lunedì 6 marzo 2023

Tv e radio. Si possono uniformare le pronunce ed eliminare certi vezzi barbari? Basterebbe un comunicato, un ordine di servizio, da sbattere in faccia ai vari mezzibusti ed ai loro interlocutori. Un cartello in ogni studio televisivo o radiofonico

 Chi segue regolarmente telegiornali ed altro in tv o alla radio, come almeno per l'informazione facciamo noi, è come noi sicuramente infastidito dal sentire pronunciare i nomi, decine e decine di volte al giorno, di alcuni protagonisti della politica italiana ed internazionale, in mille modi - un paio, per essere precisi. Gli esempi più eclatanti.

Per mesi, dopo l'elezione della presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, abbiamo sentito uno dei mezzibusti del tg La7 pronunciare male quel cognome. Gli abbiamo scritto;  dalla redazione ci hanno risposto infastiditi: che sarà mai! Quel cognome si deve pronunciare : Laien - non c'è alternativa.

Qualche minuto fa, abbiamo ascoltato il direttore di Radio radicale pronunciare in maniera errata anche il cognome della neo segretaria del PD, Elly Schlein. Che si deve pronunciare: Schlain, anche a Radio radicale.

C'è anche da stabilire, per un altro nome che ascoltiamo tante volte, dove va l'accento: Métsola o Metsòla - parliamo della presidente del Parlamento europeo. Lo comunichi ufficialmente l'Europa dove va l'accento, che va sulla 'o', quindi Metsòla. Una volta per tutte.

Poi c'è la schiera dei finti colti, fra i quali compare gente di ogni genere, da Lucia Annunziata a Amadeus, che hanno il vezzo di pronu nciare l'anno in corso, ma anche quelli passati e futuri, così: ventiventitre, ventiventi, ventiventiquattro. Quando anche all'asilo studiano che l'unico modo di citare gli anni nei quali viviamo è: duemilaventitre, duemilaventi, duemilaventiquattro e via dicendo.

E fin qui errori da correggere, senza attendere oltre, con un comunicato che fa cenno anche a multe per coloro che non si attengono alle regole stabilite.

Ma ci sono anche delle idiozie, di recente introduzione nella lingua parlata, e in qualche documento scritto. Andrebbero anche queste eliminate. Ma in questo caso si tratta di questioni, diciamo ' di gusto' Su tutte, quella che accenna, ogni volta che ci si rivolge ad un uditorio misto, ai due generi: maschio e femmina: signore  e signori, cittadine e cittadini, elettori ed elettrici, uomini e donne,  lavoratori e lavoratrici, fino a toccare il ridicolo con: tutti e tutte.

 Da quando abbiamo studiato la prima volta la grammatica, ci pare di ricordare che il maschile plurale inglobava i due generi. E allora perchè non fa tornare in auge quella regola? Si pensa che quella dizione unica danneggi il genere femminile? Fosse quello linguistico il danno vero recato alle donne, potremmo anche non denunciare. 

Dobbiamo, infine, registrare il caso di donne arrivate all'apice di certe carriere,  che esigono di essere chiamate 'al maschile', perchè ritengono che al femminile, l'aver rotto il cosiddetto  'tetto di cristallo' abbia significato poco. E così ha fatto Meloni che con circolare - la stessa che noi modestamente stiamo invocando - ha fatto sapere che Lei intende essere chiamata al maschile: il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, o il Premier Giorgia Meloni. 

 Ancora indeciso su quale uso di genere adottare, ieri sera, Fabio Fazio, che ha chiamato Elly Schlein, segretario e segretaria,  in ambedue i modi, nel giro di pochi minuti. 

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