Frequentazioni ancor prima e ancor più che frequenze. Troppo colta, troppo alta, dice qualcuno: d’intensità intellettuale, s’intende, non certo sonora. Perché in questo caso basterebbe regolare il volume, non la sintonizzazione. Questa sì, invece, è elevata visto l’alto gradimento (tanto per evocare) e l’alta fedeltà dei suoi ascoltatori. Stiamo parlando di uno storico fiore all’occhiello di mamma Rai, Radio 3. Da poche settimane a dirigerla è stato chiamato Andrea Montanari, direttore di lungo corso di reti Rai oltre che primo responsabile per quasi due anni dell’Ufficio Studi di Viale Mazzini. «Ho diretto il Tg 1 e Radio 1 – dice –, ma ritengo Radio 3 la direzione più importante e la responsabilità più significativa e gravosa che mi sia mai stata attribuita. C’è una comunità di ascoltatori particolarmente fedele e giustamente esigente e c’è oggi nella gente un urgente bisogno di sostanza. Radio 3 risponde a questa richiesta, che viene da parte di tanti giovani e di tante persone che magari passano il loro tempo a guardare il telefonino a un wine bar e non sanno bene inquadrare le proprie domande di senso e anche culturali. Ecco, io vorrei raggiungerle, perché sono convinto che potremmo dare più valore al loro tempo. Questa è l’ora della ripartenza. E la mia direzione decolla idealmente proprio con la Festa della Liberazione. Un’occasione e una programmazione speciali».
Che cosa proporrà la sua rete?
Sarà una liberazione anche dalla pandemia, visto che in quasi tutta Italia si riprenderà a respirare aria di rinascita. Venendo da un lunghissimo periodo di rarefazioni e cancellazioni, con la parziale riapertura delle sale avremo una settimana di grandi eventi in diretta con un cartellone di Radio 3 Suite di assoluta qualità. Lunedì 26 aprile in diretta l’inaugurazione del festival del Maggio musicale fiorentino con Daniele Gatti sul podio, martedì l’opera con Adriana Lecouvreur sempre dal Maggio, mercoledì dal Teatro dell’Opera di Roma, giovedì da Torino con l’Orchestra sinfonica nazionale della Rai, venerdì ancora in diretta dal Teatro dell’Opera con Luisa Miller
Cosa ha in mente per i prossimi mesi?
I nostri tradizionali appuntamenti privilegiati saranno subito sotto i riflettori, dal Festiva della letteratura di Mantova a Pordenonelegge alla Mostra del cinema di Venezia dove saremo presenti con grandi dirette. Sappiamo che la nostra comunità non vede l’ora di incontrare in presenza i conduttori, noi vogliamo esserci e dare un segno concreto. Raccontare, sostenere e condividere, essere insieme a chi fa cultura in Italia. Però questo non basta.
In che senso?
Radio 3 vuole tornare a essere protagonista anche a casa sua. Ho chiesto e ottenuto, dopo tanto tempo, di tornare a organizzare direttamente concerti ed eventi live con il pubblico nella storica Sala A di via Asiago. Cominceremo, anche simbolicamente, il 21 giugno con la festa della musica: una grande kermesse in cui idealmente si passeranno il testimone musicisti classici, jazzisti e altri artisti. Saremo al fianco di chi ha pagato in questo anno un prezzo altissimo alla pandemia. Poi in autunno il ritorno regolare e cadenzato della stagione di concerti di Radio 3 in cui sentiremo echeggiare da via Asiago le note del pianoforte gran coda Fazioli. Ma tutto ciò richiede naturalmente risorse.
Risorse che con la pandemia e il calo della raccolta pubblicitaria della Rai si assottiglieranno?
Su questo aspetto devo essere chiaro. Radio 3 ricopre in modo speciale il ruolo di servizio pubblico e la Rai deve sostenere la rete con risorse adeguate. Per i programmi, per chi li realizza, per il fondamentale lavoro di ripresa in esterna dei concerti, del teatro, degli eventi. È la sostanza della nostra programmazione. Certo, so bene che la pandemia ha causato la riduzione dei budget a tutte le reti e apprezzo il piano di contenimento dei costi che è stato approntato alla vigilia del mio insediamento un mese fa. Ciò detto, sottolineo che io non sono un direttore per tutte le stagioni e senza le risorse adeguate vedrei con grande difficoltà i presupposti necessari per un mio impegno in questo ruolo.
La ascolteranno?
Confido di sì. Anche perché dobbiamo inoltre ristrutturare gli studi e le sale di registrazione. Siamo di fronte a un progetto globale per irrobustire questa nostra casa così apprezzata dal pubblico. Gli investimenti in risorse sono la premessa fondamentale per essere vicini al Paese e al mondo della cultura che cerca di ripartire. Tutto ciò richiede grandi capacità di progettazione anche da parte della nostra eccellente comunità di conduttori, di autori e di collaboratori che il mio predecessore Marino Sinibaldi ha riunito nel corso della sua lunga e proficua direzione svolgendo un straordinario lavoro di proposta culturale di altissimo livello e di rinnovamento dei linguaggi dei programmi, facendo sì che si cementasse un rapporto persino intimo con la comunità dei radioascoltatori.
Quintessenza del servizio pubblico, si direbbe.
Io penso proprio che dall’osservatorio di Radio 3 ti accorgi ancor più di qualcosa che è un tema ineludibile per la Rai, cioè rafforzare le frontiere nelle quali l’azione di servizio pubblico è più evidente, in cui l’utilità è assai più chiara. Naturalmente non mi riferisco qui soltanto alla rete che dirigo. Nel mio caso comunque mi sento particolarmente impegnato proprio su questo crinale. Quindi se la Rai non capisse che il servizio pubblico è il centro della sua azione, nei prossimi anni sarebbe molto difficile rispondere a tutta una serie di sfide, non soltanto tecnologiche, ma sostanziali e culturali in senso ampio: a partire dal rispetto del pubblico e del tempo della gente a cui la radio dà particolarmente valore, a differenza della televisione. Ritengo che una delle ragioni della disperazione di questo tempo sia il caos, una certa mancanza di ordine e di senso che spesso connota le nostre vite. Io credo quindi che tutte le proposte editoriali che propongono costruzioni e percorsi di senso siano oggi vincenti. E Radio 3 da questo punto di vista ha tante cose da dire.
La radio di per sé, come mezzo di comunicazione di massa, sta vivendo una rinnovata giovinezza...
Radio 3 in particolare, tant’è che il mio obiettivo sarà anche quello di allargare l’ascolto e andare incontro ai giovani. La proposta così chiaramente scolpita in Radio 3 grazie al sedimento e al portato di un grande lavoro fatto nel tempo da Sergio Valzania prima e da Sinibaldi poi, propone oggi una forte identità culturale che in una stagione di richiesta di identificazione costituisce un patrimonio di inestimabile valore e importanza.
Ma la sua rete è alla portata di tutti o andrebbe resa più appetibile?
Radio 3 è già molto appetibile e non soffre di eventuale snobismo culturale come qualcuno ritiene. Ne ho riprova se osservo la stratigrafia dei nostri ascolti, che raccontano di una comunità molto motivata e molto legata alla rete. E non si tratta di una platea di professori universitari o di intellettuali, questo è un vecchio luogo comune. Per cui credo che la sua identità debba restare alta e forte. Ciò detto, dobbiamo fare di tutto per portarla a più persone, affinché mondi sempre più variegati conoscano la proposta complessiva di Radio 3. Da questo punto di vista rafforzeremo anche alcuni aspetti tecnici.
A cosa si riferisce?
Per esempio, si apre un’enorme opportunità editoriale con il podcast. Grazie alla tecnologia digitale e al fatto che nel telefonino puoi avere qualunque cosa, ecco che abbiamo un exploit degli ascolti differiti. Alcuni nostri programmi come Lezioni di piano, Sei gradi di separazione o Hollywood party si prestano in particolar modo all’ascolto differito, in qualsiasi momento della giornata. Rilanceremo quindi il podcast non solo con la possibilità di scaricare, ma anche producendo programmi costruiti in modo originale prima ancora che per la trasmissione proprio per il podcast. La notizia insomma è che Radio 3 va avanti con rinnovata forza e continuerà a produrre nel solco di questi ultimi anni, mirando a irrobustire la sua “casa comune”. Lo specifico di Radio 3 va al di là degli ascolti, dal momento che la sua cifra è una comunità di fruitori forte, coesa e motivata come si può vedere anche dalle file di persone ai festival di letteratura e dai gruppi social organizzati che seguono la programmazione e che ne fanno un fenomeno quasi unico.
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