martedì 27 ottobre 2020

La paura del contagio è più forte della voglia di musica e teatro. Non sono dello stesso parere solo musicisti e teatranti, insomma i professionisti del settore

 Raccontò a noi Ennio Morricone, anni fa, una sua idea di film, ripresa con qualche cambiamento anche pochi mesi prima di morire e ripetuta a Peppuccio Tornatore, come ha riferito sul Corriere della Sera Veltroni. (Il quale, detto fra parentesi, da quando ha smesso di fare politica attiva, percepisce il suo congruo vitalizio, e, non bastandogli, arrotonda collaborando regolarmente al Corriere, scrivendo libri, girando film  ecc...- nulla da  ridire, solo dovere di cronaca!).

 Raccontava Morricone: c'era una volta un paese  che viveva nella pace sociale. C'era solo un elemento che la sovvertiva creando talvolta tensioni: la musica. Secondo chi governava,  la musica riusciva di tanto in tanto ad agitare gli animi. Ciò constatato, la decisione di proibire la musica in quel paese. Fino a quando chi lo governava non si rese conto che i suoi cittadini facevano di tutto per 'fare musica', con ogni mezzo in ogni momento ed ogni dove. Il governo di quel paese, capì l'antifona e concesse nuovamente la musica ai cittadini, che gli avevano fatto capire in tutti i modi che loro alla musica non volevano rinunciare.

 Dal che Morricone concludeva, nel film che avrebbe voluto realizzare:  non si può vivere senza musica.

 Si può dire altrettanto del mondo d'oggi? I cittadini del mondo hanno tanta sete di musica teatro, cultura bellezza, al punto da lottare per dissetarsi a quelle fonti, incuranti del pericolo che quel dannato Covid rappresenta da tempo, e rappresenterà ancor per parecchi mesi?

Noi diciamo in tutta certezza che no. Siamo naturalmente felici di sapere che da quando i teatri e le sale da concerto hanno riaperto, dopo il primo lockdown, si sono riempiti ovunque, sebbene in capienza ridotta a causa delle norme sanitarie; come felici  siamo stati nel vedere di nuovo le file davanti alle librerie, sempre dopo il primo periodo di chiusura totale, per acquisto di libri.

E saremmo altrettanto felici di leggere che le vendite dei giornali  sono tornate ai tempi d'oro, perché vorrebbe dire che la gente vuole cominciare a riflettere, e si fa aiutare anche dai giornali,  rinunciando definitivamente a quell' IMBECILLIFICIO, perfino VOLGARE,  che è diventata la tv  pubblica e privata.

Quando passerà la paura, tornerà anche la gioia di sedersi  in una sala da concerto o in teatro o cinema e ascoltare o vedere, assieme ad altri, film musica opera.  Ora no. 

Anche perché se è vero che, in  linea di massima, gli spettatori  sono sicuri, come racconterebbero alcuni dati resi noti proprio all'indomani dell'ultimo DPCM, è il palcoscenico a non esserlo: musicisti  coristi attori non sono sicuri - lo raccontano altrettanto bene i casi sempre più numerosi  di contagi  in palcoscenico ( La Scala, Santa Cecilia, Petruzzelli ecc.. Notizia delle ultime ore: 21 contagiati fra gli artisti della Scala) che ci fanno anche dire: che cosa vanno a vedere o sentire i cittadini se il palcoscenico è ogni giorno  sempre più devastato da contagi?

E poi permetteteci di additare alcuni casi di  irresponsabilità e incoscienza: chiamatela come vi pare

 Come giudichereste la decisione di  ripartire con la Nona di Beethoven, con la Messa da requiem di Verdi ecc... Credevano gli illuminati direttori artistici di Milano, Roma, Palermo che il virus di fronte a  tanta massa artistica si sarebbe arreso, rinunciando ad infestare quell'esercito di esecutori?

Si è passato dalla paura di vedere in palcoscenico solo monologhi,  un solo attore, o un solo musicista (tornando a quei tempi tristissimi della avanguardia di anni fa) a centinaia di persone insieme. Come se nulla fosse.

Restano comunque da risolvere - come abbiamo scritto già altre volte in queste settimane -  i problemi che la chiusura imposta  crea a tanti lavoratori non garantiti che, nel mondo dello spettacolo sono maggioranza, rispetto a quelli che hanno contratti sicuri nelle istituzioni e ammortizzatori in casi come questi.

 Sinceramente, lo ripetiamo,  non ci toccano minimamente i problemi che dovessero avere Muti o Pappano o Netrebko o Pollini dalla presente, seconda chiusura. Hanno guadagnato fino all'altro ieri quello che hanno voluto, e perciò si arrangeranno 'alla grande' - espressione orrenda che tuttavia usiamo in questa occasione. Ciò non vuol dire che non facciano bene a spendersi in difesa dei loro settori. E bene è che continuino a farlo.

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