Restano tuttavia alcune questioni aperte. Due anni fa, e quindi a due anni dall’approvazione della prima legge provvisoria, il 21 giugno 2021 gli esperti delle Nazioni Unite in diritti umani da Ginevra (dove gli Stati e anche la Santa Sede e il Vaticano vengono giudicati sul rispetto dei diritti umani, la protezione dei bambini e l’osservanza della Convenzione internazionale contro la tortura) hanno reso nota una lettera inviata in Vaticano nell’aprile 2021 in cui hanno espresso "la massima preoccupazione per le numerose accuse in tutto il mondo di abusi sessuali e violenza commesse dai membri della Chiesa cattolica contro i bambini e per le misure adottate dalla Chiesa cattolica per proteggere i presunti abusatori, coprire i crimini, ostacolare la responsabilità dei presunti abusatori ed eludere le riparazioni dovute alle vittime".
Gli esperti hanno notato le persistenti accuse di ostruzione e mancanza di cooperazione da parte della Chiesa cattolica con i procedimenti legali nazionali per impedire la responsabilità degli autori e le riparazioni alle vittime. Hanno anche preso atto dei Concordati e di altri accordi negoziati dalla Santa Sede con gli Stati che limitano la capacità delle autorità civili di mettere in discussione, costringere la produzione di documenti o perseguire le persone associate alla Chiesa cattolica.
"Esortiamo - hanno scritto - le autorità della Santa Sede ad astenersi da pratiche ostruttive e a cooperare pienamente con le autorità civili giudiziarie e di contrasto dei paesi interessati, nonché ad astenersi dal firmare o utilizzare gli accordi esistenti per eludere la responsabilità dei membri della Chiesa accusati di abuso".
Hanno anche sollevato preoccupazioni per i continui tentativi da parte dei membri della Chiesa cattolica di minare gli sforzi legislativi per perseguire i delinquenti sessuali nelle giurisdizioni nazionali, nonché le pressioni per preservare la prescrizione che impedisce alle vittime che raggiungono l'età adulta - quando sono maggiormente in grado di denunciare il danno che hanno subito in tribunale - di adire la giustizia. Tra i casi nazionali di Concordato ci sono l’Italia e l’Argentina (esplicitamente ricordata nella lettera).
Quanto alla collaborazione con le autorità civili nel nuovo Motu Proprio non esiste un obbligo generale di denuncia alle autorità civili ma solo nei Paesi che la prevedano (e questo è pleonastico). Negli Stati Uniti la Conferenza episcopale ha già da tempo previsto questo obbligo.
Sarà la Pontificia Commissione per la tutela dei Minori, incardinata con la riforma della Curia dentro la Congregazione per la dottrina della fede, a dovere “supervisionare l’adeguata attuazione di Vos estis Lux Mundi”, in modo che coloro che sono stati abusati abbiano percorsi chiari e accessibili per cercare giustizia” (sono le parole stesse di Papa Francesco).
Il compito per il suo presidente, il cardinale di Boston Sean O’ Malley, sarà quello - come ha detto in un suo recemte commento - “di sostenere e monitorare tutte le diocesi nella creazione di sistemi pubblici per ricevere le segnalazioni dei presunti abusi” e far sì che le vittime siano messe a conoscenza degli accertamenti e delle decisioni adottate in base alle loro denunce. È chiaro che anche quello della lotta alla pedofilia nella Chiesa è un processo. La nuova stretta di Papa Francesco, nel suo complesso, è un passo deciso in questo senso. Del resto, come afferma il proverbio, Roma non è stata costruita in un giorno.
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