Ci siamo trovati in grande difficoltà. Era il capodanno cinese, un periodo di migrazioni. È stato bloccato tutto. Mancavano le mascherine, mancava l’amuchina. La situazione igienico sanitaria era tremenda. I centri commerciali all’interno dei quali si trovano i nostri negozi ci chiedevano delle misure sanitarie che non eravamo in grado di rispettare».
Ben presto la vita è cambiata. «Dall’Italia ci hanno spedito 6.000 mascherine, altrettanto hanno fatto dalla Cina e la nostra vita è cambiata da un momento all’altro. Discorso diverso per i cinesi che sin dall’inizio, avendo vissuto la Sars, si sono autolimitati e hanno imposto regole molto rigide con la chiusura di tutte le scuole anche a Hong Kong. Guardando i numeri dico che le misure sono state determinanti per contenere il virus. A Hong Kong durante il capodanno c’erano tre milioni di cinesi, eppure i contagiati sono stati solo un centinaio e i decessi due. Su una popolazione di 7 milioni».
Anche la ripresa è stata caratterizzata da regole molto rigide: d’altronde - come afferma il manager - c’era la consapevolezza che fosse giusto fare così.
Anche la ripresa è stata caratterizzata da regole molto rigide: d’altronde - come afferma il manager - c’era la consapevolezza che fosse giusto fare così.
La ripresa è iniziata. E c’è stato qualcosa che lo ha fatto intuire.
Lo abbiamo capito quando abbiamo visto che la curva del fatturato si stava lievemente riprendendo. Più lentamente rispetto alla curva dei contagi, ma in movimento. Adesso a 40 giorni dall’inizio, il business riparte, i negozi sono stati riaperti man mano hanno riaperto scuole e fabbriche».
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