Attivista, missioni in mare alle spalle e già sotto inchiesta con un'accusa assai grave. C'è Pia Klemp alla guida della Louis Michel, la nave Ong che è stata messa in stato di fermo a Lampedusa alla luce della contestazione sulle violazioni del nuovo decreto sul transito e sulla sosta nelle acque territoriali delle navi Ong impegnate nelle operazioni di soccorso in mare. Il profilo della capitana non è affatto nuovo per l'Italia, visto che è stata al centro di un precedente che ha fatto molto discutere alcuni anni fa.
Chi è Pia Klemp
Pia Klemp è una biologa tedesca e attivista per i diritti umani che in passato ha partecipato a molte operazioni internazionali. È stata al comando di diverse navi di soccorso e, tra le altre cose, ha fatto parte anche dell'equipaggio della Sea Watch. Nei suoi confronti è scoppiata la bufera nell'agosto del 2017, quando la nave Iuventa era stata sequestrata dalle autorità italiane al largo di Lampedusa nell'ambito di un'inchiesta legata al presunto favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. In quel momento era proprio lei la comandante.
La sua storia ricorda molto quella di Carola Rackete. Non a caso da molti viene vista come la vera erede della capitana di Sea Watch che aveva sfidato la linea di Matteo Salvini e del governo gialloverde sul tema dell'immigrazione. "Non vedo il salvataggio in mare come un'azione umanitaria, ma come parte di una lotta antifascista", aveva dichiarato Klemp al Guardian.
Fin da subito aveva chiarito che il coinvolgimento dell'artista Banksy si sarebbe limitato a un sostegno finanziario. La MV Louise Michel e la squadra di attivisti e volontari rivendicano con forza la volontà di opporsi "attivamente alle strutture di potere discriminatorie del nazionalismo, del razzismo, del patriarcato e del capitalismo".
L'Ong in stato di fermo a Lampedusa
La nave si trova in stato di fermo nel porto di Lampedusa. Ieri era arrivata con a bordo 178 migranti, soccorsi su quattro diverse imbarcazioni. Secondo la Guardia costiera il comportamento adottato "già di per sé complicava il delicato lavoro di coordinamento dei soccorsi". Non solo: dopo il primo intervento di soccorso in acque libiche avrebbe contravvenuto "all'impartita disposizione di raggiungere il porto di Trapani, dirigendosi invece su altre tre unità di migranti".
Come se non bastasse si parla pure di "continue chiamate dei mezzi aerei Ong che hanno sovraccaricato i sistemi di comunicazione del centro nazionale di coordinamento dei soccorsi, sovrapponendosi e duplicando le segnalazioni dei già presenti assetti aerei dello Stato". Secondo l'Ansa anche la Procura di Agrigento potrebbe interessarsi alla vicenda: eventualmente potrebbe studiare gli incartamenti per stabilire se siano o meno configurabili anche fattispecie di reato.
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