domenica 31 marzo 2024

Rita Dalla Chiesa. Ma come abbiamo fatto a sopravvivere per decenni senza la grande opinionista ora entrata in politica?

 Questa edizione del Grande Fratello appena conclusasi è stata fonte di diverse polemiche ed è stata particolarmente seguita da diversi esponenti del mondo dello spettacolo, come Rita Dalla Chiesa. La conduttrice, infatti, ha più volte commentato le dinamiche all'interno del reality di Canale5 attraverso i suoi social e ha svelato cosa pensa davvero dei gieffini che hanno animato la diciassettesima edizione del programma condotto da Alfonso Signorini.

GF, Rita Dalla Chiesa stronca i gieffini: interviene Giselda Torresan a ribattere!

Dalla Chiesa non ha mai nascosto la sua preferenza per Beatrice Luzzi dopo la vittoria di Perla Vatiero ha voluto esprimere ciò che pensa degli altri concorrenti con cui l'ha vista interfacciarsi. Il suo giudizio è stato particolarmente forte e non è mancata una vera e propria stroncatura dei vari concorrenti del GF:

"La prima edizione che ho visto dalla prima all'ultima puntata, ma solo perché c'era Beatrice Luzzi a tenere testa a un branco affamato di popolarità a basso costo, che la voleva fare fuori per paura che lei vincesse. E ha vinto. Adesso fanno finta che abbia vinto Perla. Imbarazzatni tutti gli ex del GF che non si fanno una ragione del fatto che nessuno se li fili. Ma cosa si aspettavano? Finita la trasmissione, tra un po' saranno dimenticati anche loro. A parte la grande vittoria di Beatrice Luzzi, la normalità della vita è un'altra cosa."

A replicare alla conduttrice è stata una delle concorrenti di questa edizione, GIselda Torresan. La concorrente nip è stata tra le prime a lasciare la Casa e non ha mai mancato di esprimere il suo parere sui social, rispondendo spesso alle critiche contro di lei o contro i concorrenti con cui aveva stretto amicizia nella Casa:

"Dite a Rita Dalla Chiesa che ho lavorato 14 anni in fabbrica e può verificarlo. Ditele che se tutto va bene inizierò un corso e che il pubblico ha scelto Perla"

,La replica di Dalla Chiesa non si è fatta attendere:

"Brava Giselda, tu sai cos'è la vita vera. Fai bene a cercare la tua strada nella vita facendo un corso che possa aiutarti. Il GF è passato: era solo una trasmissione"

Parlamento. ANGELUCCI IL PIU' ASSENTE. Certo è TROPPO OCCUPATO al mercato della stampa e nel settore in cui il governo assenteista ed inadempiente lo favorisce di più: la sanita!

 


ANTONIOANGELUCCI-102798239.jpg© Armando Dadi / AGF

Troppi assenti in Parlamento, a partire dal deputato Antonio Angelucci, in forza alla Lega dopo divere legislature in Forza Italia e Popolo della Libertà. Così il verde Angelo Bonelli prende carta e penna e scrive ai presidenti di Camera e Senato.

"Mi rivolgo a Voi e, per Vostro tramite, a tutti i gruppi parlamentari, per sollevare una questione di fondamentale importanza che riguarda la vita democratica del nostro Paese: l'assenteismo parlamentare", scrive in una lettera aperta indirizzata a Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, portavoce di Europa Verde e deputato alla Camera di Alleanza Verdi e Sinistra.

"Ritengo utile e necessario che il Parlamento italiano affronti il tema dell'assenteismo dei suoi membri – continua Bonelli – . È mio avviso che, ad eccezione dei casi in cui i parlamentari siano impegnati in ruoli di governo, assenti per motivi di salute, in missione ufficiale, o si tratti di senatori a vita o di figure con specifici ruoli di guida politica, debba essere stabilito un limite massimo di assenze. Superato tale limite - osserva -, si dovrebbe prevedere la decadenza del mandato parlamentare per coloro che non partecipano attivamente all'attività parlamentari per un lungo periodo di tempo".

"La responsabilità di rappresentare i cittadini nel Parlamento – prosegue l'ecologista – è un onore e un dovere che non può essere trascurato. Come può un parlamentare, eletto dalla popolazione per rappresentarla, continuare a ricoprire il suo ruolo se non adempie a questa sua fondamentale funzione? Desidero portare alla Vostra attenzione alcuni casi emblematici che illustrano la gravità del fenomeno: l'Onorevole Antonio Angelucci, che durante la XVII legislatura ha registrato solo lo 0,38% di presenze, nella XVIII legislatura solo il 3,14% di presenze, e nella XIX legislatura, attualmente in corso, solamente lo 0,19% di presenze. Un altro caso significativo è quello dell'Onorevole Marta Fascina, che nella legislatura in corso ha accumulato il 93,5% di assenze".

"È pertanto urgente che i partiti politici, che hanno proposto e sostenuto l'elezione di tali rappresentanti, intervengano", conclude Bonelli.

Il Giornale: Salis autorizza la pubblicazione delle sue immagini in catene (!!!). Sfacciata Salis: perchè non hai tenuto quelle infamanti ( per Orban, l'amico di Meloni) immagini per te?

 L'ipotesi di candidatura alle Europee con il Pd, l'attenzione mediatica, l'attacco all'«inerzia» del governo italiano e alla magistratura ungherese che ha respinto la richiesta dei domiciliari avanzata dai legali di Ilaria Salis. 

Che sin dalla prima udienza ha dato il suo consenso a farsi filmare e fotografare nell'aula del tribunale di Budapest - e alla stampa italiana di pubblicarne gli scatti - con il guinzaglio e le catene a mani e piedi. Per mostrare al mondo le condizioni detentive in uno Stato membro dell'Ue. «Autorizzo la stampa italiana a pubblicare le immagini che mi ritraggono con le manette e tutte le catene che eventualmente decideranno di mettermi», si legge nel documento. Insomma, che tutti vedano. È questa la sfida di Salis, con sullo sfondo la candidatura a Bruxelles per l'immunità parlamentare.

Quant'è buona Evelina Christillin

 Trieste è sempre più bella. Sono innamorata pazza di Trieste» e il suo luogo del cuore è «Piazza Unità e il Caffè degli Specchi. Se è ancora aperto è anche per merito mio»: quando apprese che stavano per chiudere per l'affitto troppo alto, «ho insistito molto con i vertici di Generali su quella locazione: non si può nemmeno immaginare di far scomparire un luogo simile». A parlare in una intervista al Piccolo è Evelina Christillin; all'epoca suo marito, Gabriele Galateri di Genola, era presidente delle Generali, proprietaria dell'immobile.

sabato 30 marzo 2024

Da Sangiuliano ad Alberto Ronchey, suill'utuiizzo di immagini dei beni culturali

 Non desidero partecipare al dibattito ripreso di recente, a causa di un decreto governativo recente, sull'utilizzazione di immagini del patrimonio artistico. Di tale dibattito si può leggere  ampiamente nel post precedente, che affronta la questione ed il nuovo decreto.

 Desidero solo ricordare, profittando della memoria che ancora funziona, che analogo decreto fece a suo tempo il 'più grande ministro della cultura che l'Italia abbia avuto' ( definizione di Montanelli): Alberto Ronchey.

 Alla metà degli anni Novanta (del secolo scorso, naturalmente), quando dirigevo il mensile di musica Applausi, Ronchey, allora ministro, emanò un decreto con il quale disponeva il tariffario per l'utilizzo di immagini del patrimonio artistico.

 Naturalmente non ne tenni conto, anche perchè avrei avuto qualcosa da pagare almeno per una ragione. Perchè Applausi nell'ultima pagina conteneva una rubrica dal titolo 'Musica per gli occhi' affidata a Vittorio Sgarbi che di volta involta illustrava un'opera d'arte che aveva che fare con la musica. Per non parlare di alcune  illustrazioni della rivista prese dall'immenso patrimonio artistico italiano. 

 Dell'illuminato ministro Ronchey che illuminato non era almeno nei riguardi della musica,  alcuni giorni fa  abbiamo scritto della sua decisione di destinare una palazzina (Palazzina Capocci, che di recente ha subito anche una diversa destinazione) adiacente al Museo Nazionale degli Strumenti musicali non al Museo, affamato di spazi e che da tempo la richiedeva, ma ad archivio, per conservare le tonnellate di scartoffie che potevano essere conservate in qualunque altro posto.

 In Italia la tradizione dei ministri della cultura analfabeti in fatto di musica non nasce con Sangiuliano, affonda le radici nella storia italiana almeno dal ministro Alberto Ronchey- anni Novanta. Anche prima, da sempre.

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La palazzina Capocci

La palazzina Capocci è stata restaurata nel 2007 ed è diventata la sede della Direzione Generale Spettacolo e della Direzione Generale Cinema. ed Audiovisivo. Accanto si trova anche la sede del Museo degli Strumenti musicali.

La sede si trova in un importante sito archeologico, ricco di resti riferibili ad un unico complesso, una villa imperiale di età Severiana (III secolo d.C.). Si tratta del Palazzo del Sessorio (nome forse derivato dalla parola “sedeo”, soggiorno).
Nel IV secolo la villa fu utilizzata come residenza da Elena, madre di Costantino, che vi fece effettuare numerosi restauri e ricostruire le Terme, di età Severiana, da lei chiamate Eleniane (ne rimane attualmente la grande cisterna di Via Eleniana, costituita da dodici ambienti comunicanti tra loro tramite aperture ad arco).
Secondo la tradizione, Elena avrebbe trasportato da Gerusalemme le reliquie della Croce di Cristo e fatto costruire la Chiesa di S. Croce in Gerusalemme, sfruttando una grande sala del Palazzo Sessoriano.

Al Palazzo Sessoriano apparteneva anche l’Anfiteatro Castrense, il secondo anfiteatro di Roma dopo il Colosseo.
In origine presentava una facciata con tre ordini di arcate scandite da lesene e semicolonne con capitelli corinzi; all’interno un unico ordine di gradinate permetteva una capienza di poche migliaia di spettatori. Le dimensioni più piccole rispetto al Colosseo si devono al carattere privato dell’edificio, in cui si svolgevano spettacoli riservati all’Imperatore e alla sua corte. Con la costruzione delle Mura Aureliane (271-275 d.C.), alcuni edifici furono inglobati nella nuova cinta muraria, come l’Anfiteatro Castrense, le cui aperture completamente tamponate sono ancora visibili in viale Castrense; altri edifici, come il Circo Variano, vennero invece tagliati dalla nuova opera difensiva.
Tra le sezioni riportate alla luce è visitabile la parte recentemente scavata di una casa di età imperiale, attribuita ad Aufidia Cornelia Valentilla, con resti di affreschi parietali di colori vivaci.

Pagare le immagini dei beni culturali? a proposito del decreto 'Tarasco' ( da Finestre sul'arte, di Andrea Brugnoli)

 

Pagare per le immagini dei beni culturali: a quale modello bisognerebbe far riferimento?





 L’emanazione del decreto Tarasco e le sentenze del tribunale di Firenze hanno improvvisamente risvegliato il dibattito sulla gestione delle riproduzioni di beni culturali pubblici: decreto e sentenze hanno segnato uno scarto rispetto alle direzioni recenti. A quali modelli bisognerebbe riferirsi?

L’emanazione del decreto “Tarasco” (call it by its name) e le pressoché contemporanee sentenze del tribunale di Firenze hanno improvvisamente risvegliato il dibattito sulla gestione delle riproduzioni di beni culturali pubblici. Decreto e sentenze hanno infatti segnato un improvviso scarto rispetto alla direzione impressa negli ultimi anni dal Ministero della Cultura verso una temperata liberalizzazione, riconoscibile sia nelle modifiche all’art. 108 del codice dei beni culturali e, ancor più, nei contenuti del Piano Nazionale per la Digitalizzazione.

Decreto e sentenze sono state criticate in particolare su tre piani: il primo per aver voluto considerare le immagini di beni culturali esclusivamente come cespite di entrate per lo Stato, riesumando un’impostazione “bottegaia” delle politiche dei beni culturali che immaginavamo fosse ormai morta e sepolta; il secondo per la confusione che viene fatta tra i beni culturali intesi come “cose” – tutelati dal DL 42/2004 – e le loro immagini – soggette, solo se riferite a beni di enti pubblici e nel caso di utilizzi a fine di lucro, semplicemente a un regime di concessione facoltativamente oneroso –; il terzo per aver esteso ai beni culturali una tutela finora prevista solo per l’identità delle persone.

Sulle ragioni del decreto e delle sentenze si sono espressi molti esperti di diritto, che in sostanza si sono limitati a dirci una cosa che, in realtà, già sapevamo: ovvero che si tratta di provvedimenti in linea di massima legittimi (anche se su alcuni punti, come illustreremo, ci restano dei dubbi). Sarebbe però altrettanto lecito domandarsi quanto sia opportuna una svolta di questo genere, e dunque non tanto se il decreto e le recenti sentenze siano davvero una necessaria applicazione della legge, quanto se vi siano altre interpretazioni, più aderenti ai principi costituzionali. Mi riferisco, ovviamente, agli articoli 9 (promozione della cultura e ricerca), 21 (libertà di pensiero ed espressione) e 33 (libertà di ricerca e insegnamento); prendiamo poi in considerazione anche l’art. 97 (equilibrio dei bilanci pubblici e buon andamento dell’amministrazione). Orbene, in che direzione ci ha portato l’interpretazione che è alla base del decreto Tarasco?

David di Michelangelo. Foto: Guido CozziDavid di Michelangelo. Foto: Guido Cozzi

1. Per una pubblicazione di immagini di beni culturali dello Stato si paga sempre, comunque e a caro prezzo: per il decreto non c’è pubblicazione che non sia considerata senza fine di lucro, compreso l’Open access. Di conseguenza, la maggior parte dei beni culturali italiani rischiano di non essere più oggetto di studio, dal momento che le loro immagini non saranno disponibili a chi non può permettersi significativi esborsi. Non parliamo di poche opere di grande impatto mediatico, ma di migliaia di km di documenti d’archivio e di risorse bibliografiche, nonché di un numero incalcolabile di opere d’arte e di reperti archeologici perlopiù conservati in magazzini. Ciò significa “tassare” la ricerca e deprimere la valorizzazione del patrimonio culturale («Chi siete? Una foto? Un fiorino!»).

2. I costi maggiori sono però quelli burocratici per la gestione delle pratiche di concessione che sono state reintrodotte, che per la pubblica amministrazione sono superiore agli introiti, quindi un danno ai bilanci: questo lo dice la Corte dei Conti (Delibera n. 50/2022/G). Si tratta di un costo diretto anche per il cittadino, costretto, oltre che a pagare in solido, a impegnare il suo tempo nel seguire queste pratiche e attenderne i tempi di gestione. Tutto questo viola i principi di equilibrio dei bilanci e buon andamento dell’amministrazione cari all’autore del decreto.

3. Si reintroduce un’illegittima forma di controllo preventivo sull’utilizzo delle immagini dei beni culturali per valutarne una conformità al decoro, con una forzata interpretazione dell’art. 20 del DL 42/2004 – che riguarda interventi sul bene, non sulla sua immagine –, calpesta la libertà di divulgazione delle immagini per fini diversi dal lucro già sancita nel 2014 con l’introduzione dell’art. 108 comma 3 bis nel testo del codice. Così facendo si impone una vera e propria forma di censura in spregio alla libertà di ricerca, pensiero ed espressione. Del tutto fuori luogo sembra a questo proposito il richiamo a un presunto diritto all’identità collettiva dei cittadini, richiamato dalle sentenze di Firenze.

L’ondata di proteste che ha investito il decreto, tuttavia, qualche frutto potrebbe averlo portato: sembra che il ministro, probabilmente toccato dalle critiche provenienti da tutte le parti, abbia ingiunto all’autore del decreto di correggere il pasticcio, al punto che oggi circolerebbe già una nuova bozza, tenuta però rigorosamente segreta invece di essere oggetto di concertazione pubblica (come è stato invece per il Piano Nazionale Digitalizzazione). Dalle indiscrezioni che trapelano, pare che la nuova bozza renda gratuiti i periodici classificati come scientifici da ANVUR (una classificazione, oltretutto, che ha il solo scopo di misurare la produzione degli universitari, e che non ha certo alcuna base scientifica): un passo in avanti rispetto a prima ma dieci indietro rispetto al PND che prevedeva la gratuità per l’intero settore editoriale. Ebbene: sarebbe opportuno che le Università respingessero come “patto scelere” una simile proposta di gratuità – suggerita sempre da Tarasco – pronunciandosi apertamente contro questa soluzione “corporativa” con un richiamo ai valori costituzionali di libertà di ricerca e di espressione e di promozione della cultura e della ricerca che dovrebbero essere principi fondanti della loro azione.

Infine, una osservazione che vuole essere anche un appello: il decreto si applica solo ai beni statali. Ciò significa che gli altri enti pubblici territoriali restano liberi di determinare i propri canoni, e volendo anche di azzerarli nella cornice del codice dei beni culturali e della direttiva 2019/1089 (UE), che se è vero che da un lato esclude dall’applicazione le riproduzioni di beni di musei, archivi e biblioteche, d’altro canto specifica che «i limiti massimi per i corrispettivi […] non pregiudicano il diritto degli Stati membri di imporre costi inferiori o di non imporne affatto». Siano allora proprio gli enti locali a dare l’esempio allo Stato, introducendo per via regolamentare quei principi di Open Access che il Ministero si ostina a negare ai suoi stessi istituti, ma non ai suoi beni, visto che il Museo Egizio di Torino è il primo in Italia ad aver rilasciato online immagini di beni statali liberamente riutilizzabili anche per fini commerciali!

In conclusione, occorre dichiarare con onestà a quale modello economico e sociale si intende fare riferimento con queste politiche così miopi. A un modello apparentemente liberista – ma nella realtà arretratamente statalista e alla fine semplicemente bottegaio – oppure a un modello in cui il patrimonio culturale sia considerato della Repubblica, quindi in primis dei cittadini, e le loro immagini strumento di promozione culturale e sociale, all’interno di un sistema di libera circolazione di idee e di manifestazione del pensiero?

Martin Scorsese: film su Gesù e serie tv su otto santi ( da Avvenire, di Massimo Iondini)

 


Martin Scorsese gira una serie tv su otto santi

Non c'è solo un nuovo film su Gesù, come annunciato al recente Festival di Berlino, nel futuro prossimo di Martin Scorsese, con le riprese previste entro l'anno. Il grande regista americano sta infatti lavorando anche a una intera serie su alcuni santi. Sarà un docudrama in otto episodi intitolato Martin Scorsese Presents: The Saints”.

Della serie, che sarà trasmessa in streaming Fox Nation, l’81enne cineasta pluripremiato anche con l’Oscar sarà il conduttore, il narratore e il produttore. Si racconteranno le vite di otto personaggi che sono stati beatificati dalla Chiesa cattolica per esplorare e spiegare come hanno raggiunto la santità: tra questi, Giovanna d'Arco (la Pulzella d'Orléans), Francesco d'Assisi, Tommaso Becket, Maria Maddalena, Mosè l'Etiope, Sebastiano e Massimiliano Kolbe, il frate francescano che morì volontariamente ad Auschwitz per salvare la vita di un padre di famiglia.

I primi quattro episodi di Martin Scorsese Presents: The Saints” saranno trasmessi a partire dal 16 novembre; gli altri quattro andranno in onda nel maggio 2025. «Ho vissuto con le storie dei santi per la maggior parte della mia vita - ha dichiarato Martin Scorsese in un comunicato diffuso da Fox Nation -, pensando alle loro parole e alle loro azioni, immaginando i mondi che hanno abitato, le scelte che hanno affrontato, gli esempi che hanno dato. Sono storie di otto uomini e donne molto diversi tra loro, ognuno dei quali ha vissuto in periodi storici molto diversi e ha lottato per seguire la via dell'amore rivelata a loro e a noi dalle parole di Gesù nei Vangeli».

Nel frattempo il regista è impegnato, come detto, sul nuovo film su Gesù nato da una recente conversazione con papa Francesco in Vaticano. Lo scorso maggio, dopo l’anteprima di Killers of the Flower Moon al Festival di Cannes, Martin Scorsese si era recato a Roma con la moglie Helen Morris per partecipare a una conferenza organizzata dalla rivista dei gesuiti “La Civiltà Cattolica e intitolata “The Global Aesthetics of the Catholic Imagination”. In quell’occasione il regista aveva annunciato di aver risposto all’appello di papa Francesco agli artisti «nell’unico modo che conosco: immaginando e scrivendo una sceneggiatura per un film su Gesù». Nello scorso autunno poi il Pontefice aveva ricevuto il regista con cui si era intrattenuto in un lungo colloquio.

venerdì 29 marzo 2024

Susan Sarandon al Riviera Film Festival. La presenza della grande attrice criticata dalla Lega in Consiglio Comunale.

 

La Lega protesta per presenza Sarandon al Riviera Film Festival

 Sulla presenza dell'attrice americana Susan Sarandon al Riviera International Film Festival (Riff) di Sestri Levante si spacca la maggioranza in consiglio comunale. "È di sinistra e nulla è cambiato rispetto alle edizioni precedenti - ha scritto il consigliere della Lega Paolo Smeraldi - gestite dalle giunte di sinistra".

Il sindaco Francesco Solinas con un comunicato oggi ha smentito il suo consigliere: "Ringrazio il presidente del Riff Stefano Gallini per essere riuscito a garantire la presenza della famosa attrice Susan Sarandon al festival del cinema previsto a Sestri Levante dal 7 al 12 maggio. Un personaggio di spicco che porterà il nome del nostro comune a livello internazionale. Le polemiche arrecano solo danni alla città". (ANSA).