lunedì 18 giugno 2018

L'Opera di Firenze nel profondo rosso. Dei conti

Da quello che dice il Commissario del Mibact alle Fondazioni liriche, e scrivono anche i giornali, l'Opera di Firenze è nella condizione finanziaria peggiore di tutte le altre fondazioni liriche italiane, perfino dell'Opera di Roma e del Comunale di Bologna, con i suoi  62 milioni  di Euro di debiti pregressi, accumulati negli ultimi decenni, per i quali  Cristiano Chiarot, chiamato da Venezia al capezzale del malato fiorentino gravissimo, che è riuscito a raggiungere il pareggio di bilancio, nulla ha potuto. Anzi, contemporaneamente, ha lanciato l'SOS: servono subito una decina di milioni di Euro, non abbiamo liquidità; e Renzi che, per l'Unità d'Italia, aveva messo nel programma anche un pacco di milioni per il nuovo teatro della sua città, adesso non può fare più nulla, perchè i cordoni della borsa sono passati in altre mani, e quella del Comune,  nelle mani da Nardella, non suona, pechè di fiorini non ne ha più da dare all'Opera.

Colpisce in questa storia il fatto che almeno negli ultimi  due decenni circa siano passati nelle stanze della sovrintendenza fiorentina i big delle istituzioni culturali, che big evidentemente non erano e non sono, pur continuando ad essere considerati tali e ad essere contesi, non appena lasciano, correndo e di notte per non essere raggiunti dagli inseguitori con i forconi, una poltrona.

A Firenze c'è stato Francesco Giambrone, all'inizio degli anni Duemila,  per il successo (di deficit) conseguito a Palermo anni prima, c'è stato anche il 'grande&grosso' direttore generale Nastasi come commissario, c'è stata l'ing. Colombo, Francesca (in arte Micheli), c'è stato uno dei due fratelli che erano gli avvocati di fiducia di Renzi, e cioè Francesco  Bianchi, ed ora Chiarot che certamente ha le mani legate e che forse si è reso conto di aver fatto il passo più grande della gamba, venendo via dalla tranquilla Fenice, ed ora forse medita, prima che sia troppo tardi, di darsela anche lui a gambe levate.

 Bene, tutti questi campioni dell'amministrazione culturale - materia che tutti vanno insegnando nelle università dei loro paesi. Capito a che cosa si sono ridotte le università? - compreso il Commissario Nastasi, nulla hanno fatto per sanare negli anni il debito, nè per ridurlo quantomeno. E tutti sono accomunati dalla stessa tecnica utilizzata per uscire di scena.

Sono sempre andati via prima che scoppiasse il bubbone. Loro  si sono dimessi, dicendo che lasciavano perchè interessati 'ad altri progetti', e l'indomani, puntualmente i giornali scrivevano della difficile, anzi tragica situazione finanziaria del Teatro del Maggio fiorentino. 

Di una in particolare siamo stati testimoni oculari, durante la sovrintendenza Colombo. Recatici a Firenze per intervistare Zubin Mehta,  nella bacheca del teatro, leggemmo del consistente ritardo, forse uno o due mesi, del pagamento degli stipendi per mancanza di liquidità. Anche la sovrintendente Colombo era stata chiamata, dopo il gigante Giambrone, per mettere ordine nei conti. Anche Lei  non riuscì nell'intento, al suo posto Renzi mise Bianchi, e dopo Bianchi, anche lui uscito prima della denuncia del buco profondo del bilancio, è arrivato Chiarot, l'impotente, perchè forse nulla o pochissimo può.

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