Al suo arrivo a Dogliani Massimo Giletti dice di non voler parlare. Silenzio sulla rottura con La7, silenzio sul ritorno in Rai. Poi, però, il palco del Festival della Tv si rivela un'occasione ghiotta per togliersi qualche sassolino e alla fine un po' di cose le racconta. Più prudente sulla Rai, nonostante l'amministratore delegato Roberto Sergio abbia già annunciato il suo ritorno con contratto biennale. «Leggo di tutto, io non ho mai parlato. L'amministratore delegato ha detto che io e Chiambretti, tutti e due torinesi, torniamo dopo molti anni in Rai. È probabile, ma ci vorranno ancora due settimane. Vedremo» si limita a dire. Quanto al programma che potrebbe fare, spiega: «L'Arena e poi Non è l'Arena ha fatto parte della mia vita, tra l'una e l'altra le ho fatte per tredici anni. Che programma farei? Non è il momento di parlare, ma penso ci sia la possibilità di creare qualcosa di nuovo. Ora silenzio, lavorare e poi porti a casa».
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Massimo Giletti e l'addio a La7
Il tema caldo è quello del divorzio con La7. «Un litro o due di Dogliani superiore potrebbero portarmi a parlare di quello che ho vissuto», esordisce Giletti. Poi però va avanti: «Non è stato un divorzio, ma qualcosa di peggio. In un divorzio le colpe si dimezzano, sai il perché avviene. Qui non lo so, posso solo supporre perché. Ho fatto la scelta di non parlare e il silenzio mi è costato molto. Lo faranno i magistrati al momento giusto» spiega. Incalzato da Alessandra Comazzi, Giletti dice qualcosa in più: «Quando uno ti manda una mail dopo sei anni di rapporto stretto e grande successo, una mail in cui dice che rimani a disposizione, ma il tuo programma è sospeso senza spiegartelo, è peggio di un divorzio. Io penso che in questo sistema chi fa inchieste dà molto fastidio. C'è chi è tutelato, chi è interno a un gruppo di lavoro, io sono un cane sciolto, sono sempre stato così. Evidentemente le cose che stavo per toccare era meglio che non fossero taccate. Questa è la mia sensazione, hanno pagato soprattutto i miei ragazzi, un gruppo di trenta persone, che hanno perso il posto».
«Mi hanno chiuso - sottolinea ancora - per quello che stavo facendo in quei mesi. Ricordo solo con tragica soddisfazione che Marcello Dell'Utri in un'intercettazione chiama il capoufficio legale di Mediaset e dice "Giletti va chiuso". Quell'intercettazione è agli atti di un processo. Se un pezzo grosso come Dell'Utri chiede la chiusura un motivo ci sarà. Il resto sono parole al vento. Cairo mi ha dato un grandissima libertà per due miliardi di puntate, alla duemiliardesima e uno non me l'ha più data. È un editore, può fare quello che vuole, un giorno magari a quattr'occhi da uomo a uomo mi spiegherà perché».
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