Tralasciamo il cambio del nome - da Stagione di Caracalla, o semplicemente Caracalla di un tempo, quando tutti capivano che si trattava della stagione estiva del Teatro dell'Opera di Roma, a Festival di Caracalla, già sperimentato nei fatti, ma senza cambio di nome, al tempo di Muti - e l'uso dell'inglese che fa tanto 'internazionale', Caracalla Festival.
E tralasciamo anche la fisionomia che l'eclettico Francesco Giambrone ha voluto dare alla stagione estiva del Teatro dell'Opera, che ci sembra somigli più a quel che accadeva a Palermo, patria del sovrintendente, d'estate al 'Teatro di Verdura', dépendance del Teatro Massimo, o, senza andare tanto lontano, a quello che d'estate si poteva vedere ed ascoltare nella 'Cavea dell'Auditorium' ai tempi di Fuortes e che tuttora prosegue, e che ci sembra ambedue i sovrintendenti hanno voluto proporre all'Opera, dopo il loro approdo.
Mentre qualcosa, anche sommessamente, viene da dire almeno sui due titoli d'opera, in cartellone a fine stagione, dagli ultimi giorni di luglio al 10 di agosto, mentre dal 30 maggio in poi, a Caracalla succederà 'la qualunque'- come si suol dire.
Dieci giorni per l'opera, 40 per tutto il resto: cantanti, jazzisti, poeti, drammaturghi ed anche una mostra fotografica che Giambrone allestisce per la sua conterranea Battaglia, fotografa di rango senza dubbio.
Più sommessamente, inoltre, ci viene da dire che la piazza offerta ad un giornalista che si è scoperto nella seconda parte della sua vita, romanziere e drammaturgo, e che va a pescare dove lui da sempre si è speso a difesa dei pesci, non 'sta bene'. La metafora non sembri oscura. E' una tecnica che conosciamo bene e che non è solo di Valerio Cappelli. Il quale dovrebbe proporre le sue opere, cotte e mangiate, a istituzioni lontane dal suo ambito di interesse giornalistico privilegiato.
L'ha utilizzata anche dall'Ongaro per preparare la sua ascesa a Santa Cecilia. Tanti anni fa lo denunciammo: Michele dall'Ongaro utilizzava il suo potere in Rai per fare carriera. Scrivemmo che le istituzioni con le quali aveva stabilito rapporti, di ripresa e trasmissione di concerti, quasi sempre lo compensavano commissionandogli musica, nelle stagioni immediatamente successive. Il bollettino della Suvini Zerboni, (he abbiamo pubblicato in un post successivo a questo) in quegli anni, attestò che dall'Ongaro era l'autore più 'commissionato' ed 'eseguito' in Italia, più di Berio o di Sciarrino e di tutti gli altri; poi all'improvviso, quando lasciò Radio Tre, la musica di dall'Ongaro scomparve; e tuttora è assente, anche dopo che è approdato a Santa Cecilia.
Di quel bollettino, la semplice lettura suonava come atto di accusa; era una sorta di 'catalogo dongiovannesco' non d'amore ma di affari. Che questa fosse la tecnica adottata da dall'Ongaro per fare carriera, lo attestò apertamente perfino Bruno Cagli che patrocinò e benedisse l'approdo e l'ascesa a Santa Cecilia.( Ne scrisse anche Elisabetta Ambrosi, su Il Fatto quotidiano). Dall'Ongaro alla radio ci può essere molto utile, anche economicamente', disse agli attoniti Accademici che si rivoltarono contro di lui, e protestarono con lettere di fuoco (una la scrisse anche il card. Domenico Bartolucci, accademico di santa Cecilia) che noi abbiamo raccolto e ripubblicato, nel 2013, su Music@.
Fateci dire l'ultima su questo argomento. Quel numero di Music@, prezioso ed ormai introvabile, all'allora direttrice della Bibliomediateca di Santa Cecilia, Annalisa Bini, lo consegnammo noi personalmente; Lei, dopo mesi , non era ancora riuscita a trovare un momento per unirlo alla collezione della rivista. Non sappiamo se poi l'ha fatto; speriamo che lo abbia fatto Renato Meucci, suo successore, non facendosi scrupolo di nasconderlo ancora, per non infastidire il manovratore dall'Ongaro.
Andremo a vedere. Ma, da tempo, in quel gioiello della Bibliomediateca di Santa Cecilia, si entra solo su appuntamento, perchè non hanno soldi per il personale. Non potrebbe metterli a disposizione dall'Ongaro, prendendoli dal suo stipendio, ESAGERATO, che è di 240.000 Euro?
Torniamo al Caracalla Festival per il quale vogliamo dare una mano al sovrintendente ed al suo ufficio stampa, trovandogli una sigla che eviti di dover dire ogni volta quel lungo nome. L'hanno fatto i maggiori festival italiani, per ragioni di 'prescia'; ai quali anche l'Opera di Roma si è adeguata già nell'uso dell'inglese, ed ora in quello di una sigla che è l'acronimo del nome esteso.
ROF- Rossini Opera Festival
RAF- Ravenna Festival
REF- Roma Europa Festival
MOF- Macerata Opera Festival
DOF-Donizetti Festival
PUF- Puccini Festival
VEF-Verdi Festival
VOF-Verona Opera Festival
BOF- Bologna Festival
Ed ecco la nostra trovata, che, anche in bellezza e riferimento storico, supera di gran lunga tutte le altre, e che offriamo gratuitamente all'Opera di Roma, senza pretenderne i diritti d'autore:
CAF- Caracalla Festival
Che non suona più negativamente, dal momento che il trio, cui faceva riferimento, in passato, quella sigla: Craxi, Andreotti, Forlani, non solo è stata riabilitato, ma, per statura politica, si erge al di sopra di qualunque altro 'ensemble' della politica dei nostri tempi.
E dunque riportarlo in auge è un ulteriore merito che Giambrone - che con la politica ha avuto molto a che fare essendo alla base della sua carriera a Palermo e altrove - può ascriversi.
Nessun commento:
Posta un commento