Irascibile, sospettoso, e convinto che tutti volessero imbrogliarlo. Ma il vero nemico di Ludwig van Beethoven era dentro sé stesso: il suo fegato, incline ad ammalarsi. Uno studio del genoma ricavato da una ciocca di capelli del grande compositore tedesco ha rivelato come Beethoven avesse una predisposizione genetica a soffrire di fegato. E questa condizione, unita al consumo di alcolici, potrebbe averlo portato alla cirrosi e alla morte prematura, avvenuta a 56 anni, il 26 marzo del 1827.
Quasi duecento anni dopo i ricercatori hanno scoperto anche che Beethoven, pochi mesi prima di morire, aveva contratto l’epatite B. La storia delle sue molte malattie non è nuova: fin da giovane il genio tedesco aveva sofferto di asma e malattie renali, e qualcuno aveva avanzato l’ipotesi che i ritmi di alcune sue composizioni potrebbero essere state influenzate dall’aritmia cardiaca di cui soffriva. Lui stesso aveva autorizzato i fratelli a rivelare, dopo la sua morte, i particolari delle sue condizioni di salute, considerate un tutt’uno con la sua musica. Dalle analisi di otto ciocche di capelli, tra cui una acquistata per 7300 dollari a un’asta di Sotheby’s negli anni ’90 dall’American Beethove Society, emergono particolari clinici che aggiungono informazioni importanti sulla vita del musicista.
I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Current Biology, e sono il frutto di un lavoro che ha visto impegnati ricercatori di molti Paesi, in Europa e negli Stati Uniti, dalla Cambridge University alla San Jose State University, in California. Lo studio del dna non è, però, riuscito a fornire spiegazioni riguardo la precoce e famosa perdita dell’udito o i problemi gastrointestinali. La ricerca ha però permesso di compiere questo viaggio nel tempo e di fare luce anche sul destino di parte dei suoi capelli, con qualche sorpresa. Dopo la morte il compositore venne sottoposto ad autopsia completa del cranio. I suoi capelli vennero rasati a zero e presero strade diverse. Molti, nel tempo, rivendicarono di avere almeno una ciocca. La più famosa era la cosiddetta “ciocca Hiller”, raccolta da un giovane allievo del compositore, Ferdinand Hiller, 15 anni, il giorno dopo la morte del suo maestro. Quella ciocca viene associata a un libro di successo, “I capelli di Beethoven”, scritto da Russell Martin nel 2000, e a un documentario. Ma gli scienziati, nell’analizzare gli otto campioni, hanno scoperto che la ‘ciocca Hiller’ in realtà apparteneva a una donna.
Sui cinque capelli che hanno superato la prova dei biologi non ci sarebbero dubbi, perché frutto di lunghe ricerche, test del Dna degli eredi, e analisi condotte al Max Planck Institute of Evolutionary Anthropology, il centro tedesco che ha un dipartimento specializzato in ricerca di Dna antichi. I test hanno rivelato un’altra anomalia: nell’albero genealogico di Beethoven c’è come un vuoto. Qualcuno degli antenati sarebbe nato da una relazione extraconiugale. Uno storico ha indicato proprio nel padre del musicista colui che potrebbe essere nato da una relazione extra, visto che il suo atto di battesimo non è mai stato trovato. Questo salto genetico dei Beethoven, da chiunque sia stato fatto, finisce per lasciare un buco nero nella ricerca genetica del genio, destinato a restare un mistero, anche se del suo fegato si comincia a conoscere tutto.
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