Del 'ladro di libri' De Caro abbiamo più volte scritto su questo blog, dopo che aveva depredato la storica biblioteca napoletana dei Girolamini - che tanti nostri conoscenti, 'topi di biblioteca', ci hanno descritta come scrigno di tesori anche musicali - per condannare quella scandalosa spoliazione destinata a procurare, a prezzi di favore nel migliore dei casi, libri preziosi, sia a qualche suo sponsor bibliofilo, all'origine della sua carriera ministeriale, sia al mercato internazionale degli antiquari a caccia di tesori, di cui la biblioteca dei Girolamini era ricca, fino al suo arrivo. quando in poco tempo sono spariti duemila volumi circa, caricati di notte su camion di ricettatori, chiamati da De Caro.
Lo stesso De Caro, ladro di libri, è stato in queste ultime settimane in certo modo beatificato, prima con un libro-biografia, a firma di uno storico, irretito da questo furfante, del quale tenta addirittura una qualche giustificazione.
Ieri sul Corriere, in una delle sue ricche e circostanziate interviste, tenta la stessa impossibile impresa anche Lorenzetto. Al quale De Caro confessa: la passione per lo studio - non è un caso che fosse interessato al contenuto di alcuni preziosissimi libri rubati ( ma lui in quest'arte si è esercitato anche altrove, come nelle biblioteche dei ministeri dove è passato, sottobraccio a Galan - spintovi da Dell'Utri che sperava di arricchire la sua preziosa biblioteca - ed anche in una celebre biblioteca veronese); e la passione per i libri, solo quelli preziosi e di valore anche commerciale, intesi come oggetti 'tipografici' lui l'ha nel sangue, al punto da supplicare il mondo, attraverso Lorenzetto: toglietemeli di torno, quando entro in contatto con libri di pregio la prima cosa che penso è rubarli.
Dunque Lorenzetto sposerebbe la tesi, se abbiamo capito bene, che De Caro non è un ladro, bensì un soggetto malato; e che non serve per lui il carcere (dove fra l'altro ha tentato anche il suicidio!) ma una clinica psichiatrica.
Mentre , invece, ora, dopo aver scontato la pena dietro le sbarre, ed essere stato spogliato di tutti i suoi averi per compensare il danno causato allo Stato, e prima di tutto alla Biblioteca napoletana, è ospitato ad Orvieto, in casa della madre, alla cui paghetta - 10 Euro a settimana - è costretto a ricorrere per avere dell' argent de poche, la paghetta che si dà solitamente a giovani volenterosi che per pagarsi gli studi, lontano da casa, si fanno ospitare da famiglie abbienti in cambio di lavori domestici e di qualche spicciolo, senza rubare quanto di prezioso ha la casa che li ospita.
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