La variante indiana non arresta la sua corsa. Nel Regno Unito fa aumentare i casi di Covid tra i non vaccinati e anche tra i vaccinati con una sola dose. A confermarlo sono le stime settimanali aggiornate dall’Ons, equivalente britannico dell’Istat: più trasmissibile del ceppo ‘inglese’, oltremanica la variante è divenuta ormai prevalente per il 50-75% dei casi. Una situazione che allarma l’Italia. Ma c’è davvero il rischio che anche da noi la campagna vaccinale possa essere compromessa dalla variante indiana? I virologi concordano che la diffusione al momento è sotto controllo e che la doppia dose di vaccini riuscirà ad evitare il peggio.
In Italia, a parlare della situazione britannica è il virologo Roberto Burioni in un post su Twitter: “La situazione in Uk sta peggiorando, a causa della variante ‘indiana’ che si diffonde con particolare intensità tra i non vaccinati e i vaccinati con una sola dose (pessima idea). Fortunatamente l’efficacia della vaccinazione completa (mRna) sembra mantenuta”, scrive il docente dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Parole che sembrano mettere in discussione la strategia adottata in questi mesi dal governo britannico, che ha puntato a somministrare subito una prima dose di vaccino al maggior numero di persone possibili ritardando i richiami.
Sulla falsariga di Burioni, giungono le parole di Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) e oggi consulente del commissario per l’emergenza Coronavirus. “Sono abbastanza ottimista che, con un minimo di buon senso, in Italia la variante indiana si riesca a gestire” e non si verifichi quanto sta avvenendo nel Regno Unito. Lo scienziato, intervenuto durante la trasmissione Agorà di Rai Tre, ha sottolineato che da un lato la variante indiana per ora circola poco nel nostro Paese, mostrando “una diffusione dell′1% e anche meno”. Dall’altro lato, a differenza dei britannici, “in Italia non abbiamo mai lasciato correre tempi incongrui” fra prima dose e richiamo, seguendo “un certo ordine e rimanendo nell’ambito dei tempi canonici”. Gli inglesi - sottolinea Rasi - “non hanno posto un secondo termine e hanno avuto richiami Pfizer fatti anche a 3 mesi”.
Nessun commento:
Posta un commento