mercoledì 29 marzo 2023

Musica e lingua liturgiche. Manifesti con il Papa mentre ad Assisi gli studiosi (non tutti i partecipanti lo erano!) ne discutono

Intorno al Vaticano, da alcuni giorni, sono apparsi manifesti giganti di protesta per la decisione del Papa di vietare le messe in latino. Non certo per l'uso della lingua in sé( che in alcuni contesti, come nelle celebrazioni 'internazionali' sarebbe addirittura più utile e pratica delle lingue nazionali nelle quali solitamente, dopo il Vaticano II, si celebra la liturgia), ma principalmente perchè tali celebrazioni liturgiche secondo l'antico rito 'tridentino' sono legate ad ambienti fra i più tradizionalisti della Chiesa cattolica. I quali si sono convinti, quantomeno fingono di esserlo, che abbandonando la lingua latina nella liturgia si rischia di mettere in pericolo l'intero dogma cattolico. Ci riferiamo agli ambienti  vicini o eredi di mons. Lefevre, che tanto danno, a cominciare da lui, hanno procurato alla Chiesa.

All'uso della lingua è strettamente legato un altro problema, quello della musica,  da utilizzare nel corso del rito liturgico, di cui si è discusso qualche settimana fa ad Assisi. Problema oltremodo  grave perchè senza essere risolto, si è tirato dietro l'abbandono dell'immenso patrimonio musicale che la Chiesa e la liturgia cattolica hanno collezionato ed ispirato nei secoli.

 Al di là dell'uso delle lingue, preferibilmente nazionali, nella celebrazioni liturgiche, ciò a cui si assiste è l'uso, ormai invalso dappertutto, di musiche dozzinali e banalissime che certo con aiutano, come invece faceva la musica del passato, a coinvolgere i fedeli.

Quando si consente a qualunque comunità cattolica di  utilizzare forme musicali di invenzione autoctona, quasi sempre prive del  minimo 'qualitativo' indispensabile,   si deve sapere che esse sono del tutto incapaci di creare quell'atmosfera che solo la 'grande musica' sa fare ed ha fatto nei secoli.

 Siamo naturalmente consapevoli che la musica come anche la lingua non siano elementi 'consustanziali' alla celebrazione liturgica, modificando i quali la celebrazione difetterebbe, o metterebbe in forse di validità. Ma siamo altrettanto consapevoli, sapendo che la liturgia si esprime attraverso un rito, esteriore, che la qualità delle sue forme diventa quasi 'consustanziale' alla liturgia. Un rito brutto, sciatto, non aiuta certo i fedeli a partecipare. Dunque dovrebbe essere vietato, con 'motu proprio' papale, d'imperio, simile a quello che fissa il divieto di ricorrere al rito 'tridentino' in latino , per la celebrazione liturgica.

Chi sosteneva di non frequentare la liturgia cattolica, nonostante aderisse a tale religione, per il timore di essere 'emotivamente' coinvolto  dalla 'bellezza' e 'solennità' del rito, diceva il vero e non è che oggi la sciatteria imperante lo renda più padrone della sua volontà e delle sue passioni. Chi un tempo disertava la liturgia per la troppa qualità. oggi la diserta per l'assenza totale di qualità.

 Tornando al Convegno di Assisi, ci è parso di ascoltare alla radio che lo presentava, qualcuno sostenere che, in passato - come del resto accade oggi quando la musica liturgica del passato viene eseguita quasi esclusivamente in concerto, fuori dal rito - la musica liturgica  non era scritta ESCLUSIVAMENTE per essere seguita durante il rito. Non esistono nella musica del passato remoto e prossimo, Messe o Vespri, tanto per fare gli esempi più frequenti, 'da concerto'. Se quei soloni assisiani si riferivano, ad esempio, ad un caso orami fuori discussione relativo a quel famoso Vespro del 1610, di Monteverdi, all'intestazione/dedica 'da concerto', avrebbero dovuto sapere che quella locuzione sta ad indicare lo stile nel quale era scritto, cioè lo stile 'concertante'. 

Che poi ci fossero anche musiche 'sacre'  e/o 'religiose', ben altra cosa da quelle liturgiche, che venivano eseguite in contesti non liturgici,  come gli 'oratori' appannaggio delle varie riunioni edificanti o penitenziali delle confraternite, o feste religiose  di piazza, corrisponde altrettanto alla realtà.

 Ma ciò di cui oggi si piange la perdita, è il vastissimo patrimonio di musica liturgica, specie quello legato alle principale feste del calendario cattolico; e se va inteso come definitivamente perduto anche a causa dell'utilizzo delle lingue volgari nelle celebrazioni liturgiche, la perdita è davvero gravissima.  


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