I fatti.
Riccardo Muti tornerà per la quarta volta alla Scala, dopo averla lasciata nel lontanissimo 2005. Non per dirigere l'Orchestra del teatro, né per far pace definitiva con lo stesso. Io - ha dichiarato qualche anno fa - non provo astio per nessuno; e con il teatro mi sono riappacificato. Non vi torno a dirigere l'orchestra residente perchè mi manca il tempo. Il mio calendario di impegni è fittissimo e non mi lascia, per i prossimi anni, nessuno spazio libero.
Se gli avessero fatto la prova della macchina della verità, mentre affermava questo, la macchina avrebbe suonato una intera sinfonia, tanto le affermazioni l'avrebbero mandata in tilt. Perchè è evidente che quelle affermazioni racchiudono un cumulo di bugie: Muti pace con quella che era stata la sua orchestra non l'ha più fatta, tanto è vero che nei vent'anni successivi, ha diretto ancora in Italia in ogni luogo, tranne che alla Scala, dove però ritorna - perchè in tutto il mondo l'Italia è innanzitutto La Scala - per far tappa con le grandi orchestre che solitamente dirige. E con quella del 2024, sarà la quarta volta di Muti alla Scala.
E' tornato la prima volta, dopo 12 anni di assenza, con la Chicago Symphony, nel 2017; con la stessa nel 2020; con i Wiener Philharmoniker nel 2021, ed ora nuovamente ad inizio 2024 con la Chicago, per quella che sarà la tournée con la quale chiuderà il suo rapporto stabile con l'orchestra americana.
All'annuncio del suo ritorno alla Scala, è seguita qualche anticipazione sulla prossima stagione, nel corso della quale, si è saputo che a marzo per Guillaume Tell, diretto la Mariotti, la regia sarà di Chiara Muti. Sarà il suo debutto alla Scala, dopo che in coppia col padre sul podio, di regie ne ha fatte a Napoli, Firenze, Palermo, Torino, Ravenna. C'è qualcosa di strano? No; forse.
Non possiamo non ripetere quanto scrivemmo molti anni fa a proposito di Claudio Abbado e di suo figlio Daniele, regista. E cioè che nel corso di una tournée con i Berliner, in alcuni teatri italiani toccati, addirittura nella stessa stagione o in quella immediatamente seguente, Daniele Abbado veniva scritturato per una regia.
Muti sta facendo la stessa cosa di Abbado. Dobbiamo supporre che il padre imponga la figlia, come faceva Abbado con suo figlio? Non osiamo pensarlo. Preferiamo pensare che gli stessi teatri, per ingraziarsi i padri, coccolano i figli. Comunque la si pensi, la cosa non ci piace, anche se conosciamo il peso del familismo in Italia. Il 'tengo famiglia' vale anche per le famiglie importanti. Allora lo dimostrammo con dati alla mano; erano gli anni di Applausi, il mensile di musica di cui eravamo direttore, allora tracciammo un percorso parallelo della tournée di Abbado e delle regie del figlio.
Tony Pappano in una intervista di oggi su Repubblica, alla domanda della intervistatrice, Leonetta Bentivoglio, sul suo successore, dichiara di essere contento sulla scelta di Harding, ed aggiunge: "Trovo positivo che non sia coinvolto nella nazionalità dell'orchestra. La mia esperienza inglese e americana mi ha aiutato molto nell'impegno ceciliano, nel senso che bisogna avere una visione che vada al di là del solo mondo musicale italiano".
Cioè, ci spieghi Pappano
Se Santa Cecilia avesse, che ne so, scelto Gatti o Chailly - ammesso che ambedue fossero disposti ad accettare - la loro nazionalità italiana, secondo il suo modo di vedere costituiva un limite, il limite cioè di non averlo scelto fuori dei confini nazionali? Al punto che la scelta di Harding, inglese, è una sorta di valore aggiunto, un plusvalore?
Harding va bene, ma non perchè non sia italiano, semplicemente perchè è un direttore che, a dispetto dei suoi 47 anni è oggi fra i più noti ed apprezzati nel mondo. Più di quanto non lo fosse stato Pappano al momento in cui accettò la nomina a Roma, ed aveva la stessa età di Harding. Se poi la scelta/scommessa/rischio di allora si è rivelata felice, tanto meglio. Ma non perchè non era italiano, benché mezzo italiano lo fossi anche lui.
L'Orchestra di Santa Cecilia, con Pappano ed insieme a lui, si è guadagnata una stima internazionale e dunque è normale che nella scelta del suo nuovo direttore musicale guardi al mercato internazionale e scelga il migliore, quello che ritiene tale, e che sia disponibile.
La trattativa con Harding deve essere stata lunga e forse non facile se in qualche momento si è anche arenata. Solo così si concilia l'annuncio del giugno 2022 del sovrintendente: "prestissimo avrete il nome del successore di Pappano", e l'attesa di otto mesi per avere quel nome.
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