venerdì 15 settembre 2023

Diteci dove sta il successo dell'opera in Italia, ventilato dal 'Venerdì' , settimanale del quotidiano 'La Repubblica'

 Se non sapessimo, per esperienza pluridecennale, della cronica mancanza di soldi  nelle casse delle nostre Fondazioni liriche, e contemporaneamente della buona situazione economica di due notissimi giornalisti come Augias e Aspesi, ci verrebbe da pensare che hanno beccato una bella stecca per scrivere del successo dell'opera al chiuso e all'aperto d'estate, in Italia., che hanno condiviso, in parti diseguali con Moppi, estensore dell'articolo.

 Perchè le cose  purtroppo non stanno come scrive Gregorio Moppi nel suo articolo del Venerdì di oggi, e come Augias non esita a confermare (Quanto ad Augias, gli dobbiamo riconoscere che è già  tanto se non ha attribuito parte di tanto presunto successo alla sua trasmissione musicale di Rai 3 'La gioia della musica').

  Prendendo a termine di paragone di tale presunto successo la Scala, come fa disinvoltamente Moppi, è evidente che l'analisi è falsata, perchè la Scala fa storia a sé.

 Come fa storia a sé, un altro teatro, con i suoi 1000 posti,  La Fenice di Venezia, baciata dalle presenze di pubblico perchè è un porto di sbarco del  ricco turismo internazionale e culturale.

 Al contrario, non si può prendere come termine di misura il Teatro del Maggio Musicale  Fiorentino, per il quale - a seguito della mancanza cronica di pubblico, l'ex sovrintendente Pererira si era spinto a pensare fosse stato un  azzardo  costruire un nuovo teatro così capiente in una città che ha una popolazione da provincia e non da capitale, dove il ricco turismo, che pure c'è, non porta acqua - da quel che sappiamo - all'opera. 

 Dunque il riempimento posti della Scala che si aggira sul 90% di quelli disponibili non può essere preso come unità di misura per tutti gli altri teatri. 

Caracalla, quest'estate -  ogni sera, delle 53 in cartellone, la grande platea disponeva di 4500 posti - ha avuto il tutto esaurito per la Nona di Beethoven (4500 spettatori), mentre per Traviata, la media è stata di 4000 spettatori a sera, e dunque con 500 posti circa vuoti ogni recita; e per il trasgressivo Rigoletto appena 3000 a sera. Peggio ancora, se si fanno i conti della serva: 4500 posti per 53 serate fanno 238.500 posti disponibili, biglietti venduti 116.000. Dove sta il successo?

 Giambrone, sovrintendente dell'Opera di Roma, nonché Presidente AGIS, si ascrive il merito - per noi una colpa - di mettere una accanto all'altra la musica lirica, il pop, il rock ed altro a Caracalla 'contenitore pluridisciplinare', dimenticando che l'aveva fatto prima di lui Fuortes, al quale rimproverammo di non essersi reso conto ancora di esser passato da 'Musica per Roma' all'Opera; e lui si difese dicendo di contare sul fatto che parte del pubblico di un genere passasse all'altro, contando naturalmente che quello del rock o pop passasse al melodramma, e non viceversa, che non gli interessava. E, invece, si è visto come i concerti 'leggeri' sono stati molto più frequentati delle recite d'opera ( a Caracalla 4500 per Zucchero) e forse è dovuto soprattutto a questi 'tutto esaurito' se il 'calderone' onnicomprensivo del consuntivo finale è stato più positivo degli anni precedenti.

La scommessa che si voleva vincere era quella di non fare peggio dell'ultimo anno prima della pandemia, il 2019. L'Arena di Verona che, come sempre fa numeri da record - con una platea di 12.000 posti ! - ha ammesso, dopo aver sbandierato il successo ( 400.000 spettatori) di quest'anno, che il pubblico è stato di poco 'inferiore' a quello dell'estate 2019.  Sono andati a ruba tutti i 20.000 biglietti disponibili per le prime due sere di Aida inaugurale, regia e non solo di Poda. 

Gasdia. sovrintendente a Verona,  ha ggiunto ai numeri areniani anche quelli delle trasmissioni Rai delle opere da Verona. Vogliamo ricordarle, rinfrescando la memoria, che nei 6 anni in cui facemmo, Lubrano e io, All'Opera! su Rai 1, dall'estate 1999 al 2004,  conteggiammo che per ogni trasmissione il pubblico televisivo era pari a quello che tutte le fondazioni liriche facevano in una intera stagione Altro che i  numeri, deludenti, dello share delle opere areniane in tv, fra i 450.000 e i 550.000. All'Opera! faceva  anche oltre il milione a sera.

 Si dice anche delle recite del Nabucco a Palermo (ottobre 2022), da dove arriva Giambrone, che avrebbe raggiunto la bella cifra di 9.000 spettatori. Non si aggiunge però, senza per questo che il bel risultato risulti invalidato, che il teatro ha una capienza di quasi 1400 posti e che per le 7 recite del Nabucco si è avuta una vendita media di biglietti per sera di 1200 posti. E questo che viene sbandierato come successo lascia facilmente immaginare  che nel resto della stagione le cose siano andate meno bene.

 Dunque  il pubblico dell'opera è tornato a teatro, più di quello della prosa, e meglio di quello del cinema in crisi profonda, appena alleviata dalla campagna del ministro Sangiuliano che ha ridotto di molto il costo del biglietto per tutta l'estate. E questo è un dato di fatto.

 Ma l'Opera soffre ancora la mancanza di pubblico ed il ricambio generazionale dello stesso, che non c'è, a dispetto di ciò che dice ancora Giambrone sull'affluenza giovanile nel suo teatro a Roma, anche per titoli non di repertorio. Sono chiacchiere. Perchè non si dice che è il grande repertorio a richiamare più pubblico, come anche che le regie cosiddette 'd'avanguardia' non dissuaderanno mai del tutto il pubblico a mettere piede nei teatri?

 La ricetta,  che credono miracolosa, che stanno per dispensare a Bergamo, e cioè quell'opera sulla Raffa nazionale, a noi sembra più una trovata che altro; certamente, non risolverà il problema del pubblico che in Italia, non c'è per riempire i teatri. (Nella seconda metà degli anni Ottanta frequentavamo settimanalmente il Teatro Comunale di Firenze - il vecchio Comunale che non era certamente più piccolo del nuovo. Non ricordiamo serate con mezzo teatro vuoto, come hanno rimproverato a Pereira durante la sua gestione, e lui stesso  ha lamentato).

 Ma la soluzione, non è quella di chiuderne alcuni, bensì di aprire le porte dei teatri ad un numero sempre maggiore di cittadini, adoperandosi con ogni mezzo. 

E questo forse non lo vediamo fare dappertutto e con ogni mezzo.

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