Si è ascoltato, l'altro ieri, nel corso di una puntata dell'acuta, all'apparenza perfino cattivissima Barcaccia di Radio 3, condotta dall'esilarante, ridanciano duo Stinchelli-Suozzo, una performance di Josè Carreras - che chiamare 'vocale' è davvero un insulto all'arte del canto - il quale ormai settantenne e con l'arnese vocale completamente disastrato, si arrischia ancora a cantare, non conta se in un teatrino della provincia toscana, in occasione dell'ennesimo premio attribuitogli.
Agli ascoltatori di Radio 3 sono stati proposti due brevissimi brani - INASCOLTABILI - al termine dei quali i due con la faccia tosta che tutti conoscono, hanno lodato l'interpretazione, il fraseggio, aggiungendo semplicemente, sapendo di mentire - altrimenti non sanno neppure cosa sia il canto - "certo la voce non è più quella di un tempo". Ma come, la voce non è più quella di un tempo? Carreras di voce non ne ha più, e quella poca che ha è sfibrata, esile, sforzata anche per piccoli passaggi nell'acuto, insomma un disastro.
Ma per gli esilaranti conduttori non era così. Loro gli perdonavano tutto, per la sua storia passata ed anche per la grave malattia, per sua fortuna, superata.
Il canto è una cosa seria, e quando uno non può più praticarlo è bene che si ritiri.
Il giorno prima della imbarazzante performance di Carreras trasmessa da Radio 3, esattamente domenica 24, al Teatro Eliseo, Giovanni Bellucci, pianista interprete e musicista di altissima classe, nel pieno della forma. Per lui che sicuramente ha avuto la sala strapiena e che ha suonato 'da dio' un breve servizio sul Tg regionale.
Mentre guardavamo il servizio ci è venuto da pensare che Carreras e Bellucci avrebbe dovuto avere collocazioni radiotelevisive opposte: un breve servizio di cronaca per Carreras bastava ed avanzava, mentre una lunga intervista a Bellucci era il minimo dovuto ad un interprete che, purtroppo, in Italia direttori artistici incapaci ed anche disonesti - diciamo le cose come stanno - continuano a tenerlo a distanza, mentre all'estero è osannato da tutti.
In Italia Bellucci deve suonare sempre in sedi 'improprie', diciamo così, mentre un musicista come lui dovrebbe regolarmente essere presente nei cartelloni delle principali istituzioni musicali del nostro paese, a cominciare, limitandoci a Roma, da Santa Cecilia - che evidentemente ha altri interessi - alla Filarmonica.
La quale Filarmonica, purtroppo, ora si trova in un periodo nerissimo, per il crollo che ha interessato il Teatro Olimpico, ed in aiuto della quale non vediamo correre le altre istituzioni romane che dispongono di sale, come ad esempio Musica per Roma o Santa Cecilia, non molto distanti dal teatro Olimpico, che dovrà restare sicuramente inagibile per qualche mese.
Eppure fra l'Accademia ceciliana e la Filarmonica ci sono intrecci di vario potere, a cominciare dai direttivi artistici i cui componenti sono praticamente gli stessi. La Filarmonica forse dovrà votarsi al suo potentissimo presidente, Paolo Baratta, augurandosi che possa fare di più dei musicisti distratti dall'inseguire i personali affari.
E dopo, una volta tornata alla regolare programmazione all'Olimpico, la Filarmonica - PER GRAZIA RICEVUTA - inviti Giovanni Bellucci a suonare.
Ed anche Santa Cecilia, segua l'esempio, invitando, per la prossima stagione Giovanni Bellucci - una volta accontentati amici, accademici ed anche amanti, perchè ci saranno anche amanti da compensare, oltre i meritevoli, non per meriti di 'agenzia'.
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