Dopo avere chiesto, al vostro pasticciere di fiducia, un bis-cotto non troppo dorato' o addirittura morbido, siete stati guardati con aria stranita? Non bisogna essere gli epigoni di Pellegrino Artusi per leggere, con curiosità e piacevolezza, il libro di Guido Milanese (Le ragioni del latino, Morcelliana, Brescia 2024, pagg. 152, euro 16), appena uscito sull'annosa questione della necessità di leggere e apprezzare il latino in alternativa a quanti ne continuano a decretare la superfluità. Non avevamo già ad abundantiam tutta una batteria di pubblicazioni che reiterano, modifiche appena percepibili a parte, la solita solfa (per quanto sempre gradita) del dialogo necessario con i classici e delle potenzialità formative insite nella morfologia e nella sintassi di Virgilio? La differenza con la pubblicistica da e per apocalittici o integrati, fin qui dominante per quanti hanno scritto e letto su questo tema, lascia finalmente il posto a nuove coordinate. «Combattere perché l'abisso della non-memoria, il gorgo dell'oblio, non divori la trasmissione della nostra cultura»: l'autore, proveniente dai ranghi dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, gioca a carte scoperte, non vuole fare né il catastrofista, né il piacione. Bibe si bibis ovvero le cinque parti che compongono il libro si bevono tutte d'un fiato.
Ha senso riproporre il solito interrogativo mai risolto, giusto per capirci la solita vexata quaestio sul perché occorra, ancora oggi, studiare il latino? La risposta è affermativa dietro la formulazione e l'applicazione di premesse tanto convincenti quanto antidogmatiche. Messe da parte le presunte forme di superiorità messianica, fino al secolo scorso attribuite dalla ridotta classicista allo studio del latino rispetto all'inglese, alla matematica e alla tecnica informatica, sono altre, oggi, le strade da battere. A partire dallo studio del Sermo Latinus come piacere conoscitivo, intellettuale ed estetico. Milanese ribadisce come l'approccio culturale, estetico e linguistico al latino sia un grimaldello in grado di aprire serrature in apparenza inscalfibili. Dai prodotti che affollano gli scaffali delle farmacie alle legende dei prodotti in vendita nei supermercati, il conoscitore del latino avrà sempre una marcia in più di chiunque.
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Ciò che Marco Leonardi non dice in questo articolo, ma forse lo dice Milanese nel suo libro, è che la conoscenza e lo studio della lingua latina hanno forza e valore 'formativi' .
In queste settimane, da mio nipote che al liceo studia anche il latino, mi sento spesso dire, ad ogni difficoltà incontrata nelle traduzioni: ma perchè dobbiamo studiare una lingua 'morta'?
E ad ogni lamentela io faccio sempre seguire, appena un testo me ne dà l'occasione il modo assolutamente logico con cui la lingua latina individua, ad esempio, i generi ( maschile ,femminile, neutro) , o quello con cui costruisce una frase, abolendo fronzoli e fissandosi sull'essenziale. Ma anche la discendenza diretta ed evidente della nostra lingua e di altre da quella.
E' del tutto evidente che gli insegnanti di latino non fanno quasi nulla per giustificare agli occhi disincantati ed indifesi dei giovani di oggi, tutto inglese e computer, la pratica utilità della lingua latina., che loro considerano 'morta' e basta. senza nessuna possibilità di riscatto, che non gli viene indicata e neanche accennata.
Io che il latino l'ho studiato ed anche amato, e che ho sempre frequentato per ragioni di studio posso testimoniare di averne ricevuto un gran beneficio, soprattutto per la logica del discorso. E gliene sono grato. Perchè anche da una lingua morta, come si accusa la latina, si possono ricavare insegnamenti.( P.A.)
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