La stupidità genera mostri. Ma mostri ridicoli, paradossali. Non far studiare Dante a un ragazzino islamico per preservarlo da non so che shock religioso e fargli studiare Boccaccio (grande sponsor di Dante e fine teologo) e Petrarca o Leopardi fa ridere. Il problema non sono i ragazzini e le loro famiglie ma una scuola con professori che hanno smarrito il senso della cultura oltre che del ridicolo. Dante, che mette all’Inferno Maometto in quanto lo considerava non profeta di una nuova religione ma uno scismatico entro il cristianesimo, infatti sta tra i seminatori di discordia al XXVIII Canto dell’Inferno, è il medesimo poeta che glorifca l’islamico Avicenna in paradiso al II Canto. E che loda l’incontro tra Francesco e il Sultano.
La censura previa di un professore stupido rispetto a ragazzini intelligenti colpisce un poeta dal valore universale, studiato e amato da gente con ogni tipo di fede o senza fede, come ad esempio alcuni dei suoi più grandi esegeti come Charles Singleton. Ridurre l’arte a presunto manifesto ideologico o religioso è il vizio delle dittature di ogni colore. Esse non sopportano il fatto che vi sia una attività umana che non distingue parte giusta o sbagliata. E che anzi mostra come il cuore degli uomini è uguale e comunica ai propri simili le stesse grandi questioni sotto ogni cielo o governo.
Dante è il poeta della vita come viaggio, rischio di senso, dell’amore come forza conoscitiva e non solo sentimento, dell’anima non già fatta ma in progressione. Fa paura solo a ideologi che dividono il mondo. E poi che si fa, evitiamo ai ragazzini cristiani di studiare Nietzsche? ai lombardi il siculo Pirandello? ai milanisti l’interista Sereni? ai progressisti di leggere il conservatore Leopardi? Dante parla grazie a tante letture diverse. E allora arricchiamoci anche di quella dei due e dei tanti ragazzini islamici. Ci sorprenderà ancora. E sorprenderà loro.
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