giovedì 16 marzo 2023

Fabio Luisi, dopo 4 anni di silenzio, accusa la politica e Nardella per il suo abbandono dal Teatro del Maggio ( da La Repubblica-Firenze, intervista di Gregorio Moppi)

 

«Se Palazzo Vecchio avesse lasciato al suo posto il sovrintendente Cristiano Chiarot, oggi il Maggio sarebbe in pareggio, o vicino. E non ne sarebbe stata tradita la vocazione culturale».

A quasi quattro anni dall’addio a Firenze, parla il direttore d’orchestra Fabio Luisi, bacchetta principale del teatro nell’era Chiarot. Questa è la prima intervista fiorentina da quel luglio 2019 in cui l’uscita di scena del

«Decisi di lasciare poiché non reputavo giusto che un uomo onesto come Chiarot fosse stato indotto a gettare la spugna, proprio mentre la situazione amministrativa della fondazione era in via di miglioramento e il nostro lavoro andava avanti sulla base di un progetto artistico forte, originale, economicamente sostenibile, fino a quel momento apprezzatissimo dal sindaco».

Luisi, attuale direttore principale dell’Orchestra sinfonica nazionale danese, della Nhk di Tokyo, della Dallas Symphony, si esprime con la consueta pacatezza.

«Anche Chiarot era troppo corretto per fare, allora, un polverone: deluso dal trattamento riservatogli da Nardella, al quale era legato da una visione comune sul futuro del teatro».

Maestro, lei crede che la ricetta sua e di Chiarot per il Maggio sia ancora buona?

«Sì, nelle linee essenziali. Prevedeva attenzione ai nuovi compositori e a partiture storicamente notevoli ma trascurate da rimettere in circolo, senza però tralasciare il grande repertorio. Tutto secondo lo spirito di scoperta che appartiene alla tradizione del Maggio. È così che adesso il teatro potrebbe rimettersi in moto».

La vostra idea di Maggio non era troppo rinunciataria?

«Intanto, a differenza di Pereira, avevamo un progetto culturale, coerente. Sull’opera pre-romantica. Sulla programmazione sinfonica. Sul teatro del secondo ‘900. Poi intendevo presentare l’integrale di Bellini cominciata con ‘La straniera’. Anche tanto Donizetti era in cantiere».

Cartelloni che non brillavano di star

«Bisogna essere consapevoli che non si può competere con Scala, Salisburgo, Zurigo. Non ci sono i soldi. Né avrebbe senso esserne la copia. Firenze non possiede il background finanziario della Svizzera, né la proiezione internazionale di Milano: fatta eccezione per il festival, al cui impulso anche Daniele Gatti, dopo di me, lavora».

Quindi il Maggio deve adattarsi a far le nozze con i fichi secchi.

«Deve innanzitutto ricostituirsi una fisionomia, prendere esempio dalla propria storia, sapendo di poter contare su orchestra e coro strepitosi».

Perché a metà del 2019 una dirigenza che stava rimettendo in sesto i conti del teatro venne sfiduciata?

«Ragioni politiche. Un fulmine piombato sul Maggio improvviso, sconcertante, che costrinse Chiarot alle dimissioni».

Si riferisce a quanto scrivevano le cronache dell’epoca? Ossia che Nardella, presidente del teatro, voleva passare il suo incarico aSalvatore Nastasi, già vicesegretario generale alla Presidenza del Consiglio? Una convivenza invisa a Chiarot...

«In nessun’altra fondazione lirica era mai successo che un sindaco pensasse di delegare la presidenza. Ma era da poco caduto il governo Renzi. Che io sappia le pressioni romane su Firenze erano fortissime».

Poi comunque, andati via voi, Nastasi trovò collocazione diversa...

«Ed è arrivato Pereira. Nardella è sveglio, colto e intelligente. Poteva indagare su chi andava a mettersi in casa. Solo che nelle vicende del Maggio il sindaco talvolta mi appare come un vaso di coccio fra vasi di ferro».

                                            *****

P.S.

 Gregorio Moppi, che ha raccolto l'intervista a Fabio Luisi, dove racconta le ragioni della sua uscita dal Teatro del Maggio Fiorentino, sbaglia quando scrive che in nessun altro teatro il sindaco ha affidato la presidenza del CdI ad altri.

 Moppi sbaglia, perchè anche a Roma, in epoca Alemanno, la presidenza del CdI dell'Opera venne affidata dal sindaco a Bruno Vespa,  che era il delegato del sindaco a presiedere il CdI. Ma si sa come andò a finire. ( Pietro Acquafredda)

Nessun commento:

Posta un commento