domenica 25 ottobre 2020

La musica in lutto

 Il DPCM di oggi che  richiude, fino a quando non si sa, teatri e sale da concerto ( ma anche cinema) è un colpo durissimo - il secondo nel giro di un anno - inferto al mondo dello spettacolo - da non confondere naturalmente con discoteche o i dancing-bar  o pub o altre diavolerie da divertimento.

 Già è tanto che Conte e il suo gabinetto - bontà loro - non hanno incluso nel medesimo paragrafo del DPCM teatri sale da concerto ed anche cinema con palestre, piscine.

Comunque adesso siamo - meglio 'sono' - di nuovo alla canna del gas tuti quelli che lavorano in tale mondo e che, chiusi teatri e sale da concerto non sanno di come vivere (la recente protesta in Piazza Duomo a Milano l'ha mostrato plasticamente).

 Il premier ha parlato di 'ristoro', le cui modalità saranno oggetto di un decreto da approntarsi nella settimana entrante, per tutte quelle categorie che  la chiusure varate proprio oggi, riducono sul lastrico. Al pari di tanti lavoratori di cui si paventa la chiusura delle fabbriche nelle quali lavorano.

Il ministro Franceschini - come vivesse su un altro pianeta dal quale guarda le miserie umane - si è detto 'dispiaciuto' o 'preoccupato' - fa lo stesso, tutta foffa inutile.

 Io non mi preoccuperei degli artisti i cui nomi fanno annualmente un cartellone he si rispetti. Non mi preoccuperei di direttori sulla cresta dell'onda, di cantanti d'ambo i sessi che appartengono al mondo delle grandi star, o di strumentisti, che piove o tira vento, non hanno mai, e da sempre, avuto il problema di come mettere insieme il pranzo con la cena. Quelli non mi preoccupano.

 Come anche non mi preoccuperei  di strumentisti e coristi e ballerini delle nostre grandi Fondazioni, legati alle rispettive istituzioni da contratti stabili. Quelli in un modo o nell'altro sopravvivono.

A proposito - e qui vorrei che il mio amico Giuseppe Pennisi, a suo agio nel fornire numeri -  ricordo di aver letto  che l'apporto che il botteghino offre alle nostre grandi fondazioni musical è minimo: intorno al 20%, se non ricordo male.

 Ciò vuol dire che con il finanziamento pubblico, perdurando la crisi pandemica, queste istituzioni con i soldi pubblici - sempre che continuino ad essere loro versati - possono andare avanti.

Ricordo anche di aver letto due altre cose - in quel caso, ricordo bene, il riferimento era al Teatro Lirico di Cagliari di qualche stagione fa, e cioè che il finanziamento pubblico serviva per pagare le cosiddette 'masse' artistiche e gli amministrativi impegnati in detta Istituzione, e che ogni recita che si faceva, il costo finiva nel passivo dell'Ente. 

Cosa intendiamo dire? Semplicemente che a casi estremi estremi rimedi. Non crediamo possibile che il finanziamento pubblico possa cessare perdurando la pandemia, nè, in alternativa gli ammortizzatori previsti anche per il settore dello spettacolo e già sperimentati nella passata chiusura di primavera, e perciò gli 'stabilizzati' non dovrebbero avere problemi - tanto la pandemia prima  o poi finirà, debellata al vaccino - i tecnici si danno tempo un anno circa- e tutto tornerà normale, speriamo con come prima, perché qualcosa avrà pure da insegnarci questo disastro! 

 Il Governo, con il 'ristoro' promesso, non si dimentichi di tutti quelli che, chiusi teatri e sale da concerto, sono condannati alla fame più nera. Di loro, soprattutto, mi preoccuperei! 

  

Nessun commento:

Posta un commento