lunedì 11 marzo 2024

Fortunato Ortombina, io lo conosco abbastanza bene, per i sette anni di collaborazione con lui per il Concerto di Capodanno

 Quando arriva alla Fenice Fortunato Ortombina, nel 2007, sovrintendente Vianello, erano passati già tre anni da quando, per incarico della Rai,  io mi occupavo del Concerto di Capodanno, trasmesso in diretta da Rai 1. Avevo il compito di elaborare il programma di detto concerto, la cui struttura di base avevo già stabilito, in accordo naturalmente con la direzione artistica, che  da quell'anno  era affidata a Fortunato Ortombina, che veniva dalla Scala, dove aveva a sua volta avuto l'incarico di 'coordinatore della direzione artistica'. 

Con il precedente direttore artistico, Sergio Segalini, tutto era filato liscio come l'olio. Io gli presentavo una bozza di programma, alla ripresa autunnale, al più tardi settembre, lui mi faceva, eventualmente, le sue osservazioni, e poi provvedeva a invitare direttore e solisti (magari il nome del direttore lo si sera concordato anche prima).

 Posso dire che in linea di massima ai direttori invitati nei primi anni, specie a quelli più noti, a cominciare da Maazel, andava bene qualunque programma. Accettando di venire a dirigere il Concerto di Capodanno trasmesso in diretta tv, erano tutti  consapevoli che  il programma doveva tener conto della circostanza. 

Qualche volta esprimevano i loro desiderata, sempre inascoltati: Kurt Masur, ad esempio, in pubblico aveva detto che per lui l'ideale programma del concerto sarebbe stato la Sinfonia n.9 di Beethoven, ma siccome evidentemente capiva che non era possibile, piegava il capo ed ubbidiva. 

Non conoscevo Ortombina, a differenza di Segalini, di Vianello e poi di Chiarot, che per varie ragioni conoscevo già da tempo.

Mi colpì quando poi lessi di lui  ciò che scriveva Paolo Isotta nei suoi libri: diplomato in trombone - era il massimo dei complimenti; non gli piaceva neanche  Chiarot all'inizio. Poi, quando i due decisero che dovevano invece farselo piacere,  perchè il critico del Corriere era importante, ed importante era averlo dalla loro parte, uno facendogli compagnia nelle sue trasferte veneziane, l'altro ascoltando qualche suo consiglio su programmi ed autori da mettere in cartellone ( come Meyerber, per Il Crociato in Egitto che debuttò alla Fenice giusto due secoli fa, e Marinuzzi e Alfano),  Isotta cambiò idea: Chiarot cominciò a piacergli più di Ortombina, ma anche Ortombina gli piacque un pò, e insieme rappresentarono per Isotta la coppia 'più bella ' del mondo dell'Opera. E da allora un panegirico ad ogni opera della Fenice.

 Aveva altri amori in questo campo Isotta, da Alessio Vlad, a Nazareno Carusi, fino naturalmente al maestro Riccardo Muti, sul quale ultimo però, a causa della sua uscita dall'Opera di Roma senza averglielo prima annunciato, ma con una lettera indirizzata al sovrintendente Fuortes, gettò fango, su di lui e su tutta la famiglia,   su sua moglie certamente.

 Torniamo ad Ortombina. Posso dire, senza timore di essere da lui , ma anche da Chiarot, smentito, che negli anni della sua direzione artistica,  immancabilmente e puntualmente,  nella preparazione del concerto di Capodanno volavano insulti.  Decideva sempre all'ultimo momento a dare il suo assenso al programma che gli avevo presentato per tempo, e per il quale doveva poi scritturare gli interpreti; proponeva ogni volta cambiamenti che sembravano venire da uno che non capiva di quale concerto si stesse parlando e che io puntualmente rifiutavo; e se  si arrivava ad un accordo,   era solo per l'intervento del sovrintendente Chiarot.

 Avevo l'impressione ogni volta che Ortombina mal sopportasse la mia presenza, nonostante che quel concerto negli anni in cui me ne sono occupato, a dispetto di Ortombina, faceva ascolti 'da capogiro': sempre oltre i 4.000.000, livelli che dopo la  mia uscita del 2014 e fino ad oggi non ha mai più raggiunto.

 Ero  sinceramente meravigliato di quel suo atteggiamento, per me tuttora inspiegabile, che rivelava intelligenza poca  ma insicurezza grande, non potendogli io fare ombra in nessun modo e per il resto dell'anno, perchè quel concerto - che non era una sua invenzione, e forse per questo lo combatteva in ogni modo -  che era diventato un tormento per lui, era una manna per la Fenice, sia per la vetrina tv, sia anche per il ricco introito da botteghino del concerto medesimo.

 Insomma, posso dire in tutta sincerità che in un settennato, quanto è durata la nostra collaborazione, non sono riuscito a fargli capire che quel concerto se non fosse stato fatto  come gli dicevo io, avrebbe perso consensi  tv (come poi è puntualmente accaduto)  e, di conseguenza, avrebbe potuto correre il rischio che qualche dirigente Rai un giorno glielo togliesse, per abolirlo del tutto o per regalarlo ad un altro teatro di 'amici'. E non è detto che non possa accadere in futuro.

 Adesso Ortombina va alla Scala, anzi torna alla Scala. Ma Milano non è Venezia, e la Scala non è la Fenice, per moltissime ragioni. Avrà l'intelligenza sufficiente per capire le differenze e per agire di conseguenza? E chi chiamerà a fare il direttore artistico, come la Scala sembra decisa a volere? Andrà d'accordo con il direttore musicale 'in pectore' Daniele Gatti che prenderà il posto di Chailly e che lui non ha mai invitato, che mi ricordi, a Venezia? Come non ha mai invitato Chailly? Nessuno dei due a dirigere neanche  a Capodanno?

 Bisogna dargli atto che la sua programmazione a Venezia  soddisfaceva alcuni criteri  condivisibili  soprattutto dai critici  musicali sempre a caccia di cose nuove, dimenticando che c'è l'esigenza di riempire i teatri ogni sera, anche facendo ricorso al grande repertorio;  ed anche che ha stabilito rapporti stretti, e perciò proficui, con certi direttori di valore  come Chung. ecc...

 La piccola Fenice aveva esigenze e problemi che non ha la Scala, che ne ha altri e di ben superiore complessità, non ultima la diversa capienza ed il diverso pubblico. Anche a questo deve fare attenzione Ortombina per non cadere.

 E a Venezia che succederà? Chi prenderà il suo posto? Non voglio neanche pensare alla possibilità che sia data in mani sacrileghe come quelle di cui si parla e scrive in queste settimane e che vanno a genio agli attuali governanti. Quando penso che devono andar bene anche ad uno come Donzelli ( il quale ha già fatto sapere chi vuole e chi no, nei posti vacanti dei teatri e pretende anche di dare consigli e pareri, e pare anche ordini, a Sangiuliano che già sbaglia di suo con protervia ed ostinazione) mi cascano le braccia e non solo quelle.  

 

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