Apprendiamo che, per volere delle figlie di Lucianone, e per bocca della portavoce Cristina, la villa di famiglia sulle colline pesaresi, sarà adibita a residenza artistica; e uno immediatamente si immagina che il tenore e la famiglia, quella messa su con Adua, sua prima moglie e manager, avesse una seconda villa a Pesaro, oltre quella di Modena, escludendo gli appartamenti di Montecarlo e New York. Ed invece no.
Noi che abbiamo incontrato per un'intervista il grande tenore nella sua residenza pesarese, verso la metà degli anni Ottanta - all'epoca dirigevamo Piano Time - possiamo attestare che la villa pesarese non era che una casa semplice, arredata alla ben'e meglio - stile grandi magazzini si direbbe oggi - con una fila di stalle, per soddisfare la ben nota passione del tenore per i cavalli. Facemmo l'intervista all'aperto seduti ad un tavolo da casa al mare di impiegato statale ( senza offesa, solo perchè si sa che gli impiegati statali non hanno soldi!) e via. Dunque se ora gli eredi, quelli del ramo Adua, dispongono che quella residenza sia destinata ad ospitare artisti, si presume in campo musicale, vuol dire o che l'hanno ristrutturata a loro spese, oppure che in cambio della destinazione qualcuno si incarica di ristrutturarla, se non l'ha già fatto. Forse la Fondazione del Festival rossiniano - ma ci pare di ricordare che fra il tenore ed i vertici del festival non corrispondessero sensi proprio amorosi - o la locale banca. Ci piacerebbe saperne di più per capire meglio.
Mentre capiamo perfettamente perchè Massimo Bray, ex ministro ed ora presidente della Treccani sia diventato, per nomina ministeriale e su indicazione di qualcuno, presidente dell'Accademia nazionale di Danza di Roma, di cui è direttore il nostro amico Bruno Carioti. Ufficialmente perchè Bray è stato in Salento l'inventore ed il patron del festival della taranta - che sempre danza è - ma nella realtà perchè ogni istituzione aspira a mettere il suo futuro nelle mani di chi, alla bisogna, possa recarle aiuto. Nascono così presidenze e CdA di tante istituzioni culturali, i cui membri sono sempre scelti fra i frequentatori dei salotti buoni che possono alzare il telefono, nel momento del bisogno, e raccomandarle a chi dispone di autorità e mezzi. La stessa ragione per cui, ad esempio, Gianni Letta, ha collezionato finora il numero più alto di presidenze e vice presidenze effettive o onorarie ed anche altro, come ad esempio quelle di Civita e dell'Accademia di Santa Cecilia; senza contare quelle dei premi di qualunque natura (ma per maggiori e più dettagliate informazioni si guardi su questo blog, il post 'Antico gioco del Letta', che si fatica a tenere aggiornato).
Oggi, in macchina, ascoltando un predicatore di Radio 3 - il tono è quello di un predicatore, così inadatto alla radio - che risponde al nome di Sandro Cappelleto e che ci illuminava su 'Attila' di Giuseppe Verdi, ci siamo chiesti perchè proprio 'Attila', ancora una volta 'Attila', considerato che proprio lui l'aveva fatto già al tempo della rappresentazione romana diretta da Muti? La nuova illuminazione era dovuta al fatto che al Teatro di Bologna si rappresenta 'Attila' di Giuseppe Verdi? Quale teatro? Al Comunale di Bologna, dove è sovrintendente Nicola Sani, massimo studioso verdiano e, perciò, presidente dell'Istituto di studi verdiani di Parma, dove Sani ha chiamato Cappelletto, altro insigne studioso verdiano, a dirigere il bollettino dell'Istituto. Il quale Sani ha anche chiamato a Bologna Cappelleto, a presentare l'opera verdiana. Ecco spiegata la ragione della nuova illuminazione, della cui VOLGARITA' solo a Radio 3 non si rendono conto. Infatti, tranne che a Radio 3, a tutti viene da domandarsi: perchè Attila, quando magari in altri teatri italiani in queste settimane si rappresentano titoli più bisognosi di essere illuminati? Forse il contratto per la presentazione dell'opera verdiana a Bologna prevedeva, sottinteso, che una seconda presentazione venisse fatta a Radio 3.
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