Caro ministro Franceschini,
non le nascondo il sentimento di sconcerto per l’ennesima iniziativa “pubblica” di un funzionario dello Stato, appartenente al ministero della Cultura, che, evidentemente, interpreta la propria funzione come “sovraordinata” non solo agli organi di governo del territorio ma anche allo stesso ministro, additando me e il presidente della Regione Puglia come cattivi amministratori per il solo fatto che stiamo riqualificando alcuni padiglioni di una caserma dismessa per realizzarvi una public library.
Pensi un po’ che la presentazione dell’iniziativa, nata sotto l’egida del suo ministero, definita dallo zelante funzionario come "inquietante e perniciosa", si è svolta nell’ambito delle Giornate del Fai di Primavera, patrocinate dalla presidenza della Repubblica.
Ma sulle affermazioni gratuite e offensive a me indirizzate dalla dirigente della Soprintendenza archivistica e bibliografica della Puglia, che in questa circostanza mi ha definito un #cattivoesempiodanonimitare, non mi soffermerò più di tanto anche perché la suddetta ha già dimostrato di riservare particolari attenzioni alla mia Amministrazione. In particolare quando, in piena emergenza pandemica, ha contestato prima la nostra iniziativa di dotarci di un regolamento per lo smart working, poi la scelta di adottare un regolamento per l’erogazione di certificazioni anagrafiche da parte delle edicole e infine quella di avviare uno sportello virtuale per la relazione con i cittadini. Allora siamo stati censurati perché colpevoli, a suo dire, di non avere chiesto preventiva autorizzazione del suo ufficio...
Invero, ciò che più mi preme, con la presente, è porre a lei, che ha la responsabilità politica del ministero, una questione che riguarda il rapporto tra gli organi periferici del suo ministero sul territorio e i sindaci: in questi giorni in cui ci si confronta sulla necessità di semplificare i procedimenti amministrativi e tecnici per far ripartire il Paese. Credo sia necessario definire compiutamente i confini e la portata delle norme di competenza degli uffici del suo ministero e, soprattutto, evitare interpretazioni difformi sul territorio nazionale a seconda dell’ufficio periferico chiamato ad esprimersi.
Del resto, la vicenda specifica che oggi vede me come destinatario di bislacche affermazioni è la dimostrazione che la massima attribuita a Bismarck, "con cattive leggi e buoni funzionari si può pur sempre governare, ma con cattivi funzionari le buone leggi non servono a niente", sia più che mai attuale e debba farci riflettere sulla necessità di dotarci sia di buone leggi sia di risorse umane che sappiano applicarle in modo non autoreferenziale, evitando interpretazioni di carattere personale. Le scrivo anche nel mio ruolo di presidente dell’Anci perché, da quando ricopro questo Ufficio, mi pervengono quotidianamente segnalazioni e lamentele dai sindaci sull’atteggiamento ostruzionistico e, sovente, interdittivo esercitato dalle diverse Soprintendenze rispetto alle iniziative dispiegate dalle giunte comunali. Francamente, in passato, è capitato anche a me di dover affrontare situazioni kafkiane che, oggi, grazie a un metodo fondato sulla collaborazione e sulla sinergia, a Bari abbiamo fortunatamente superato. Mi creda, non si tratta in alcun modo di rivendicare per i sindaci un potere che vada oltre la legge, oltre le sacrosante esigenze di conservazione del nostro patrimonio artistico, architettonico, storico e archivistico, oltre la necessaria azione di tutela del paesaggio ma di richiedere un approccio diverso e meno antagonista da parte dei suoi uffici.
Non si tratta di abdicare o rinunciare alla tutela dei beni culturali ma di passare da una tutela di maniera, che a tratti rischia di essere dannosa, a una tutela effettiva, concreta ed efficace. Soprattutto, di passare dall’esercizio di un potere inteso come sovra ordinato, in base ad una vecchia concezione dirigista e statalista, ad uno più collaborativo con gli enti di governo del territorio, con l’obiettivo di mettere in campo azioni di tutela e valorizzazione sempre più integrate e attente ai singoli contesti territoriali. Collaborazione e condivisione in un quadro semplificato di norme e di rapporti: questo è ciò che i sindaci chiedono. Questo è ciò di cui il nostro Paese ha bisogno, soprattutto in un momento di difficile “ripartenza”. A maggior ragione oggi che la Pubblica Amministrazione è chiamata ad affrontare la sfida impegnativa e complessa dell’utilizzo dei fondi europei del Next generation Eu. In questa direzione attendiamo da lei un segnale di discontinuità rispetto al passato, un cambio di mentalità, un salto nel futuro, perché, se così non dovesse essere, noi sindaci saremo costretti ad abdicare al nostro ruolo, consegnando alle locali Soprintendenze quelle fasce tricolore che indossiamo con orgoglio e grande senso di responsabilità, in rappresentanza del popolo che ci ha eletti, della Repubblica e della Costituzione.
* Antonio Decaro è sindaco di Bari e presidente Anci
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