lunedì 30 marzo 2020

Non era impossibile, avendo gli occhi ben aperti, prevedere quel che poi puntualmente si è poi verificato. Questo scrivevamo su Music@ ( Maggio 2006)


                  Maggio Musicale Fiorentino in crisi (2006)
Poco meno di un anno fa un noto quotidiano sembrava gioire della crisi della Scala e profetizzava un futuro roseo del Teatro del Maggio Fiorentino. La Scala ha perso Muti - e meno male, finalmente ha fatto la fine dei despoti – ed è a corto di idee; così scriveva il quotidiano che aggiungeva: il salvatore Mauro Meli è stato costretto alle dimissioni prima ancora di fare anche a Milano i suoi costosi miracoli; Lissner deve praticamente inventarsi una stagione che non c’è e via dicendo. A Firenze, invece, c’è un sovrintendente intellettuale - van Straten – amico di Veltroni; c’è un buon team artistico con Mazzonis, Cesare(da non confondere con Stefano, comandante di ventura a Bologna) e Tangucci; c’è un grande direttore come Zubin Mehta e, quel che più conta, ha già cartelloni fatti per le prossime stagioni e le star in arrivo non si contano. Dunque Firenze è meglio di Milano, e la Scala al Maggio gli fa un baffo. Questo scriveva gongolante La Repubblica, che al glorioso teatro fiorentino ha portato sfiga, una sfiga nera, perché nel giro di poco tempo van Straten viene richiamato a rotta di collo dall’amico Veltroni per evitare che alla sua gestione venga addebitata la grave situazione economica, come se ci fosse qualchedun’altro responsabile di quella situazione (i fatti sono anteriori agli ultimi drastici e sciagurati tagli governativi al FUS). A Firenze si tenta di portarci un nuovo sovrintendente; impossibile, perché ai sovrintendenti ‘sinistri’ si vuole ad ogni costo affiancare direttori artistici ‘destri’ e l’amministrazione ‘sinistra’ di Firenze non accetta lo scambio che altrove altri amministrazioni di opposta posizione hanno sempre accettato, fino alla decisione dell’altro mese di portare a Firenze una coppia di salvatori, Giambrone sovrintendente e Arcà direttore artistico

Fin qui la cronaca politico-amministrativa. Che ne è ora del Maggio 2006, 69° della storia? Semplicemente, quest'anno, il Maggio non esiste. Non esiste perché non ci sono soldi (ma la causa del deficit è anteriore ai tagli), e non esiste soprattutto perché non c’è un briciolo di idea. A Firenze non vale il detto che la difficoltà aguzza l’ingegno. Del glorioso festival è rimasto quest’anno solo un Falstaff diretto da Mehta con la regia di Luca Ronconi (l’ultimo Falstaff verdiano che si ricorda a Firenze, ebbe luogo nel 1998, e portò in Italia per la prima volta in teatro il direttore Antonio Pappano oggi osannato in tutto il mondo. Se non andiamo errati l’unico critico cui il direttore non piacque fu quello de La Repubblica). Poi soltanto alcuni concerti, certamente di rilievo quelli diretti da Mehta e da Daniele Gatti. E solo per tirare a campare tutti gli altri senza eccezione, molti dei quali raggruppati sotto il titolo: Mozart &… (Antonello Manacorda, Federico Maria Sardelli, Carlo Montanaro, Giuseppe Mega, Ivor Bolton), che dovrebbero rinverdire la grande tradizione concertistica del Maggio. Una sola orchestra ospite, la New York Philharmonic diretta da Maazel, in quei giorni in tournée in Italia. Infine, una maratona pianistica affidata agli allievi dell’Accademia di Imola. Anche in questo caso il Maggio, ormai con la corda al collo, ha chiesto aiuto ai giovani musicisti imolesi; idee zero! 
Dopo il commissariamento del Maggio, e dopo neppure un anno dalla sfiga lanciatagli dal noto quotidiano, Firenze non solo non insidia più La Scala ma rischia addirittura di non fare più paura a nessuno, avviandosi ad un degrado irreversibile.

                                                                    (Pietro Acquafredda)

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