Ho rivisto l'altro ieri, su Rai 5, il Concerto in Piazza del Quirinale a Capodanno del 2000 diretto da Sinopoli, in programmala Nona di Beethoven.
Ora come allora l'iniziativa mi è parsa davvero inopportuna e fuori luogo. La notte di Capodanno, un fiume di gente - l'unico dato positivo di quella iniziativa - una serata umida e fredda: un direttore che si rispetti non può pensare ad un concerto all'aperto. Sinopoli sì. Perché in qualche modo, abusando della sua intelligenza, in più di un caso ha assunto decisioni contraddittorie nel corso della lunga e gloriosa carriera di direttore, cominciata presto e stroncata purtroppo appena dopo i cinquant'anni, nel corso di un'Aida a Berlino.
Sinopoli era un direttore di razza - come si dice - dotato di acutezza di pensiero e grande intelligenza musicale, di cultura che spaziava in molti ambiti, fino all'archeologia. La persona coinvolgente: sorriso ammaliante ed irresistibile, sguardo penetrante ed inquietante. Era anche un direttore 'di genio', come ve ne sono stati pochi e pochi ve ne saranno. E proprio per questo - a causa di certe sue letture musicali che affondavano la bacchetta nelle pieghe della musica, come un bisturi nel corpo di un operando: i suoi studi medici, ma anche quelli di composizione, lo avevano forse aiutato anzi incoraggiato - si era attirato spesso critiche. Anch'io mi ero esercitato in questo lavoro che lo conduceva spesso a non mostrare con altrettanta evidenza la grande linea di una composizione.
E comunque gli incarichi, gli inviti, le 'prime volte' fioccavano provenienti da ogni dove, e lui instancabile pronto a lasciare il certo per il nuovo. Succede anche oggi sulla medesima piazza romana, dove un altro direttore, richiesto, sta per terminare il suo lavoro, per tornare nel nido londinese.
Andò via da Santa Cecilia per Londra, Sinopoli. Basta con una città che non ha rispetto e considerazione per la musica e non provvede a costruire un auditorium degno di questo nome, si giustificò. Ma era una scusa: come rinunciare all'incarico di direttore di una delle più prestigiose storiche orchestre londinesi e restare a Roma a capo di un'orchestra di qualità, ma che certamente non poteva competere - e forse non può neanche oggi, sebbene lo scriva qualcheduno non proprio disinteressato - con le grandi orchestre europee ed americane che lo reclamavano?
E per dimostrare in seguito che quella era solo una scusa - lo è anche per il film odierno che vede protagonista l' altro direttore, che da una ventina d'anni ha fatto la spola fra Londra e Roma - tornò a Roma, dove viveva la sua famiglia, formò un'orchestra, 'da camera' per le dimensioni ridotte rispetto allo standard sinfonico, e cominciò a dirigervi il repertorio sinfonico del primo Ottocento, vantandosi che 'una esecuzione cameristica mette in evidenza particolari che la massa sinfonica spesso nasconde e non evidenzia'. Insomma una toppa per ogni buco. E quelle toppe per giunta messe in un auditorium che in realtà era un ex cinema (Teatro Olimpico) al cui confronto l'Auditorium della Conciliazione, in fatto di acustica, era un gioiello.
Fino a quella clamorosa iniziativa, nel breve passaggio al Teatro dell'Opera, quando si mise in testa di formare una filarmonica 'a fisarmonica', praticamente esistente solo sulla carta che si riuniva a chiamata per esibizioni speciali (Il sovrintendente Fuortes ha osato di più: smantellare l'orchestra, esternalizzarla, e convocarla ogni volta che ce n'era bisogno. Un genio!).
Mi sembra di leggervi la follia della 'superlega' calcio di questi giorni, bocciata da tutti perfino dai governi di vari paesi europei, il cui battesimo nella testa di alcuni dirigenti di club calcistici si rendeva necessario per tappare i buchi di gestioni finanziarie pazze di cui si erano resi colpevoli e che ora li costringeva a chieder aiuto alle banche, ma solo per poterne creare altri di buchi. L'impresa di Sinopoli fallì come sembra stia fallendo quella della 'superlega' di Agnelli.
Le somiglianze che mi sono apparse abbastanza chiare in questi giorni anniversari mi hanno però fatto riflettere su una enorme differenza fra i due direttori, Sinopoli e Pappano, della piazza romana, con un piede a Londra.
Sinopoli, pur lodatissimo per la sua intelligenza musicale, si attirò spesso, anche per quella, dure critiche; a Pappano che oggi è col pensiero già a Londra, dove si trasferirà definitivamente fra un paio d'anni, mai una critica.
E la ragione principale è che Pappano assicura sempre una normalità ed una tenuta acquisita con il grande mestiere artigianale e la vocazione per il palcoscenico Che non è poco, sia chiaro.
Mentre Pindaro e la sua poetica - ovvero:"quella proverbiale capacità di dare vita a momenti narrativi ricchi di passaggi e scarti improvvisi che se apparentemente poco curanti di una necessaria coesione logica arricchiscono il testo di una particolare carica di tensione" (Wikipedia) -. che ispiravano Sinopoli, non rientrano negli orizzonti del direttore italo-anglo-americano che prenderà prossimamente il volo per Londra.
da La repubblica. Cronaca. Berlino
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