Fra pochi giorni in una rassegna cinematografica romana, ospitata a Villa Borghese ( Casa del Cinema) ed affidata per la direzione artistica a Giorgio Gosetti, verrà proiettato un ciclo di film, ben otto, che racconta Claudio Abbado. Il ciclo si intitola 'W Claudio' ed è stato messo insieme da uno dei suoi figli, Daniele, di professione regista, e da suo cugino Dall'Ongaro, presidente dell'Accademia di S. Cecilia, che collabora all'iniziativa.
Il ciclo parte da molto lontano, dagli anni Ottanta, quando Abbado era a Berlino ( anni raccontati dalla sua collaboratrice e amica, Lidia Bramani, in un volumetto intitolato ' La musica sopra Berlino', ripubblicato due anni fa, alla morte del direttore, con un titolo imbellettato e qualche riga in più del vecchio, con un nuovo titolo 'La musica scorre a Berlino').
Si partirà mostrando un' operazione che Abbado fece a Berlino ed ha poi ripetuto anche in altre sedi successivamente: Alexander Nevskij, il celebre film di Eizenstein proiettato con la omonima cantata di Prokofiev eseguita dal vivo. Di quel progetto berlinese si occupò Daniele Abbado, per incarico del padre; lo ricordiamo bene perchè su 'Piano Time' ne scrisse Michele Dall'Ongaro che ci parlò dell'iniziativa e noi accettammo che la raccontasse ai lettori della nostra rivista.
Poi si ascolterà anche Mahler; il Viaggio a Reims di Rossini , nella celebrata riesumazione pesarese con Abbado sul podio e la regia di Luca Ronconi; e due serate romane con i Berliner, nel febbraio 2001, nell'Auditorium della Conciliazione (lo ricordiamo con precisione perché quel ciclo di concerti segnò l'inizio della nostra decennale collaborazione a Il Giornale), ciclo del quale si attribuì i meriti Luciano Berio, musicista rapace, appena approdato a Santa Cecilia, mentre quel ciclo arrivò a Roma, dopo la disdetta di Parigi e fu Mimma Guastoni, allora amministratore delegato di Musica per Roma, che poco dopo abbandonò, ad accaparrarselo. Berio gliene tolse anche il merito.
E' da quel memorabile ciclo beethoveniano che oggi, sul 'Corriere', Valerio Cappelli fa partire il suo racconto del ciclo di film che si potranno vedere a Roma. Ricorda che il celebre direttore lo accolse in camerino e gli disse: 'grazie perchè non avete scritto', riferendosi alla malattia che lo aveva sfigurato e fiaccato. Si seppe che durante quei concerti, i primi dopo la malattia, ebbe bisogno, anche fra una parte e l'altra dei concerti, di assistenza medica, e sua figlia Alessandra, fu per il restod egli anni, sempre al suo fianco, figlia ed infermiera. Comunque pian piano il direttore si riprese e con opportuni accorgimenti, cure adeguate e ritmi non più pesanti, è vissuto per molti anni ancora. E, possiamo dirlo, producendo fra le sue cose migliori.
Fra le sue cure, fisiche e spirituali, c'era anche il Venezuela (e si vedrà in un capitolo di questa rassegna di film): patria del 'Sistema' ('delle orchestre e cori giovanili e infantili') fondato da Abreu, dove Abbado passava le stagioni fredde e, nel contempo, ritemprava anche lo spirito e dava una mano a quell'impresa che tutto il mondo ammirava e che adesso sta vivendo momenti tragici, dopo la morte di Chavez e l'avvento del dittatorello Maduro che ha ridotto il paese in macerie, la popolazione in un esercito di straccioni ed ha calpestato anche le più elementari libertà civili.
Abbado, come del resto abbiamo scritto recentemente di Abreu (purtroppo da tempo malandato di salute e deceduto da poco), e di Dudamel, rimproverando a quest'utlimo il colpevole silenzio contro il dittatore (alla fine ha parlato anche lui, ma avrebbe dovuto farlo molto prima; mentre dalla sua residenza dorata a Los Angeles ha finto di non vedere e non sentire) mai una parola hanno detto sia contro Chavez che contro Maduro. Abbado come Dudamel hanno sempre addotto la scusa che temevano per il sostegno dello Stato al 'Sistema' che aveva rilevanza sia musicale che sociale. Maduro ha fatto comunque il macello, ma loro nel frattempo hanno la colpa di essere stati ZITTI.
Non hanno mai denunciato il fatto che uno dei paesi al mondo più ricco di materie prime, e di petrolio sopra ogni altra, sia stato ridotto da questi dittatori senza scrupoli in miseria. Avrebbero dovuto farlo a suo tempo e non l'hanno fatto fino a quando la situazione è diventata irrimediabile. La loro voce avrebbe fatto scalpore, e anche se non crediamo che i dittatori avrebbero cambiato politica, colpevole resta il loro silenzio che avrebbe sicuramente esercitato una pressione enorme sull'opinione pubblica mondiale. Forse ne avrebbe sofferto un pò il 'Sistema', ma tutto il paese non sarebbe ora nella drammatica situazione in cui l'hanno fatto piombare. Forse. Compreso il 'Sistema'.
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