lunedì 31 maggio 2021

Covid in Gran Bretagna. La variante 'indiana' non arresta la sua corsa. In Italia cauto ottimismo ( Huffpost, di Adalgisa Marrocco)

 La variante indiana non arresta la sua corsa. Nel Regno Unito fa aumentare i casi di Covid tra i non vaccinati e anche tra i vaccinati con una sola dose. A confermarlo sono le stime settimanali aggiornate dall’Ons, equivalente britannico dell’Istat: più trasmissibile del ceppo ‘inglese’, oltremanica la variante è divenuta ormai prevalente per il 50-75% dei casi. Una situazione che allarma l’Italia. Ma c’è davvero il rischio che anche da noi la campagna vaccinale possa essere compromessa dalla variante indiana? I virologi concordano che la diffusione al momento è sotto controllo e che la doppia dose di vaccini riuscirà ad evitare il peggio.

In Italia, a parlare della situazione britannica è il virologo Roberto Burioni in un post su Twitter: “La situazione in Uk sta peggiorando, a causa della variante ‘indiana’ che si diffonde con particolare intensità tra i non vaccinati e i vaccinati con una sola dose (pessima idea). Fortunatamente l’efficacia della vaccinazione completa (mRna) sembra mantenuta”, scrive il docente dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Parole che sembrano mettere in discussione la strategia adottata in questi mesi dal governo britannico, che ha puntato a somministrare subito una prima dose di vaccino al maggior numero di persone possibili ritardando i richiami.

Sulla falsariga di Burioni, giungono le parole di Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) e oggi consulente del commissario per l’emergenza Coronavirus. “Sono abbastanza ottimista che, con un minimo di buon senso, in Italia la variante indiana si riesca a gestire” e non si verifichi quanto sta avvenendo nel Regno Unito. Lo scienziato, intervenuto durante la trasmissione Agorà di Rai Tre, ha sottolineato che da un lato la variante indiana per ora circola poco nel nostro Paese, mostrando “una diffusione dell′1% e anche meno”. Dall’altro lato, a differenza dei britannici, “in Italia non abbiamo mai lasciato correre tempi incongrui” fra prima dose e richiamo, seguendo “un certo ordine e rimanendo nell’ambito dei tempi canonici”. Gli inglesi - sottolinea Rasi - “non hanno posto un secondo termine e hanno avuto richiami Pfizer fatti anche a 3 mesi”.

Ma intanto l’Office for National Statistics britannico sottolinea che, gli ultimi dati a disposizione, l’efficacia dei vaccini sulla variante indiana sembra limitare l’ascesa del virus con un impatto marginale su casi gravi, ricoveri in ospedale e decessi, che rimangono per ora ai minimi europei su base giornaliera. Le ultime rilevazioni indicano un totale di test positivi non superiore a 3.500 su 1,1 milione di tamponi e un numero di morti fermi a quota 10 nelle ventiquattro ore. Le indicazioni vengono confermate dal governo locale della Scozia, che ha l’indice Rt più elevato del Regno ma la cui premier, Nicola Sturgeon, ha evidenziato come la variante indiana, pur soggetta alla massima attenzione, possa essere affrontata in maniera diversa rispetto ai mesi passati anche grazie alle immunizzazioni.

Intanto, come accennato dal professor Guido Rasi, nel nostro Paese l’incidenza della variante indiana sembra sotto controllo. Lo conferma il ministro della Salute Roberto Speranza che, intervenendo nel corso della puntata di Che tempo che fa di domenica 30 maggio, ha fatto sapere di avere “rinnovato fino al 25 giugno il divieto di ingresso nel nostro Paese dall’India, dal Bangladesh e dallo Sri Lanka, sui paesi europei abbiamo deciso dal 15 maggio di non richiedere più la quarantena ma solo un test negativo per far ripartire il settore del turismo. In questo momento in Italia la prevalenza della variante indiana è dell′1%, e anche la variante inglese è oggetto di studio ma i vaccini sono in grado di rispondere positivamente”.... 

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