martedì 27 aprile 2021

Carlo Fuortes se ne esce con una altra bestialità, dopo l'esternalizzazione dell'orchestra che fece ridere mezza Europa, al momento del suo insediamento all'Opera di Roma

  Di seguito quel che ha scritto Paolo Conti sul Corriere ( vedi post precedente) di Carlo Fuortes del quale sembra essere più che di ogni altro attore principale della scena dello spettacolo nella capitale, un sostenitore senza pudore: 

"Carlo Fuortes, che ora imprime il suo copyright su una doppia formula. Cioè l’Opera dal vivo, come sempre, e in parallelo quella in tv e sul web, dopo il clamoroso successo di «Traviata» con la regia di Mario Martone e Daniele Gatti sul podio, seguita da un milione di telespettatori in prima serata su Rai3 venerdì 9 aprile".


Il 'grande successo' di Traviata in tv,  è stato  un successo finto ma sventolato per vero sia da Fuortes che da Calandrelli, capo di Rai Cultura. Perchè si è trattato di un titolo arcinoto, e perchè lo share  non è stato poi così esaltante. Vorremmo ricordare che 'All'Opera!'  su Rai Uno, in seconda serata, in sei edizioni, dal 1999 al 2004, faceva molto più pubblico. Era un appuntamento che  si ripeteva per dieci settimane a stagione, d'estate, e anche la replica, che veniva fatta nella medesima settimana in altra giornata, non mutava gli elementi del successo tv.

 E che fosse finto  è chiaro a chi ha seguito anche il Barbiere rossiniano, in tv, ripreso con le stesse modalità all'Opera di Roma, con la regia di Martone e la direzione di Gatti. Lo share fu inferiore a Traviata, ma il successo venne decantato alla stessa maniera. Che sta a dire che in qualunque modo vada, per Fuortes e Calandrelli sarà sempre un successo. Anche se un successo del 'ciufolo'.

 Adesso Fuortes se ne esce con un'altra bestialità, dopo quella della 'esternalizzazione' dell'Orchestra del teatro. E Conti l'asseconda. Vuole mettere il suo copyright sulla 'doppia modalità' con cui d'ora in poi si farà opera. Una con il pubblico in sala, e l'altra con il pubblico a casa, che vede un'opera ripresa con modalità  televisive o cinematografiche, come quindi non la vedrà mai quando tornerà in teatro. 

 Questa seconda modalità, adottata per fare di necessità virtù, onde  ricordare a tutti che nonostante la pandemia i teatri esistono ancora,  non è perseguibile, parallelamente alla prima, durante periodi di normalità, perché troppo costosa e perché non aggiunge nulla all''esistente, oltre l'aumento dei debiti di un teatro. Perché anche prima della pandemia i teatri hanno registrato le opere e la tv le ha trasmesse. Naturalmente una ripresa di tipo cinematografico, quali le due di Martone a Rona, è meglio di quelle che normalmente si vedono in tv, con le telecamere fisse puntate sul palcoscenico. Ma è altra cosa dall'opera in teatro. Non è un film  sull'opera, ma un'opera film, un'opera così com'è, ripresa come su un set cinetelevisivo. Ma con costi sproporzionati rispetto ai risultati. 

E poi questi esperimenti, giustificati dalla pandemia,  hanno la colpa di voler 'televisizzare' ogni cosa. Il palcoscenico del teatro è altra cosa, la sua magia nessun altra modalità può eguagliare; il fascino della voce, la sfida della diretta con gli imprevisti che fanno parte del gioco, in tv  sono annullati. 

Alcuni spettatori che sono voluti tornare nei cinema, non appena li hanno riaperti, per vedere un  film, hanno messo in evidenza il principio che  la visione in tv, nel salotto di casa, è cosa diversa e meno esaltante e coinvolgente di quella in sala, con altro pubblico. Ciò a maggior ragione vale per gli spettacoli dal vivo: concerti, melodramma, teatro di prosa, balletto. Questo Fuortes non lo capisce, se parla di 'doppia modalità'.

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