Dobbiamo premettere e confessare che ieri sera ci siamo dimenticati, involontariamente perchè avremmo desiderato vederla ed ascoltarla dall'inizio alla fine, della 'prima' anche televisiva della nuova 'opera lirica'- così l'hanno definita gli autori - che ha come protagonista Raffaella Carrà, icona (termine e relativi aggettivi che almeno una volta si ascoltano in qualunque trasmissione televisiva, anche se fuori luogo) dell'Italia degli ultimi decenni del secolo scorso. La ripresa televisiva non poteva mancare per Raffaella; con qualunque altro personaggio pur famoso, quest'opera contemporanea non avrebbe goduto di tanta risonanza.
A sostenere la tesi non c'era Umberto Eco- come accaduto per Mike Buongiorno - ma un professore di 'cultura contemporanea' all'Università di Bergamo - 'capitale' (della cultura) dove è atterrata Raffaella Carrà, scendendo dal pianeta 'Arkadia' per portare l'arte e la leggerezza agli uomini - intervistato durante l'intervallo dell'opera, fra il primo e secondo atto.
'Atto', 'parte', o 'puntata', nello stile e linguaggio tv? Opera o fiction?
Non siamo ansiosi di vedere, su RaiPlay, anche la prima parte. Ne facciamo volentieri a meno, perchè l'idea che ci siamo fatti, dalla sola seconda parte, del progetto nato dalla vulcanica testa di Francesco Micheli, divenuta libretto e poi musica, può essere estesa anche alla parte non vista.
Molta tv, poca opera in Raffa in the Sky, costruita su un canovaccio che inventa di sana pianta situazioni per materializzare le varie trasmissione della Raffaella nazionale. Libretto scialbo (forse anche sciatto); musica che attinge dovunque - come ha sottolineato anche il direttore Carlo Boccadoro - senza nessun criterio di selezione. E alla fine, vogliamo dirlo, noi che non amiamo le canzonette - non le amiamo in nessun modo e non capiamo perchè in tv vanno tanto - abbiamo apprezzato quelle di Raffa, parole e musica, di gran lunga migliori di tutto il resto.
Infine un appunto drammaturgico, senza che venga considerato come un giudizio definitivo.
La cosiddetta 'opera' contemporanea poteva, anzi doveva terminare con la celeberrima 'come è bello far l'amore ...'. Invece si è deciso di apporre anche una morale finale, dopo la travolgente (?) canzonetta, corale con tutti gli attori, anche quelli che abitavano Arkadia. Raffa vestita d'oro inneggia alla leggerezza, con un inutile parlato, su un 'tappeto' musicale - come vengono chiamati in tv i sottofondi, quasi sempre molesti.
Per spiegarci meglio, ricorriamo al vecchio e sempre modernissimo e contemporaneo Don Giovanni mozartiano. Nessun paragone, sarebbe una bestemmia!
L'opera drammaturgicamente finisce con il seduttore sprofondato all' inferno. Solo, in ossequio alle convenzioni dell'epoca, Mozart vi compose anche il finale, facendo la morale; musica sublime e basta.
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