Oggi comincia il count down per il sottosegretario Siri verso il Consiglio dei ministri di mercoledì che dovrà decidere della sua sorte. E inizia anche la settimana di passione per il governo. Sempre più nervoso, litigioso, in un alzarsi dei toni verbali tra botta e risposta poco eleganti e uno scadimento generale del linguaggio, in un precipitoso “ritorno al machismo” delle parole come osserva il Corriere in un’analisi del crescente turpiloquio.
Ma alla vigilia del Cdm, il sottosegretario già sotto accusa per presunta corruzione sull’eolico, si viene improvvisamente a trovare al centro di un “ultimo mistero” come ci informa Il Fatto in apertura della prima pagina: “Acquista un palazzo con soldi da S. Marino”. Si tratterebbe di “un mutuo da 585 mila euro senza garanzie per una palazzina (comprata a gennaio) di 2 piani con 7 appartamenti, negozio, laboratorio e cantine”. E proprio “la provenienza dall’ex paradiso fiscale (con tasse agevolate) induce il notaio a segnalare un ‘sospetto riciclaggio’ alla Uif di Bankitalia, scrive il quotidiano in una ricostruzione della vicenda, che andrà in onda questa sera nel programma di Raitre Report alle 21.30. E Siri, di rimando: “Tutto regolare, querelo” titola la Repubblica.
I due governi
Il punto è che ormai ci sono “due governi”, titola la Repubblica, in una lettura degli undici mesi gialloverdi. E se “c’è stato un tempo in cui Lega e 5 Stelle cercavano disperatamente di nascondere le proprie differenze (…) le elezioni regionali di Abruzzo e Sardegna hanno cambiato tutto. Le sconfitte ripetute e i sondaggi in picchiata hanno spinto i 5 stelle a divincolarsi dalla morsa dell’alleato. Che li ha portati al punto più basso dei consensi, soprattutto dopo la decisione di votare contro l’autorizzazione a procedere per Matteo Salvini sul caso Diciotti (la nave italiana tenuta 10 giorni in mare con 177 persone a bordo)”.
Con il risultato che oggi “il governo è un Giano Bifronte che fa il canto e il controcanto su ogni singolo tema”. Cosicché “quella che era una guerra sotterranea su alcuni punti chiave lasciati aperti dallo stesso contratto di governo — a partire da flat tax e grandi opere — è diventata una guerra balcanica”.
In questo caso, ogni pretesto è buono per alzare l’asticella del conflitto. Anche l’ammontare del compenso del contratto di Fabio Fazio con la Rai diventa materia del contendere da inserire nel frullatore del conflitto. Con la Lega che boicotta il programma di Raiuno non accettando inviti a partecipare fino a che il conduttore non si riduce lo stipendio, proprio nel momento in cui l’a.d. della Rai Salini, vicino ai 5Stelle, qualche giorno fa ha dichiarato che “Fazio è una risorsa della Rai”. Secondo Michele Serra, però, “giova ricordare che l’argomento ‘soldi’ venne speso anche contro Enzo Biagi, che fu per Berlusconi, quasi precisamente, quello che Fazio è per Salvini”.
L'incubo del cerino in mano
Chi resterà con il cerino in mano, mercoledì? Perché nella contesa ala fine quel che conta è proprio questo. E il vicepremier stellato Di Maio è chiaro sul punto, come rileva La Stampa, che in un titolo enfatizza il suo monito: “Se salta tutto la Lega colpevole davanti ai mercati”. Con l’incubo dello spread all’orizzonte. “Ma in caso di spaccatura non chiederemo noi la crisi”, dice. Come a dire: la crisi sarà nelle cose ma la responsabilità è della Lega, di Salvini e del suo atteggiamento. «Dovrà essere lui a prendersi la responsabilità di far saltare il banco, con tutte le conseguenze che ci saranno sui mercati”.
E sul fronte opposto, sempre sulle colonne del quotidiano torinese, un retroscena ricostruisce la riflessione del sottosegretario leghista Giorgetti sulla crisi e i pretesti per perseguirla: ci vuole o ci vorrebbe un motivo economico: “Se avessimo rotto sulla Tav, avrebbe avuto un senso, la Lega avrebbe preso il 40 per cento. Il problema non è Siri. Ma al prossimo giro Salvini rompe davvero su un terreno che gli conviene. Ha imparato la lezione della Tav”.
Già, la crisi, lo spread, l’economia e la finanza, i mercati. E poi c’è anche l’Europa. E la Commissione che proprio domani affronta il dossier Italia con le stime sul debito e intenzionata ad avviare una procedura di infrazione o, in alternativa, a chiedere una “manovra severa” in autunno come evidenzia Il Messaggero fin dal titolo d’apertura. Mentre il governo guarda e punta a nuovi equilibri a Bruxelles dopo il voto del 26 maggio. L’euro-rampogna prevista per domani dalla Commissione europea, perciò, “se l’aspettano ma fanno spallucce”, si legge sul quotidiano romano.
Il gioco delle parti
“Le previsioni economiche di Bruxelles su l’Italia e gli altri paesi dell’eurozona, difficilmente cambieranno i toni di una campagna elettorale dove i due vicepremier continuano a duellare su tutto, tranne che su conti pubblici, crescita e lavoro”. E sempre su questo tema, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz in un’intervista a La Stampa manda un messaggio chiaro alla Commissione europea e anche al nostro Paese, avvisando che “Serve maggior rigore sul debito. Così eviteremo all’Italia che metta a rischio l’Europa”.
Tema affrontato anche da Paolo Mieli nell’editoriale del Corriere della Sera dal titolo “I 5 Stelle travestiti da sinistra”. “Apparentemente quelle tra Di Maio e Salvini sono nient’altro che insopportabili schermaglie, baruffe, litigi in vista delle elezioni europee” è l’incipit. “Oltretutto in un gioco delle parti. In realtà – prosegue Mieli – quel che accade giorno dopo giorno sul palco della politica italiana è invece l’effetto di una interessantissima campagna elettorale con la quale il Movimento Cinque Stelle — forse in ritardo sui tempi — sta provando a rimontare una débâcle annunciata (i sondaggi da qualche settimana avevano iniziato ad attribuirgli un risultato inferiore al 20%)”. E così, “per reagire a questo stato di cose, circa un mese fa Luigi Di Maio ha riaperto i giochi presentandosi, in evidente competizione con la sinistra, come il punto di riferimento del contrasto all’ascesa salviniana”.
Il ruolo di Conte
E il premier Conte? Anche lui sposa la “tesi Di Maio” secondo la quale mercoledì se il Cdm andrà alla conta dei voti “dovrà essere il Carroccio a spiegarlo agli italiani” trapela dal suo staff come si legge in un retroscena sul quotidiano di via Solferino. Conte appare sicuro del fatto suo, “sereno perché sa di aver preso una decisione ponderata, spiegata in dettaglio agli italiani, che infatti in 7 su 10 sono a favore delle dimissioni di Siri, per il resto le polemiche continue fra Di Maio e Salvini lo preoccupano ma lo lasciano allo stesso tempo in una posizione di lucido distacco: non le considera tali da metter e a repentaglio veramente il governo, non le valuta importanti a tal punto da dover intervenire, certamente si è imposto di mantener e una posizione di terzietà” ricostruisce il Corriere. Tanto da far esclamare al presidente del Consiglio che “’nessuno guardandomi in faccia può aver e il coraggio di dire il contrario’, visti gli sforzi che ha fatto sin dal primo giorno del governo per mediare, trovare sempre un punto di equilibrio, cercare di comporre i dissensi o le distanze fra i due partiti della maggioranza”.
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