Chiusure di massa, test a tappeto, lockdown su vasta scala e manette per chi sgarra. La politica "zero Covid" della Cina mostra tutti i propri limiti, schiacciata dal paradosso di una nuova ondata di contagi. Nel Paese del Sol Levante il virus ha ripreso a galoppare, nonostante i severi - ma assai poco scientifici - tentativi di spegnimento dei focolai. Dopo Shanghai, paralizzata dalle zampate di Omicron e diventata quasi una città fantasma, anche la capitale rischia di precipitare nell'incubo di un nuovo e pesantissimo lockdown. Lo si intuisce dalla volontà delle autorità sanitarie locali di sottoporre i cittadini di Pechino a nuovi test obbligatori.
Tutte le persone che risiedono e lavorano nel distretto di Chaoyang, il cuore della capitale, saranno chiamate a effettuare dei test nelle giornate di lunedì, mercoledì e venerdì. Lo ha riferito il network statale Cctv, spiegando che la decisione si è resa necessaria dopo un aumento dei casi locali focalizzato proprio a Chaoyang. Così, i rigidissimi protocolli della politica sanitaria cinese torneranno a ingabbiare gli abitanti della megalopoli, sulla scia di quanto già accaduto a Shanghai. Nel conteggio dal 22 aprile a oggi, nel distretto della capitale cinese sarebbero stati accertati 26 casi sui 41 totali della città. Nelle ultime 24 ore, in Cina sono stati segnalati 1.566 nuovi casi confermati, di cui 1.401 a Shanghai.
"I risultati epidemiologici preliminari hanno mostrato che il virus è rimasto ignorato per una settimana", hanno riferito le autorità in riferimento alla situazione nella capitale. Valutazioni che ora si apprestano a trasformarsi in un'azione di controllo sanitario ancor più serrata. Eppure, come dimostrato proprio dalla situazione a Shanghai, l'intransigente politica "zero Covid" non ha dato i risultati sperati: anzi, a fronte di misure drastiche i contagi non si sono arrestati. Peraltro, i numeri forniti dalle autorità non tornano, se paragonati alla rigidità dei provvedimenti adottati, e non fanno altro che alimentare i dubbi sulla trasparenza del governo cinese nella gestione della pandemia.
La situazione rischia di sfuggire di mano, più di quanto stia già accadendo, mentre da parte della popolazione iniziano a montare proteste e ribellioni. I lockdown cinesi sono peraltro finiti anche all'attenzione della comunità internazionale pure sul fronte politico: l'ambasciata francese a Pechino ha infatti avvertito che i cittadini francesi che vivono a Shanghai non potranno votare al ballottaggio delle presidenziali a causa delle chiusure imposte nella megalopoli, dove - a differenza di altre città - non stati allestiti nemmeno i seggi elettorali. I francesi residenti a Shanghai non avevano già potuto votare neanche al primo turno, due settimane fa. Democrazia sospesa.
Ora Pechino sta a guardare e si prepara al peggio. Dall'esito dei test di massa dipenderanno le sorti della capitale.
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