tecnologie digitali, ai social media e agli algoritmi – incalzano i presidenti e vicepresidenti regionali – è fondamentale il ruolo di chi è professionalmente formato per accertare la fondatezza delle notizie, verificarne le fonti, certificarne la provenienza, nel rispetto della deontologia professionale. Sono questi i punti di forza della professione giornalistica, garantiti dall'appartenenza all'Ordine dei giornalisti. Un Ordine certamente da riformare, come chiediamo da anni al Parlamento, e da adeguare alle nuove realtà, visto che la legge istitutiva risale al 1963. Il Cnog insieme agli Ordini regionali, ormai un anno fa ha elaborato una proposta innovativa che apre la categoria alle trasformazioni in atto, preservandone l'autonomia in virtù della funzione prevista dall'articolo 21 della Costituzione».
Una presa di posizione a cui il sottosegretario all'Editoria risponde osservando: «Dal caso Fubini al disinteresse dei giornalisti per l'appuntamento loro riservato agli Stati generali dell'editoria credo che si definisca da sola la questione Ordine dei giornalisti. Non è accettabile che il confronto sia valido solo quando lo dicono loro, nelle forme volute da loro e se si fa quello che dicono loro. Un bell'esempio di democrazia, non posso aggiungere altro».
Per Crimi «l'Ordine dei giornalisti si definisce da sé: il suo essersi svuotato di senso e contenuto, e quindi averlo relegato ad una scatola vuota, è opera propria non di Crimi. Se si può esercitare la professione abusivamente, se non si incorre mai in reali sanzioni a fronte di conclamate fake news a cosa serve l'Ordine? Una domanda che non si pone solo il sottoscritto ma tantissimi bravi giornalisti che si sentono abbandonati nella loro professione. Mentre c'è chi si guarda l'ombelico e promette riforme, noi rimaniamo fedeli a quanto detto da oltre un decennio: superamento dell'Ordine dei giornalisti, ma forse – conclude il sottosegretario – vogliamo essere tra i pochi in Europa ad avere una situazione del genere».
«Solo sgombrando definitivamente il campo dall'ipotesi di abrogazione, ci si può confrontare sulla urgente necessità di una riforma. Non è istituzionalmente corretto fare contemporaneamente istruttoria ed emettere verdetti di condanna mentre si assumono elementi. Pertanto, senza un ravvedimento rispetto ad un modo di agire inaccettabile, per noi gli Stati generali finiscono qui: un fallimento decretato da chi li ha indetti», prosegue il documento.
«Nell'attuale panorama dell'informazione, affidata sempre di più alle tecnologie digitali, ai social media e agli algoritmi – incalzano i presidenti e vicepresidenti regionali – è fondamentale il ruolo di chi è professionalmente formato per accertare la fondatezza delle notizie, verificarne le fonti, certificarne la provenienza, nel rispetto della deontologia professionale. Sono questi i punti di forza della professione giornalistica, garantiti dall'appartenenza all'Ordine dei giornalisti. Un Ordine certamente da riformare, come chiediamo da anni al Parlamento, e da adeguare alle nuove realtà, visto che la legge istitutiva risale al 1963. Il Cnog insieme agli Ordini regionali, ormai un anno fa ha elaborato una proposta innovativa che apre la categoria alle trasformazioni in atto, preservandone l'autonomia in virtù della funzione prevista dall'articolo 21 della Costituzione».
Una presa di posizione a cui il sottosegretario all'Editoria risponde osservando: «Dal caso Fubini al disinteresse dei giornalisti per l'appuntamento loro riservato agli Stati generali dell'editoria credo che si definisca da sola la questione Ordine dei giornalisti. Non è accettabile che il confronto sia valido solo quando lo dicono loro, nelle forme volute da loro e se si fa quello che dicono loro. Un bell'esempio di democrazia, non posso aggiungere altro».
Per Crimi «l'Ordine dei giornalisti si definisce da sé: il suo essersi svuotato di senso e contenuto, e quindi averlo relegato ad una scatola vuota, è opera propria non di Crimi. Se si può esercitare la professione abusivamente, se non si incorre mai in reali sanzioni a fronte di conclamate fake news a cosa serve l'Ordine? Una domanda che non si pone solo il sottoscritto ma tantissimi bravi giornalisti che si sentono abbandonati nella loro professione. Mentre c'è chi si guarda l'ombelico e promette riforme, noi rimaniamo fedeli a quanto detto da oltre un decennio: superamento dell'Ordine dei giornalisti, ma forse – conclude il sottosegretario – vogliamo essere tra i pochi in Europa ad avere una situazione del genere».
mercoledì 24 luglio 2019
Premio della SIAE all'Accademia Chigiana, per runa rassegna che deve ancora svolgersi. Chi è che decide simili premi e riconoscimenti preventivi?
L'Accademia Chigiana si aggiudica "Per chi Crea"
ll Programma della SIAE per Live e Promozione Nazionale e Internazionale
assegnato alla prestigiosa istituzione senese
"Per chi Crea", il programma della SIAE dedicato alle migliori iniziative per Live e Promozione Nazionale e Internazionale nel campo della musica, è stato assegnato all'Accademia Chigiana per il suo progetto intitolato "Roll over Beethoven", che si svolgerà a partire dal prossimo autunno fino alla primavera 2020.
Il progetto "Roll over Beethoven", dal significativo sottotitolo Beethoven interpretato dai giovani, si conferma così un’iniziativa estremamente innovativa nell’ambito della promozione incentrata attorno a un grande tema, secondo una speciale formula che consente la migliore valorizzazione dei giovani talenti a fianco dei nomi riconosciuti del concertismo internazionale.
Nel 2020 ricorre il 250simo anniversario della nascita di Ludwig van Beethoven (1770-1827). Tutto il mondo si appresta a celebrare il suo genio con rassegne e concerti dedicati alla sua monumentale produzione. Con un progetto che prende il titolo da una celebre canzone di Chuck Berry portata al successo planetario dai Beatles (a testimonianza di come il nome di Beethoven nel nostro tempo abbia attraversato le diverse culture sonore), l'Accademia Chigiana rivolge alla figura del compositore tedesco uno sguardo particolare, basato sull'interpretazione delle sue grandi pagine da parte delle nuove generazioni, grazie a una serie di appassionanti concerti affidati ai migliori allievi dell'Accademia Chigiana.
Il programma della rassegna presenta nove concerti da camera, corali e sinfonici. Filo conduttore sarà l’esecuzione, in sei concerti, dell’integrale dei quartetti di Beethoven, affidata al Quartetto Adorno, al Quartetto Nous e al Quartetto Indaco.. Questi appuntamenti si intrecceranno con una scelta significativa di sonate per pianoforte, violino e violoncello, che vedranno protagonisti la pianista Vanessa Benelli Mosell, la violoncellista Erica Piccotti (insieme alla pianista Monica Cattarossi) e il violinista Giuseppe Gibboni (insieme alla pianista Stefania Redaelli).
LA DIREZIONE ARTISTICA
Insomma il Maggio Musicale Fiorentino rischia di arenarsi nelle secche dell'insensatezza nardelliana
Nardella l'ha fatta grossa, credendosi Renzi, quando ha sfasciato in un un attimo ciò che faticosamente Chiarot e Luisi erano riusciti a costruire - niente di miracoloso, beninteso - in due anni di lavoro assieme.
Chiamando Nastasi come salvatore della situazione finanziaria pregressa del Maggio al momento in cui l'ex 'grande&grosso' direttore generale del MIBAC conta come il due a briscola, e non amministra più i soldi che ha sempre dato ai suoi amici e lesinato ai suoi nemici, o a quelli che riteneva tali. Ora Nastasi può fare solo danni, con la differenza non irrilevante che un tempo poteva coprirli con la sua attività di elemosiniere pubblico.
Si pensi soltanto a quel pateracchio che fece a Napoli, quando era commissario della fondazione lirica: la creazione da zero del Museo del Teatro San Carlo, per metterci a capo sua moglie, Giulia Minoli, in cerca di lavoro ( una fava, giulia minoli, ha accontentato i due piccioni rapprsentati da padre e marito; poi il lavoro con l'aiuto di paparino e del potente maritino l'ha trovato!, profittando delle crisi: ha creato una società che si chiama proprio così: Opportunità della crisi. E, almeno per Lei, è stato così, a cominciare dal terremoto aquilano che fece conoscere la ragazza e Nastasi).
Leggendo solo oggi l'articolo di una settimana fa di Tomaso Montanari sul Fatto e, ieri quello di Merlo su Repubblica, apprendiamo altri particolari. Montanari sostiene che, a questo punto anche Nastasi, per non finire travolto, pare non voglia più accettare l'incarico; e da Merlo apprendiamo che Nastasi voglia portarsi la Purchia, in scadenza a Napoli, sua protetta, ma invisa al sindaco De Magistris.
Ma avanza anche l'ipotesi che Muti addirittura, negli ultimi tempi non più a suo agio a Chicago, possa ristabilirsi a Firenze, da dove cominciò la sua carriera molti anni fa.
Può anche essere che Nastasi, se resta, si porti appresso la Purchia, ma lo sbarco di Muti a Firenze è cosa assai difficile.
Da quando ha lasciato la Scala, in Italia le cose non gli sono andate in nessuna circostanza per il verso giusto. Alla Scala ci è ritornato ma solo a capo della sua orchestra americana; a Roma, dopo tante promesse, ha abbandonato il campo con una lettera a Fuortes ( e fu la ragione per cui si ruppe il rapporto ultra decennale con Paolo Isotta che credeva di dover essere avvertito direttamente dal direttore, suo amico carissimo, e non attraverso il sovrintendente romano ( che, a detta di Isotta - ma questa è cronaca recente - si tinge anche i capelli!).
A proposito, infine, di Isotta - che anche noi conosciamo ed apprezziamo per la sua fedeltà!- ci ha meravigliato la durezza delle accuse rivolte all'operato di Chiarot, con il quale credevamo avesse un rapporto di stima ed amicizia reciproca. Tanto più che nel suo libro ' La virtù dell'elefante' ad un certo punto, scrivendo del ritorno di un'opera di Meyerbeer alla Fenice, ne attribuiva il merito al 'sovrintendente Chiarot, mio amico carissimo- testualmente.
Evidentemente anche Chiarot ( il quale, comunque, alla stregua di Nardella, si crede Francesco Siciliani, mentre non lo è, nè potrebbe mai esserlo) deve averla fatta grossa, se Isotta non l'ha lasciato passare.
Ora però il vero unico, grande problema è cosa potrebbe accadere al Maggio Musicale Fiorentino che sembrava risalire lentissimamente la china.
Chiamando Nastasi come salvatore della situazione finanziaria pregressa del Maggio al momento in cui l'ex 'grande&grosso' direttore generale del MIBAC conta come il due a briscola, e non amministra più i soldi che ha sempre dato ai suoi amici e lesinato ai suoi nemici, o a quelli che riteneva tali. Ora Nastasi può fare solo danni, con la differenza non irrilevante che un tempo poteva coprirli con la sua attività di elemosiniere pubblico.
Si pensi soltanto a quel pateracchio che fece a Napoli, quando era commissario della fondazione lirica: la creazione da zero del Museo del Teatro San Carlo, per metterci a capo sua moglie, Giulia Minoli, in cerca di lavoro ( una fava, giulia minoli, ha accontentato i due piccioni rapprsentati da padre e marito; poi il lavoro con l'aiuto di paparino e del potente maritino l'ha trovato!, profittando delle crisi: ha creato una società che si chiama proprio così: Opportunità della crisi. E, almeno per Lei, è stato così, a cominciare dal terremoto aquilano che fece conoscere la ragazza e Nastasi).
Leggendo solo oggi l'articolo di una settimana fa di Tomaso Montanari sul Fatto e, ieri quello di Merlo su Repubblica, apprendiamo altri particolari. Montanari sostiene che, a questo punto anche Nastasi, per non finire travolto, pare non voglia più accettare l'incarico; e da Merlo apprendiamo che Nastasi voglia portarsi la Purchia, in scadenza a Napoli, sua protetta, ma invisa al sindaco De Magistris.
Ma avanza anche l'ipotesi che Muti addirittura, negli ultimi tempi non più a suo agio a Chicago, possa ristabilirsi a Firenze, da dove cominciò la sua carriera molti anni fa.
Può anche essere che Nastasi, se resta, si porti appresso la Purchia, ma lo sbarco di Muti a Firenze è cosa assai difficile.
Da quando ha lasciato la Scala, in Italia le cose non gli sono andate in nessuna circostanza per il verso giusto. Alla Scala ci è ritornato ma solo a capo della sua orchestra americana; a Roma, dopo tante promesse, ha abbandonato il campo con una lettera a Fuortes ( e fu la ragione per cui si ruppe il rapporto ultra decennale con Paolo Isotta che credeva di dover essere avvertito direttamente dal direttore, suo amico carissimo, e non attraverso il sovrintendente romano ( che, a detta di Isotta - ma questa è cronaca recente - si tinge anche i capelli!).
A proposito, infine, di Isotta - che anche noi conosciamo ed apprezziamo per la sua fedeltà!- ci ha meravigliato la durezza delle accuse rivolte all'operato di Chiarot, con il quale credevamo avesse un rapporto di stima ed amicizia reciproca. Tanto più che nel suo libro ' La virtù dell'elefante' ad un certo punto, scrivendo del ritorno di un'opera di Meyerbeer alla Fenice, ne attribuiva il merito al 'sovrintendente Chiarot, mio amico carissimo- testualmente.
Evidentemente anche Chiarot ( il quale, comunque, alla stregua di Nardella, si crede Francesco Siciliani, mentre non lo è, nè potrebbe mai esserlo) deve averla fatta grossa, se Isotta non l'ha lasciato passare.
Ora però il vero unico, grande problema è cosa potrebbe accadere al Maggio Musicale Fiorentino che sembrava risalire lentissimamente la china.
martedì 23 luglio 2019
I Cinquestelle se la cantano e se la suonano, ma solo al fine di fare gli interessi degli italiani. Anche a loro, come a Salvini, le poltrone non interessano. I mandati da due possono diventare tre per servire per più tempo agli italiani
Un ulteriore mandato per non disperdere l’esperienza acquisita: il Movimento 5 Stelle rivede il limite delle due legislature e introduce il 'mandato zero'. Ad annunciarlo è il ministro del Lavoro Luigi Di Maio con un video postato sul blog delle Stelle in cui spiega il perché della modifica da votare sulla piattaforma Rousseau.
"Abbiamo deciso di introdurre il cosiddetto 'mandato zero', un mandato, il primo, che non si conta per la regola dei due mandati, è un mandato che non vale”, spiega il titolare del Mise. “Varrà solo e soltanto per i consiglieri comunali e municipali" non quindi per i sindaci "che gestiscono potere e la regola dei due mandati è nata per non far gestire troppo potere in mani di poche persone per troppo tempo”. Poi continua: ”Parliamo dei nostri eletti sul territorio, consiglieri comunali e di municipio, che portano avanti le battaglie spesso da soli, con decine di atti da studiare e da seguire”.
Epure appena sette mesi fa aveva annunciato a gran voce che la regola dei due mandati non era modificabile perché l'idea portata avanti dal Movimento delle origini è sempre stata quella di evitare che i 5 stelle possano diventare politici di professione e possano 'affezionarsi' alle poltrone, in primis del Parlamento. E lo aveva ribadito su Twitter:
— Luigi Di Maio (@luigidimaio) December 31, 2018
Come funziona nello specifico? E’ lo stesso Di Maio a spiegarlo: “Se tu vieni eletto consigliere comunale o di municipio al primo mandato e lo porti avanti tutto e poi decidi di ricandidarti e non diventi né presidente di municipio né sindaco, allora il tuo secondo mandato, quello precedente, cioè il mandato zero, non vale”.
Il principio vero - continua - è che tante persone, giustamente, decidono di non ricandidarsi la seconda volta al Consiglio comunale come sindaco, perché semplicemente pensano che magari avendo delle armate di sette, otto liste contro, hanno serie difficoltà a riuscire a diventare sindaci e quindi la loro esperienza che hanno maturato nel primo mandato vorrebbero portarla in Parlamento, in Consiglio regionale, e scelgono di non ricandidarsi. Ma ci sono alcuni coraggiosi che invece in questi anni ci hanno provato comunque, sempre e comunque, e queste persone come tutte quelle che verranno che si ricandideranno anche al secondo mandato e magari nel loro secondo mandato finiranno di nuovo in Consiglio comunale perché non ce l'hanno fatta a diventare sindaco, potranno ricandidarsi in altri livelli, in Regione o in Parlamento perché il mandato zero viene neutralizzato. Se invece ti ricandidi come sindaco e vieni rieletto sindaco, allora a quel punto quello è il tuo secondo mandato e lo fai da sindaco per cambiare la tua città in cinque anni anche grazie all'esperienza che hai maturato nel tuo primo mandato”.
Dunque Virginia Raggi e Chiara Appendino sono a fine carriera. No, perché la regola non vale per chi è diventato sindaco perché è una carica diversa che “porta a uno stipendio e una gestione del potere”. Le loro esperienze di consiglieri comunali d’opposizione (con Piero Fassino per Chiara Appendino e Ignazio Marino per Virginia Raggi) non sono cumulabili a quelle che stanno portando avanti adesso con la fascia tricolore al petto. Sicché per loro, precisa “Il Messaggero”, vale la regola del secondo mandato, ancora in auge per i parlamentari (compreso Di Maio).
Ma la revisione alla regola cardine dei 5 Stelle non convince né la rete né la stampa. Il video è diventato bersaglio sui social, con gli utenti che in parte ironizzano sul “Mandato con zero calorie” e in parte accusano il Movimento di incoerenza.
“Le regole dei pentastellati si stanno trasformando in una sorta di boomerang. Con forza le avevano varate all'inizio del loro percorso politico e di fatto ora con imbarazzo tentano di ribaltarle”, commenta Il Giornale.
“Nessuno viola lo statuto viene solo modificata l’aritmetica”, scrive sarcastico Sebastiano Messina su Repubblica. “Illuminante la motivazione: valgono solo i mandati in cui si gestisce potere. Annotiamocela, perché per adesso il "mandato zero" si applicherà solo ai consiglieri comunali, ma domani - potete contarci - una votazione su Rousseau lo estenderà anche ai parlamentari. Per i quali ovviamente non varrà la legislatura passata lontano dal potere, anzi contro, all'opposizione. E se poi dovessero uscire dal governo, e dal palazzo del potere, allora magari sarà ammessa anche un'altra legislatura: il "mandato doppio zero".
"Abbiamo deciso di introdurre il cosiddetto 'mandato zero', un mandato, il primo, che non si conta per la regola dei due mandati, è un mandato che non vale”, spiega il titolare del Mise. “Varrà solo e soltanto per i consiglieri comunali e municipali" non quindi per i sindaci "che gestiscono potere e la regola dei due mandati è nata per non far gestire troppo potere in mani di poche persone per troppo tempo”. Poi continua: ”Parliamo dei nostri eletti sul territorio, consiglieri comunali e di municipio, che portano avanti le battaglie spesso da soli, con decine di atti da studiare e da seguire”.
Epure appena sette mesi fa aveva annunciato a gran voce che la regola dei due mandati non era modificabile perché l'idea portata avanti dal Movimento delle origini è sempre stata quella di evitare che i 5 stelle possano diventare politici di professione e possano 'affezionarsi' alle poltrone, in primis del Parlamento. E lo aveva ribadito su Twitter:
— Luigi Di Maio (@luigidimaio) December 31, 2018
Come funziona nello specifico? E’ lo stesso Di Maio a spiegarlo: “Se tu vieni eletto consigliere comunale o di municipio al primo mandato e lo porti avanti tutto e poi decidi di ricandidarti e non diventi né presidente di municipio né sindaco, allora il tuo secondo mandato, quello precedente, cioè il mandato zero, non vale”.
Il principio vero - continua - è che tante persone, giustamente, decidono di non ricandidarsi la seconda volta al Consiglio comunale come sindaco, perché semplicemente pensano che magari avendo delle armate di sette, otto liste contro, hanno serie difficoltà a riuscire a diventare sindaci e quindi la loro esperienza che hanno maturato nel primo mandato vorrebbero portarla in Parlamento, in Consiglio regionale, e scelgono di non ricandidarsi. Ma ci sono alcuni coraggiosi che invece in questi anni ci hanno provato comunque, sempre e comunque, e queste persone come tutte quelle che verranno che si ricandideranno anche al secondo mandato e magari nel loro secondo mandato finiranno di nuovo in Consiglio comunale perché non ce l'hanno fatta a diventare sindaco, potranno ricandidarsi in altri livelli, in Regione o in Parlamento perché il mandato zero viene neutralizzato. Se invece ti ricandidi come sindaco e vieni rieletto sindaco, allora a quel punto quello è il tuo secondo mandato e lo fai da sindaco per cambiare la tua città in cinque anni anche grazie all'esperienza che hai maturato nel tuo primo mandato”.
Dunque Virginia Raggi e Chiara Appendino sono a fine carriera. No, perché la regola non vale per chi è diventato sindaco perché è una carica diversa che “porta a uno stipendio e una gestione del potere”. Le loro esperienze di consiglieri comunali d’opposizione (con Piero Fassino per Chiara Appendino e Ignazio Marino per Virginia Raggi) non sono cumulabili a quelle che stanno portando avanti adesso con la fascia tricolore al petto. Sicché per loro, precisa “Il Messaggero”, vale la regola del secondo mandato, ancora in auge per i parlamentari (compreso Di Maio).
Ma la revisione alla regola cardine dei 5 Stelle non convince né la rete né la stampa. Il video è diventato bersaglio sui social, con gli utenti che in parte ironizzano sul “Mandato con zero calorie” e in parte accusano il Movimento di incoerenza.
“Le regole dei pentastellati si stanno trasformando in una sorta di boomerang. Con forza le avevano varate all'inizio del loro percorso politico e di fatto ora con imbarazzo tentano di ribaltarle”, commenta Il Giornale.
“Nessuno viola lo statuto viene solo modificata l’aritmetica”, scrive sarcastico Sebastiano Messina su Repubblica. “Illuminante la motivazione: valgono solo i mandati in cui si gestisce potere. Annotiamocela, perché per adesso il "mandato zero" si applicherà solo ai consiglieri comunali, ma domani - potete contarci - una votazione su Rousseau lo estenderà anche ai parlamentari. Per i quali ovviamente non varrà la legislatura passata lontano dal potere, anzi contro, all'opposizione. E se poi dovessero uscire dal governo, e dal palazzo del potere, allora magari sarà ammessa anche un'altra legislatura: il "mandato doppio zero".
Macron vs Salvini: lotta fra giganti n. 2
Durante l'incontro sulla questione 'migranti' il presidente francese ha attaccato l'Italia per l'assenza di Salvini: "Non si guadagna mai nulla non partecipando".
Pronta la risposta del ministro dell'Interno italiano: "L'Italia ha rialzato la testa, non prende ordini e non fa la dama di compagnia: se Macron vuole discutere di immigrati venga pure a Roma".
Pronta la risposta del ministro dell'Interno italiano: "L'Italia ha rialzato la testa, non prende ordini e non fa la dama di compagnia: se Macron vuole discutere di immigrati venga pure a Roma".
lunedì 22 luglio 2019
Salvini vs Toninelli: lotta fra giganti
Salvini attacca il ministro delle Infrastrutture Toninelli: "Ci sono troppe infrastrutture bloccate dal ministero dei Trasporti. Il Mit deve aiutare la gente a viaggiare e non bloccare porti, aeroporti, ferrovie, tunnel, autostrade. Il vero problema è il blocco di centinaia di opere pubbliche". E critica Toninelli che replica: "Dire che io sono il ministro dei blocchi stradali è come dire che Salvini è un ministro che non blocca le Ong".
A FUOCO LO STUDIO DA DOVE MENTANA TRSMETTE IL TG DEL LA7
Momenti di tensione negli studi di La7 dove va in onda il tg condotto da Enrico Mentana. Probabilmente per un guasto tecnico, all'interno dello studio si sono sviluppate fiamme che hanno reso impossibile il proseguimento della diretta dello stesso tg delle 20:00. Il direttore di tg La7 ha mandato la pubblicità che è durata almeno 10 minuti abbondanti. Il momento in cui di fatto è saltata la diretta è stato quando Mentana ha lanciato il collegamento con Milena Gabanelli per il consueto appuntamento con "Data Room".
SIRI nei guai sino al collo. Salvini ha corretto il suo manifesto: PRIMA LA LEGA, poi Gli ITALIANI. Anzi CHISSENEFREGA
"Un po' i politici li conosciamo ma sono come le banche, li devi usare! E ogni volta che li usi, paghi, basta! Non c'è l'amico politico, non c'è l'amicizia in politica". E' quanto afferma Paolo Arata, indagato per corruzione, in un'intercettazione, parlando con un imprenditore. Gli inquirenti scrivono negli atti che Arata "pur non facendo esplicito riferimento alla tangente ma recando riferimento a Siri, esternava l'eloquente considerazione".
Arata intercettato: "Nel dl rinnovabili faccio mettere ciò che voglio" - "Ci mettiamo mano al 100% al decreto sulle rinnovabili, l'ho fatto bloccare. atemi qualche idea di cosa volete che venga messo dentro... E facciamo mettere quello che vogliamo": così Arata, ex consulente della Lega per l'energia, parlava con il figlio nel maggio del 2018 secondo quanto riportato dagli inquirenti.
L'imprenditore, "forte della provata disponibilità di Siri, che gli aveva consentito di bloccare il cosiddetto decreto Calenda e fiducioso nel fatto che lo stesso senatore avrebbe a breve ricoperto un rilevante incarico di governo, diceva al figlio che grazie a Siri, appunto, avrebbero avuto la possibilità di far inserire nel prossimo decreto sulle rinnovabili norme di favore rispetto ai loro investimenti siciliani in quel settore come detto condivisi con il noto Vito Nicastri", scrivono gli investigatori.
Gli inquirenti: "Arata sponsorizzò Siri con Gianni Letta e card. Burke" - Arata, si legge poi nell'informativa della Dia di Trapani depositata a Roma in vista dell'incidente probatorio in programma per giovedì 25, si mosse per Siri, "affinché quest'ultimo ottenesse un incarico di governo". Arata, secondo quanto scrivono gli inquirenti nell'informativa, disse "al figlio di avere 'sponsorizzato' tramite Gianni Letta, Siri a Silvio Berlusconi che lo aveva addirittura chiamato".
Già dal mese di aprile, si legge a pagina 87 dell'informativa depositata in vista dell'incidente probatorio, Arata "spingeva" la candidatura di Siri per un importante incarico governativo. A tal fine oltre ad interessare ripetutamente Gianni Letta, Arata ricorreva all'aiuto del cardinale Raymond Leo Burke, importante esponente della Chiesa cattolica" e, il 6 aprile del 2018, al telefono con il cardinale, "auspicava un intervento dell'alto prelato direttamente su Giancarlo Giorgetti in favore di Siri", scrive chi indaga.
"Chiese e ottenne si parlasse di biometano nel contratto di governo" - "Arata si rivolse a Siri chiedendo ed ottenendo che nel contratto di governo tra Lega e 5 Stelle si parlasse di biometano, onde poter utilizzare tale argomento a proprio favore", si legge a pagina 39 dell'informativa della Dia di Trapani sull'inchiesta legata al minieolico nella quale l'imprenditore e l'ex sottosegretario leghista Siri sono indagati per corruzione. Negli atti depositati viene allegata la pagina del contratto di Governo Lega-M5s in cui si fa riferimento al biometano.
Di Maio: "Arata tentò di sabotare il M5S" - Dalle intercettazioni si evince anche che "c'è stato un momento in cui mentre si formava il governo qualcuno come Arata ha dichiarato di volermi controllare nominando un sottosegretario agli Esteri dove si pensava andassi. E' un fatto gravissimo". La denuncia è del vicepremeir Luigi Di Maio. "Se qualcuno, esterno al governo, ha provato a manipolare le scelte dell'esecutivo mi aspetto - e lo chiederò alla magistratura - la massima chiarezza. Se qualcuno ha provato a controllare o sabotare l'azione del M5S al governo pretendiamo la massima chiarezza", ha aggiunto.
La pensione INPG/1 può cumularsi con redditi da lavoro autonomo e collaborazioni giornalistiche. Sentenza della Cassazione ( dal blog di Franco Abruzzo)
Clamoroso quanto inatteso verdetto della Cassazione: é legittimo cumulare senza alcun "tetto" la pensione INPGI/1 con collaborazioni giornalistiche e redditi di lavoro autonomo. Di conseguenza i giornalisti già lavoratori subordinati, titolari di pensioni di anzianità INPGI 1, potrebbero collaborare per oltre 22 mila euro lordi l'anno senza più vedersi decurtata la pensione. Potrebbero essere questi gli effetti della sentenza n. 19573 del 19 luglio 2019 emessa a sorpresa dalla sezione Lavoro della Cassazione, presieduta da Antonio Manna, nonostante il parere favorevole all'INPGI espresso dal Sostituto Procuratore generale della Suprema Corte Paola Mastroberardino, cliccare su http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20190719/snciv@sL0@a2019@n19573@tS.clean.pdf (vedere anche il testo integrale riportato qui sotto in calce).
In questo caso l'uso del condizionale é, però, d'obbligo perché questa decisione capovolge un orientamento giurisprudenziale della stessa Cassazione ormai consolidato da anni e intacca quindi la certezza del diritto, rimettendo in discussione il ruolo stesso che istituzionalmente la Suprema Corte dovrebbe svolgere per legge.
E', insomma, una pronuncia destinata a scatenare una bufera di polemiche dentro e fuori il "Palazzaccio" di piazza Cavour perché potrebbe danneggiare pesantemente non solo l'INPGI 1, ma anche molti giovani giornalisti in cerca di un lavoro stabile e duraturo nel tempo. Pertanto non si esclude che l'INPGI 1 possa chiedere, ai sensi dell'art. 391 bis del codice di procedura civile, la revocazione della sentenza e parallelamente presentare istanza al Primo Presidente Giovanni Mammone di trasmettere gli atti alle Sezioni Unite civili della Cassazione, essendo pendenti al "Palazzaccio" una dozzina di analoghi ricorsi in materia. E' quindi necessario e urgente fare al più presto e una volta per tutte chiarezza sulla delicata questione. Ma potrebbero persino occuparsene anche il Consiglio Superiore della Magistratura per il mancato rispetto di norme procedurali e il Parlamento per i possibili devastanti effetti sulle casse dell'INPGI 1.
Riepiloghiamo i fatti. Sette anni fa la Cassazione, con sentenza n. 1098 del 26 gennaio 2012, dette per la prima volta via libera al cumulo senza vincoli tra la pensione di anzianità INPGI 1 e redditi di lavoro autonomo, sostenendo l'applicabilità della stessa disciplina prevista per gli iscritti all'Assicurazione Generale Obbligatoria facente capo all'INPS, "in quanto l'INPGI gestisce, per espresso disposto dell'art. 76 della legge n. 388 del 2000, una forma di assicurazione sostitutiva di quella garantita dall'INPS, mentre gli artt. 72, comma 1, legge citata e 44, comma 1, legge 27 dicembre 2002 n. 289, poi seguiti dall'art. 19 decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, come convertito con legge 6 agosto 2008 n. 133, parificano il trattamento pensionistico a carico dell'A.G.O. - Assicurazione Generale Obbligatoria - a quelli a carico delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative, della stessa". Di conseguenza "doveva essere disapplicato l'art. 15 del Regolamento INPGI che disciplina la materia del cumulo di reddito da lavoro e trattamento pensionistico in modo diverso da quanto previsto nel regime relativo all'A.G.O. - Assicurazione Generale Obbligatoria".
Ma tre anni dopo la Suprema Corte cambiò linea con la nota sentenza delle Sezioni Unite Civili n. 17589 del 4 settembre 2015 che, occupandosi della possibile permanenza al lavoro dei giornalisti dopo il compimento dei 65 anni anni e fino al limite di 70 anni di età, affermarono il principio secondo cui tra le forme esclusive e sostitutive dell'A.G.O. - Assicurazione Generale Obbligatoria - non rientrasse alcuno degli enti previdenziali privatizzati come l'INPGI 1 e di conseguenza tali enti, nell'ambito della propria autonomia, potevano legittimamente discostarsi dalle regole previste per la generalità del sistema".
Questa sentenza delle Sezioni Unite era stata finora seguita pedissequamente da numerose altre sentenze della Cassazione (le nn. 1850 del 2016, 6384 del 2016, 6776 del 2017, 20089 del 2018 e 20458 del 2018) che avevano sempre escluso la possibilità per i giornalisti lavoratori subordinati di restare in servizio oltre il limite di età di 65 anni. Ma era stata anche applicata dalle sentenze della sezione Lavoro n. 8067 del 21 aprile 2016 e 12671 del 20 giugno 2016 che, bocciando le tesi svolte nella prima sentenza n. 1098 del 2012, avevano invece confermato il divieto di cumulo tra la pensione INPGI 1 e le collaborazioni giornalistiche superiori ai 22 mila euro lordi l'anno previsto dall'art. 15 del Regolamento INPGI 1. A loro volta le ultime due sentenze della Cassazione del 2016 (n. 8067 e 12671) favorevoli all'INPGI erano state poi seguite dalle Corti d’Appello di Roma, Milano, Torino, Bologna e Genova che avevano dato anch'esse ragione all'Istituto.
Come un fulmine a ciel sereno é giunta, invece, la sentenza n. 19573 del 19 luglio scorso, che respinge definitivamente il ricorso dell'INPGI contro la decisione della Corte d'appello di Genova favorevole ad un giornalista che aveva cumulato la sua pensione di anzianità con redditi di lavoro. Nella motivazione di appena 6 pagine, redatte dal consigliere Nicola De Marinis, la Cassazione dichiara di condividere le conclusioni della prima sentenza n. 1098 del 2012, ma non le due successive n. 8067 e 12671 del 2016, che si richiamavano alla decisione delle Sezioni Unite Civili n. 17589 del 2015 - dalle quali si discosta "in consapevole contrasto "- che si richiamavano alla decisione delle Sezioni Unite Civili n. 17589 del 2015.
Non si può tuttavia fare a meno di rilevare che le conclusioni cui é giunta ora la Cassazione rimettono di fatto in discussione la certezza del diritto su cui si basa un sistema democratico come il nostro, cioé il rigoroso rispetto dell'art. 65 della legge fondamentale sull'ordinamento giudiziario del 30 gennaio 1941 n. 12, che impone ai supremi giudici del "Palazzaccio" di assicurare "l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni".
E, proprio per evitare decisioni ondivaghe come questa, l'art. 374 del codice di procedura civile avrebbe imposto alla Sezione Lavoro di non decidere nel merito del divieto di cumulo tra la pensione INPGI 1 e collaborazioni giornalistiche superiori ai 22 mila euro lordi l'anno, ma di soprassedere, trasmettendo gli atti al Primo Presidente della stessa Cassazione per un'eventuale invio alle Sezioni Unite Civili, come é avvenuto in centinaia di analoghi casi di contrasto giurisprudenziale.
Altrimenti non sarebbero, forse, incostituzionali - per possibile contrasto con gli articoli 3, 24, 101, 108 e 111 della Costituzione - sia l'articolo 391 bis del codice di procedura civile, nella parte in cui non include tra i motivi di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione l'error in procedendo costituito dalla violazione dell'art. 374 comma 3 del codice di procedura civile e dell'art. 65 R.D. n. 121 del 1941, sia l'articolo 374 comma 3 del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede un rimedio esperibile contro le sentenze della Corte di Cassazione adottate in violazione del disposto del ridetto comma 3 dell'art. 374 del codice di procedura civile? xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx
Cassazione Sezione lavoro sentenza n. 19573 del 19 luglio 2019 (Presidente Antonio MANNA, relatore Nicola De Marinis)
Se dissenti da Toninelli vai a casa. Non importa se sei un tecnico e sei stato chiamato da 'macchietta toninelli'.-
È stato licenziato dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti Pierluigi Coppola, uno degli esperti della commissione per l'analisi costi-benefici sulla Tav, l'unico, per la precisione, a essersi dissociato dall'esito negativo della valutazione.
L'ANNUNCIO DEL LICENZIAMENTO ATTRAVERSO UNA MAIL
La notizia ha trovato direttamente conferma dal Mit, dopo quanto anticipato dal Messaggero. Coppola, ha scritto il quotidiano romano, è stato licenziato con una mail, una semplice Pec firmata dal ministro Danilo Toninelli. Coppola, hanno fatto sapere dal Mit, «ha violato la riservatezza rilasciando interviste non autorizzate e soprattutto resta un'ombra su di lui, in merito al falso contro-dossier con numeri sballati sull'analisi costi-benefici Tav che gli è stato attribuito sulla stampa e di cui poi lui ha smentito la paternità. Senza però chiedere rettifica ai giornali che glielo attribuivano». Secondo il quotidiano, sarebbe in bilico anche il presidente della commissione Marco Ponti, in scadenza a settembre.
LE CRITICHE DI SALVINI ALLA DECISIONE
Una decisione niente affatto gradita a Matteo Salvini, già protagonista in giornata di altre schermaglie col collega pentastellato. «Mi sembra che gli italiani abbiano chiesto più 'sì'», ha detto Salvini. «Se l'unico atto del ministro Toninelli sulla Tav è licenziare l'unico professore a favore, non mi sembra che ci siamo proprio».
L'ANNUNCIO DEL LICENZIAMENTO ATTRAVERSO UNA MAIL
La notizia ha trovato direttamente conferma dal Mit, dopo quanto anticipato dal Messaggero. Coppola, ha scritto il quotidiano romano, è stato licenziato con una mail, una semplice Pec firmata dal ministro Danilo Toninelli. Coppola, hanno fatto sapere dal Mit, «ha violato la riservatezza rilasciando interviste non autorizzate e soprattutto resta un'ombra su di lui, in merito al falso contro-dossier con numeri sballati sull'analisi costi-benefici Tav che gli è stato attribuito sulla stampa e di cui poi lui ha smentito la paternità. Senza però chiedere rettifica ai giornali che glielo attribuivano». Secondo il quotidiano, sarebbe in bilico anche il presidente della commissione Marco Ponti, in scadenza a settembre.
LE CRITICHE DI SALVINI ALLA DECISIONE
Una decisione niente affatto gradita a Matteo Salvini, già protagonista in giornata di altre schermaglie col collega pentastellato. «Mi sembra che gli italiani abbiano chiesto più 'sì'», ha detto Salvini. «Se l'unico atto del ministro Toninelli sulla Tav è licenziare l'unico professore a favore, non mi sembra che ci siamo proprio».
C'è ancora qualcuno che crede al ministro 'della propaganda' e 'della paura'? La lega non è attaccata alle poltrone! Vi è incollata e non le bastano mai! Infine, lasci stare i figli, poveretti, che non hanno colpa alcuna per avere un padre come lui!
Siamo al governo solo e soltanto per fare le cose importanti. Se non riusciamo andremo avanti da soli, ma non ci fermiamo. Abbiamo aspettato anche troppo". Lo ha dichiarato il vicepremier Matteo Salvini, aggiungendo: "Chi in Europa sta con il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel, in Italia non può stare con la Lega".
La querelle con Di Maio - Il ministro dell'Interno ha sottolineato di ritenere l'alleato di governo Luigi Di Maio "coerente e gran lavoratore. Però devo dire che negli ultimi mesi qualcosa è cambiato. Non mi spaventano le offese alla mia persona ma mi spaventano i continui no".
"La Lega non è attaccata alle poltrone" - "O da adesso arrivano tanti sì o altrimenti noi non abbiamo tempo da perdere. La Lega non è nata per rimanere attaccata alle poltrone", ha affermato ancora Salvini. "Non accetterò più un minuto di stare al governo con chi dice no. Qualunque decisione prenderò, la prenderò per i miei figli".
La querelle con Di Maio - Il ministro dell'Interno ha sottolineato di ritenere l'alleato di governo Luigi Di Maio "coerente e gran lavoratore. Però devo dire che negli ultimi mesi qualcosa è cambiato. Non mi spaventano le offese alla mia persona ma mi spaventano i continui no".
"La Lega non è attaccata alle poltrone" - "O da adesso arrivano tanti sì o altrimenti noi non abbiamo tempo da perdere. La Lega non è nata per rimanere attaccata alle poltrone", ha affermato ancora Salvini. "Non accetterò più un minuto di stare al governo con chi dice no. Qualunque decisione prenderò, la prenderò per i miei figli".
Pappano e Piovano al Terminal 3 di Fiumicino. Ci torna in mente l'adagio evangelico: le perle date ai... senza nessuna allusione al pubblico occasionale, quanto piuttosto alle circostanze
Il Corriere della sera - nelle pagine romane - dava ampio risalto alla presenza di Pappano che, in partenza per Londra - immaginiamo - in duo con il violoncellista ceciliano, Piovano, suonava 'musica classica'- come annotava diligentemente la giornalista, a scanso di equivoci.
Lo 'sposalizio' di Santa Cecilia non è l'unico di questi matrimoni combinati e contro natura. Ha celebrato il suo anche il Regio di Torino con Caselle e addirittura La Scala che negli anni passati ha portato il melodramma in aeroporto - con i soldi di Mapei, Squinzi per intenderci. Pereira, con tale esperimento milanese, ripeteva ciò che aveva già fatto durante i suoi anni a Zurigo, ma alla stazione ferroviaria.
la cronista riferisce anche che i viaggiatori in transito, incuriositi, si fermavano a vedere ed ascoltare un celebre direttore al pianoforte. E forse anche a domandarsi: che ci fa Pappano, qui in aeroporto, come un musicista di strada qualunque? Sarebbe meglio che suonasse in una sala e non nel rumoroso viavai di un aeroporto.
Il fatto è che, quand'anche dovessero ripensarci vista l'idiozia e l'assoluta inutilità della iniziativa, ci metteranno del tempo prima di cancellarla, per non sconfessare se stessi.
Ma perché non dedicano il tempo che ci si mette a pensare simili idiozie e quello per suonare in aeroporto, a cause migliori ed a più alti pensieri?
Lo 'sposalizio' di Santa Cecilia non è l'unico di questi matrimoni combinati e contro natura. Ha celebrato il suo anche il Regio di Torino con Caselle e addirittura La Scala che negli anni passati ha portato il melodramma in aeroporto - con i soldi di Mapei, Squinzi per intenderci. Pereira, con tale esperimento milanese, ripeteva ciò che aveva già fatto durante i suoi anni a Zurigo, ma alla stazione ferroviaria.
la cronista riferisce anche che i viaggiatori in transito, incuriositi, si fermavano a vedere ed ascoltare un celebre direttore al pianoforte. E forse anche a domandarsi: che ci fa Pappano, qui in aeroporto, come un musicista di strada qualunque? Sarebbe meglio che suonasse in una sala e non nel rumoroso viavai di un aeroporto.
Il fatto è che, quand'anche dovessero ripensarci vista l'idiozia e l'assoluta inutilità della iniziativa, ci metteranno del tempo prima di cancellarla, per non sconfessare se stessi.
Ma perché non dedicano il tempo che ci si mette a pensare simili idiozie e quello per suonare in aeroporto, a cause migliori ed a più alti pensieri?
Fico: l'Autonomia non può dividere il Paese e, comunque, deve passare in Parlamento
“L’Autonomia non può dividere il paese, né può lasciare il sud nella condizione, anche economica, in cui si trova. Ma deve essere un’Autonomia che dà qualche potere in piu’ alle regioni. Ma l’Italia è unita, una e indivisibile e bisogna lavorare e coordinarsi insieme. Qualsiasi sia l’intesa, l’intesa passerà in parlamento”.
Così il presidente della Camera Roberto Fico - in visita nell’Istituto penale minorile di Nisida, a Napoli - dopo le durissime reazioni dei governatori di Lombardia e Veneto, Fontana e Zaia, torna su un tema a lui caro. E ribadisce la centralità della coesione nazionale, mettendo in guardia dai rischi connessi ad una ipotesi di Autonomia che sarebbe, così come la tratteggiano Veneto e Lombardia, lesiva dell’equilibrio tra risorse distribuite tra nord e sud. Un pericolo ormai esplicitamente indicato anche dal Presidente del Consiglio Conte.
Il presidente Fico manda un messaggio anche al governatore campano De Luca sul tema Navigator. “Il tema è di competenza regionale, ma è un passaggio da fare ovviamente. Si tratta del secondo step, e va fatto ovviamente, bisogna procedere con le assunzioni”.
La terza carica dello Stato è impegnata da tempo sul tema della devianza minorile e della riqualificazione sociale. Un percorso che oggi lo porta nel carcere minorile napoletano che da anni attua percorsi formativi importanti e prova a tracciare via di inserimento per i ragazzi del circuito penale .
Tentativi spesso isolati. “A Nisida si fa un lavoro eccellente - sottolinea Fico - il cui valore è riconosciuto da molto tempo. La repressione è importante ma non basta, lo sappiamo. Quando lo Stato arriva, con i provvedimenti repressivi, con l’arresto dei camorristi, bisogna poi affiancare tutto questo con la scuola, le istituzioni, la rigenerazione urbana, gli assistenti sociali, la formazione, i finanziamenti. Bisogna assolutamente arrivare insieme a riempire quel vuoto. Altrimenti siamo punto e a capo“.
Così il presidente della Camera Roberto Fico - in visita nell’Istituto penale minorile di Nisida, a Napoli - dopo le durissime reazioni dei governatori di Lombardia e Veneto, Fontana e Zaia, torna su un tema a lui caro. E ribadisce la centralità della coesione nazionale, mettendo in guardia dai rischi connessi ad una ipotesi di Autonomia che sarebbe, così come la tratteggiano Veneto e Lombardia, lesiva dell’equilibrio tra risorse distribuite tra nord e sud. Un pericolo ormai esplicitamente indicato anche dal Presidente del Consiglio Conte.
Il presidente Fico manda un messaggio anche al governatore campano De Luca sul tema Navigator. “Il tema è di competenza regionale, ma è un passaggio da fare ovviamente. Si tratta del secondo step, e va fatto ovviamente, bisogna procedere con le assunzioni”.
La terza carica dello Stato è impegnata da tempo sul tema della devianza minorile e della riqualificazione sociale. Un percorso che oggi lo porta nel carcere minorile napoletano che da anni attua percorsi formativi importanti e prova a tracciare via di inserimento per i ragazzi del circuito penale .
Tentativi spesso isolati. “A Nisida si fa un lavoro eccellente - sottolinea Fico - il cui valore è riconosciuto da molto tempo. La repressione è importante ma non basta, lo sappiamo. Quando lo Stato arriva, con i provvedimenti repressivi, con l’arresto dei camorristi, bisogna poi affiancare tutto questo con la scuola, le istituzioni, la rigenerazione urbana, gli assistenti sociali, la formazione, i finanziamenti. Bisogna assolutamente arrivare insieme a riempire quel vuoto. Altrimenti siamo punto e a capo“.
Di Maio:orgogliosamente doversi dal PD, siamo più in sintonia con la Lega e la destra (AGI)
Noi siamo orgogliosamente diversi da certe forze politiche che non hanno avuto il coraggio di prendere una posizione ben precisa dopo lo scandalo sugli affidi dei minori di Bibbiano e che vedono propri esponenti coinvolti in questa drammatica vicenda". Luigi Di Maio risponde - con un netta chiusura - a stretto giro di social ai segnali che arrivano dal Pd.
"I media ogni giorno provano ad accostarci alle altre forze politiche. Ormai è diventato l'hobby di molti commentatori e pseudo analisti politici. Perché lo fanno? Per mettere zizzania. Ci provocano in tutti i modi, ma forse non hanno ancora capito una cosa: noi siamo orgogliosamente DIVERSI da tutti gli altri. E lo abbiamo dimostrato in questi anni con i fatti", rivendica su Facebook.
Ultimamente i giornali non fanno altro che scrivere di un'alleanza tra Pd e Movimento in procinto di decollare. A giorni alterni anche esponenti di spessore del Partito democratico provano ad aprire al Movimento, ad esempio oggi lo fa - chiarisce - Dario Franceschini con un'intervista rilasciata al Corriere. Quanta fantasia!".
"Noi siamo orgogliosamente diversi - prosegue il capo politico M5s - da certe forze politiche che quando hanno avuto la possibilità di governare invece di tutelare il nostro Paese hanno pensato bene di svenderlo all'Europa e di portare avanti politiche d'austerità che hanno prodotto povertà e disoccupazione". "Noi - incalza - siamo orgogliosamente diversi da certe forze politiche che invece di risolvere il problema dei migranti hanno fatto business tramite false cooperative".
"Lo ribadiamo ancora una volta: noi siamo orgogliosamente diversi dal Pd - ripete ancora Di Maio - a e non vogliamo avere nulla a che fare con un partito che invece di supportare la nostra battaglia di civiltà nei confronti dei cittadini, ha saputo criticare il reddito di cittadinanza e oggi sta facendo le barricate contro il salario minimo. Noi siamo profondamente diversi da questi individui che hanno tradito la fiducia degli italiani!".
"I media ogni giorno provano ad accostarci alle altre forze politiche. Ormai è diventato l'hobby di molti commentatori e pseudo analisti politici. Perché lo fanno? Per mettere zizzania. Ci provocano in tutti i modi, ma forse non hanno ancora capito una cosa: noi siamo orgogliosamente DIVERSI da tutti gli altri. E lo abbiamo dimostrato in questi anni con i fatti", rivendica su Facebook.
Ultimamente i giornali non fanno altro che scrivere di un'alleanza tra Pd e Movimento in procinto di decollare. A giorni alterni anche esponenti di spessore del Partito democratico provano ad aprire al Movimento, ad esempio oggi lo fa - chiarisce - Dario Franceschini con un'intervista rilasciata al Corriere. Quanta fantasia!".
"Noi siamo orgogliosamente diversi - prosegue il capo politico M5s - da certe forze politiche che quando hanno avuto la possibilità di governare invece di tutelare il nostro Paese hanno pensato bene di svenderlo all'Europa e di portare avanti politiche d'austerità che hanno prodotto povertà e disoccupazione". "Noi - incalza - siamo orgogliosamente diversi da certe forze politiche che invece di risolvere il problema dei migranti hanno fatto business tramite false cooperative".
"Lo ribadiamo ancora una volta: noi siamo orgogliosamente diversi dal Pd - ripete ancora Di Maio - a e non vogliamo avere nulla a che fare con un partito che invece di supportare la nostra battaglia di civiltà nei confronti dei cittadini, ha saputo criticare il reddito di cittadinanza e oggi sta facendo le barricate contro il salario minimo. Noi siamo profondamente diversi da questi individui che hanno tradito la fiducia degli italiani!".
Il Museo ed il Servizio Geologico Nazionale di Roma sfrattati per far posto ad un Fondo Nazionale Innovazione. Che se ne fa la coppia Salvini -Di Maio di Musei e memorie della nostra storia? Meglio creare uffici dove imbucare i fedeli servitori, poi elettori
Cento fra scienziati, geologi, urbanisti, scrittori, storici dell’arte, archeologi, ricercatori, restauratori, Associazioni per la tutela, chiedono ai ministri Bonisoli e Costa di scongiurare una nuova vergogna culturale nazionale ripristinando questo grande Polo della Scienza nelle casse da decenni ormai.
Un altro schiaffo alla Cultura e alla Scienza, e non soltanto a quella romana: il bel Palazzo Canevari, in Largo di Santa Susanna, sede storica del Museo e del Servizio Geologico Nazionale, perfettamente restaurato e rafforzato, è tornato in mano pubblica, dopo una grottesca e infelice, per fortuna, “cartolarizzazione” (2003) . Ma, invece di venire restituito, con le formidabili dotazioni, alle proprie storiche funzioni, è stato dal governo assegnato a un neonato Fondo Nazionale Innovazione che potrebbe venire collocato in una delle tante sedi pubbliche disponibili e che comunque occuperà, molto probabilmente, una parte minima del Palazzo liberty voluto da Quintino Sella.
Fu proprio il ministro regista della Terza Roma, mineralogista, a volere questa città quale “capitale della Scienza e della Cultura” e il Museo Geologico Nazionale con la sua ricchissima dotazione di reperti, volumi e cartografie costituì uno dei pilastri di valore internazionale, con la rinnovata Accademia dei Lincei (presidente lo stesso Sella), con la Sapienza, con altre istituzioni, di quella illuminata e universale concezione. E lo è stato fino alla sciagurata privatizzazione dell’edificio a fini di lucro, fino a quando il Museo non è finito, decenni fa, in un’autorimessa dell’Eur imballato e incassato. Una vergogna per lo Stato italiano. Un’offesa per Quintino Sella e per tutta Roma. Per quanti come Antonio Cederna si batterono instancabili per il ripristino e la valorizzazione di quel Polo culturale scientifico.
Noi chiediamo con forza che il ministro per i Beni Culturali, Alberto Bonisoli, e quello dell’Ambiente, Sergio Costa, intervengano immediatamente affinché il Museo Geologico Nazionale torni nella propria storica sede costituendo così uno dei Poli essenziali della Città della Scienza e valorizzando anche gli importanti ritrovamenti archeologici del VI secolo a.C. alla sua base, e attendiamo in tal senso pronte e fondate rassicurazioni.
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