venerdì 23 aprile 2021

Quegli inutili ospiti di Ezio Bosso nel programma 'Che storia è la musica?'



 Da un'intervista a Giulia Vespoli di Ezio Bosso ( Vanity Fair) 

L’atmosfera famigliare perché come hai visto eravamo tra amici, in un teatro che è la casa naturale di un’orchestra, a condividere una cosa bella. Come dico sempre, se una cosa fa bene hai voglia di dirlo a tutti, di condividerla più che puoi perché faccia stare bene anche gli altri. Gli ospiti nella mia idea iniziale non c’erano, figurati io pensavo di andare a chiedere Che storia è per te la musica? ai vecchietti che giocano a carte al bar, o alle persone per strada! Poi nei mesi, la Rai, gli autori, mi hanno detto che poteva essere più interessante avere degli ospiti famosi sia estranei che attinenti alla musica, volti che conosco di fama ma non personalmente, familiari però al pubblico a casa e mi sono affidato alle loro idee. Anche con loro (Enrico Mentana, Nicoletta Mantovani, Gino Strada, Roby Facchinetti per citarne alcuni) la mia preoccupazione è stata quella di volerli far stare bene, infatti non ho voluto fare prove. Il mio interesse è la suggestione dell’altro, era la loro suggestione, non io che gli suggerivo cosa pensare. Così facendo è anche cambiata la narrazione in base ai loro interventi, impressioni, curiosità. A me interessa aprire le porte. Se c’è una cosa che ho imparato proprio da Beethoven è che il rigore e l’autocritica estrema devono essere usati proprio per permettere un accesso a tutti, che vada al di là della divulgazione. Dare alle persone una scelta».

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Noi l'abbiamo scritto, subito dopo aver visto il programma. Che c'entrano tutti quegli ospiti di cui Bosso si finge - perchè deve - amico, molti dei quali ormai noti come 'prezzemolini' buoni ed usati per qualunque minestra?

 L'idea, dice il musicista, era venuta non a me ma agli autori e forse anche a Coletta, direttore all'epoca di Rai Tre. I quali non avendo la benchè minima fiducia sulle possibilità che la musica ha di catalizzare l'attenzione, si sono serviti di alcune esche, per noi 'avvelenate'.

La tecnica non è nuova, si pensi ad esempio anche ai seguitissimi programmi di Roberto Bolle e ad altri di cui ora dimentichiamo i titoli. Ma anche alle serate inaugurali scaligere, dove a presentarle  è stata spesso chiamata una signora, quella di 'Ballando', e ad essere interpellate erano altre signore dei salotti milanesi ingioiellate o impellicciate, tutte indistintamente mascherate, per dire banalità - nella migliore delle ipotesi - oppure autentiche sciocchezze.

 Forse  gli autori della trasmissione e lo steso direttore di rete non pensavano che Bosso da solo con le sue prove aperte alla intelligenza e curiosità di tutti avrebbe funzionato.  Se pensavano questo perchè allora farle quelle trasmissioni?  Non sarebbe stato meglio evitare tutte quell'erbetta  qua e là, e vedere che effetto faceva la musica in tv, una volta per tutte?

Ci si permetta di ricorrere ad un caso che ci riguarda direttamente. Intendiamo  alla trasmissione 'All'Opera!' su Rai Uno, con Lubrano inarrivabile narratore. In un'ora - un tempo ideale per una trasmissione televisiva che richiede un certo impegno di partecipazione -  si raccontava la vicenda e si facevano ascoltare, via via, i brani salienti del melodramma prescelto. I numeri, in termini di share e ascoltatori, erano ottimi. 

Eppure, dopo sei stagioni quella trasmissione (di cui eravamo autore) è stata cancellata dal palinsesto, semplicemente perché della musica non frega davvero a nessuno in tv. Questa è la verità. 

I programmi con Bosso e qualche altra invenzione servono solo per mettere a posto la coscienza dei vertici di Rai Cultura e della dirigenza tutta.  (P.A.)

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