sabato 31 ottobre 2020

Scuole aperte, per evitare ai giovani una deriva depressiva ( da La Repubblica, di Ilaria Venturi)

 Non hanno dubbi gli esperti, pedagogisti in primis: le scuole non vanno chiuse, almeno siano le ultime. Daniele Novara, tra i più noti pedagogisti italiani, è il primo a lanciare l'appello, proprio nelle ore in cui l'esecutivo sta decidendo nuove misure restrittive e il premier Conte dice che la didattica in presenza è a rischio. "Mi rivolgo al Governo e alle istituzioni perché sappiano respingere questa grave minaccia di riportare i nostri studenti alla chiusura casalinga che sostanzialmente vuol dire un ritorno a una condizione di consumo ludico tecnologico e di isolamento. Condizioni pericolose per la loro salute mentale che rischia una grave deriva depressiva".

LA NEWSLETTER DI REPUBBLICA SULLA SCUOLA

Novara guarda ai danni che la mancanza della scuola può creare allo sviluppo di bambini e adolescenti. Legge i dati: "a scuola gli indici di contagio sono bassissimi e quelli di malattia praticamente inesistenti" e "tutte le ricerche internazionali continuano costantemente a ribadire che i bambini non sono parte attiva della catena dei contagi e delle conseguenti patologie". Suggerisce: "Occorre monitorare con attenzione le strutture, non certo pensare di svuotare le scuole lasciando una generazione in balìa del vuoto e del nulla con l'alibi della Didattica a distanza che non è vera scuola, ma un succedaneo indispensabile se veramente si rendesse inevitabile la chiusura delle scuole - che non è, in realtà, necessaria". E conclude: "Ci vuole responsabilità in questi momenti, non scelte populistiche. Occorre evitare di riparare un danno rischiando di farne di molto peggiori".

Ernesto Caffo, professore di Psichiatria infantile e adolescenziale e fondatore di Telefono Azzurro, ricorda le richieste di aiuto in crescita durante il lockdown della scorsa primavera e in aumento anche ora. "Il disagio nella crescita di bambini e ragazzi privati della scuola è noto, in tutta Europa. Siamo stati i primi a dire di non chiudere tutto l'anno scolastico prima dell'estate, ora lo ribadiamo: la scuola non va chiusa, non a caso è rimasta al centro delle strategie di Paesi come la Francia e la Germania". Per i più piccoli, ricorda Caffo, "la scuola è un posto sicuro e di cura, soprattutto per quelli con famiglie più fragili. Per i grandi è l'ambiente che garantisce il rapporto tra pari di cui ha bisogno l'adolescenza. Gli insegnanti hanno fatto uno sforzo enorme, la scuola lo ha fatto: tornare al distanziamento sarebbe una scelta regressiva".

Più che alle lacune nell'apprendimento, Paola Bonifacci, psicologa ed esperta di disturbi dell'apprendimento dell'università di Bologna, guarda al contraccolpo sulla crescita emotiva. Il timore è che gli effetti della pandemia e delle chiusure abbiano più un impatto sullo sviluppo personale che non sulle loro conoscenze. Per i ragazzi, osserva, "è più grave il completo e totale cambiamento delle modalità di socializzazione e di relazione con gli altri". Pesa anche l'assenza del rapporto, oltre che con i compagni, col docente che "ti guarda negli occhi e ti chiede cosa c'è che non va". È su questo che bisognerà concentrarsi, segnala l'esperta, "più che sul recupero dei programmi".

Nessuno nega la gravità della situazione, "c'è un'emergenza sanitaria che mi lascia senza parole", commenta Italo Fiorin, docente di Pedagogia sociale alla Lumsa di Roma. "Ma perdere l'esperienza dell'interazione in classe è un problema enorme per i bambini e i ragazzi. La rabbia è di aver sprecato un'opportunità, perché si doveva pensare ai trasporti, alla sicurezza fuori dalla scuola". Quello che Fiorin giudica drammatico è la perdita di un altro anno scolastico: "Importante che le scuole restino aperte, soprattutto per i bambini più in difficoltà: molti in lockdown sono spariti dal radar dell'attenzione, gli alunni con disabilità e quelli stranieri, perché mancavano di appoggio a casa e in difficoltà con la lingua, hanno sofferto di più".

Che fare ora? "Se si devono fare delle scelte i primi da salvaguardare sono i più piccoli, gli alunni delle materne e della primaria, quelli più in difficoltà nella didattica a distanza a con il bisogno fisico di stare con altri compagni. Non va però dimenticato che soffrono anche i più grandi, brutto fare queste scelte. Se ci deve essere lockdown che sia limitato e in questo tempo di chiusura si pensi a garantire una ripresa".

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