lunedì 10 maggio 2021

Chailly fa il bis con il Corriere della Sera

 Stasera, fra poco più di un'ora, riapre il Teatro alla Scala, dopo mesi di chiusura forzata, causa Covid. 

Riapre con un concerto dei complessi scaligeri diretti da Chailly, ripreso dalla Rai e trasmesso domani (Rai 5) al cadere del 75° anniversario  della riapertura della Scala dopo la seconda guerra mondiale, con il memorabile concerto diretto da Toscanini l'11 maggio 1946.(in calce il programma di quel concerto)

 La Scala non ha voluto mancare un simile appuntamento, benché nella data esatta della ricorrenza,  sempre alla Scala, ci saranno Muti e i Wiener, in tournée italiana.

 Dopo l'intervista a Repubblica nel corso della quale, come abbiamo segnalato ieri, la spara grossa sulla scelta  del programma del concerto: programma 'internazionale' come 'internazionale' è la Scala, Chailly, torna sul medesimo argomento e porgendo la medesima risposta anche al Corriere, dove insiste a ricordare che nel concerto di stasera debutta alla Scala una delle voci wagneriane più straordinarie di questi anni, che primeggia a Bayreuth: Lise Davidsen

 Ma non dice, collegando le due circostanze, che la scelta di inserire anche Wagner nel programma nasce dal fatto che ha appena finito di incidere con la Netrebko un cd tutto wagneriano, da dove scaturisce l'internazionalità del programma. 

L'Orchestra della Scala non avrebbe avuto il tempo, per questo concerto deciso all'ultimo momento, di  preparare un programma meno 'internazionale' ma forse più adatto all'occasione ed alla ricorrenza. Magari quello stesso diretto da Toscanini. Forse che l'Orchestra della Scala non ha un repertorio consolidato, che può mettere su con un paio di prove in situazioni di emergenza? Le grandi orchestre ce l'hanno e possono farlo. La Scala no? 

 Permetteteci un ricordo di  molti anni fa, quasi antico. Dirigevamo allora Piano Time e frequentavamo con una certa regolarità Salisburgo. Quell'anno Chailly vi debuttava in sostituzione di Karajan che lo aveva chiamato. Allora si disse e scrisse - ma questo appartiene al capitolo delle 'malelingue' e degli 'invidiosi' - che Karajan lo avesse scelto per il suo scarso valore, in base al quale non avrebbe mai potuto offuscare la sua fama. E' meglio chiamare a collaborare uno che non può dare mai fastidio. 

Beh, gli telefonammo per una intervista che Chailly ci concesse.Lo incontrammo in un bar a due passi dalla sede del festival, in un pomeriggio piovoso. Quell'intervista apparve poi su Piano Time.

Ci colpì del nostro interlocutore, oltre la sua determinazione a rispondere anche a domande scomode - cosa che oggi non si usa più - un particolare, idiomatico, di quella vocazione alla internazionalità che oggi va dichiarando e ribadendo. E riguarda proprio quel Giuseppe Verdi che nel programma del concerto odierno viene  come sacrificato alla Scala 'internazionale'. Durante quella chiacchierata  si accennò alla Messa da Requiem di Verdi, o come più spesso si cita il Requiem di Verdi, che però Chailly, le due o tre volte che lo citò, indicò come Verdi-Requiem.

 A ripensarci, avremmo dovuto capire della vocazione e aspirazione internazionali di  Chailly, per non meravigliarci oggi.


11 maggio 1946. Concerto alla Scala diretto da Toscanini. 

Programma

Per la serata Toscanini aveva scelto l'ouverture da La gazza ladra, il coro dell'Imeneo, il Pas de six e la Marcia dei Soldati dal Guglielmo Tell, la preghiera dal Mosè in Egitto, l'ouverture e il coro degli ebrei dal Nabucco, l'ouverture de I vespri siciliani, il Te Deum di Verdi, l'intermezzo ed estratti dal 3° atto Manon Lescaut, forse la sua opera preferita, il prologo ed alcune arie dal MefistofeleE nell'occasione il maestro fece debuttare una cantante di 24 anni, Renata Tebaldi, poi da lui stesso definita «voce d'angelo».


 Ha ragione Chailly. Quel programma di Toscanini era troppo 'italiano' troppo 'nazionale', con musiche di Verdi, Rossini, Puccini, Boito.  'Più meglio', oltre l'imprescindibile Verdi, Wagner, Ciaikovskij,  R.Strauss, Purcell.


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